Io e le diete non andiamo d’accordissimo. Per due ragioni, in breve: la prima è che (sorpresa, sorpresa) mi piace mangiare; la seconda è che, per motivi ideologici, tendo a rifiutare le assunzioni sociali sul fatto che le donne debbano prima di tutto essere attraenti, e in particolare che ci sia un solo modo per essere belle, ovvero essere magre. GIRL POWER!
Tra le cose che mi piace mangiare, gli zuccheri fanno la parte del leone. Dovendo ulteriormente restringere il campo, direi che la mia vera passione è il cioccolato. Il che va bene, giusto? È una mia preferenza personale, completamente autodeterminata, no?
No.
«Il marketing del cioccolato deve superare il fattore chiave che ne limita il consumo da parte delle donne: consumare un cibo grasso e dolce è di per sè un tabù per le donne, dalle quali ci si aspetta che tengano sempre a bada il loro peso. Per questo, i pubblicitari (…) hanno trasformato il cioccolato in un’esperienza privata, sessuale e autoindulgente”, come come scrive il blog (strepitoso) Sociological Images.
Gli aspetti legati al «viziarsi», al «concedersi» qualcosa, al “cedere alla tentazione” ricorrono spesso nel marketing del cioccolato, intrecciati in modo nemmeno troppo velatamente allusivo al sesso.
Un ottimo esempio è la pubblicità dei biscotti Togo: una donna sola, abbandonata su di una chaise longue, si accarezza lascivamente una coscia, e poi si concede il suo «appuntamento quotidiano con il piacere»: che è ovviamente un Togo Classic – what else?
E’ interessante vedere come magrezza e cioccolato si diano battaglia utilizzando gli stessi sistemi valoriali: in caso di rottura con il fidanzato, i giornali femminili invitano le lettrici ad andare in palestra «per avere un corpo che lo faccia pentire di averti lasciato» – quello che gli americani chiamano revenge body, il “corpo della vendetta” – mentre le pubblicità del cioccolato invitano a concedersi qualcosa di dolce, consolante come questi «brownies che cureranno il tuo cuore spezzato».
Ma qual è – di preciso – il miracolo promesso dal cioccolato?
Da tempo sentiamo dire che alcune componenti del cioccolato contribuirebbero a migliorare l’umore, incrementando la produzione di endorfine e scatenando le stesse reazioni cerebrali di droghe come l’ectasy o la cannabis. Dal punto di vista scientifico, però, la cautela è d’obbligo: anche la peggiore abbuffata di cioccolatini non ci farà mai introdurre, infatti, le dosi che sarebbero sufficienti per poter generare una reazione percettibile a livello dell’umore. Inoltre, se è vero che gli studi scientifici sembrano mostrare una maggiore tendenza al consumo di cioccolato da parte delle persone depresse, questo si può spiegare come autoterapia psicologica oppure, amara beffa, potrebbe persino significare che un forte consumo di cioccolato peggiora la depressione.
Probabilmente, quindi, la ragione per cui il cioccolato è diventato un’automedicazione per le “carenze d’affetto” femminili si spiega più con ragioni culturali – e con l’influsso del marketing.
Questo sketch del Saturday Night Life, interpretato dalla geniale Tina Fey, prende in giro proprio questo genere di messaggio, con la finta pubblicità di un “marito di cioccolato — creato appositamente per le donne single!”
[Fonti: Sociological Images, Jezebel, Youtube, Blackdoginstitute.org. Immagine: foodsourcefile.com]