Nel 2014, ai tempi dell’indagine “gli italiani e la pasta” condotta da Doxa e commissionata da AIDEPI, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiana, quasi metà degli italiani, concentrati nel centro/sud Italia, consumavano pasta tutti i giorni, principalmente a pranzo.
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Da allora i consumi sono probabilmente calati in favore di verdura e pesce, ma la prima repubblica dei formati di pasta preferiti dagli italiani, volendo usare una metafora politica, non è mai finita. Siamo dei veri nostalgici.
Se nel 2014 il 67% degli italiani preferiva la pasta lunga a sezione tonda, vale a dire spaghetti e vermicelli, al secondo posto si piazzava la pasta corta “lunga” (si chiama così, non guardate noi), cioè fusilli, rigatoni, garganelli, penne.
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Poi di seguito: pasta corta “media” come pipe, conchiglie, ditali, orecchiette, mezze penne, mezze maniche al 54%, giù fino ai cannelloni (28%) passando per pappardelle/tagliatelle/fettuccine, lasagne/reginette, farfalle e ruote, trenette/linguine, bucatini e ziti.
Magari non avrà lo stesso valore documentale, ma Il Post ha svolto un lodevole lavoro: chiedere alle principali aziende italiane quali sono i loro formati di pasta a semola di grano duro più venduti, e ieri ha pubblicato i risultati.
Per Barilla, Divella, La Molisana, Granoro, Coop, Reggia, Rummo, vala a dire 8 pastifici interpellati su 10, gli spaghetti restano il formato più venduto.
Con alcune differenze, dovute per lo più ai gusti regionali: in Puglia Divella vende spaghetti più grossi, oppure il 4 per cento di pasta mista su scala nazionale ma il 12 per cento nella sola Campania, dove il formato è protagonista di un piatto tradizionale.
Gli spaghetti non prevalgono nelle vendite di due soli pastifici, Divella –il più antico marchio italiano di produttori di pasta– i cui primatisti sono i fusilli, chiamati però Eliche, e Pasta Armando –linea lanciata dall’azienda De Matteis Agroalimentare, fondata ad Avellino 25 anni fa– che battezza i formati al singolare (spaghetto, non spaghetti), con la chitarra al numero 1, successo dovuto al suo testimonial, ovvero il telechef Alessandro Borghese.
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Lo pasta lunga ma a sezione quadrata invece che tonda, è la variazione sul tema degli spaghetti de La Molisana, che si distingue anche per un formato singolare: le farfalle rigate.
In casa Granoro gli elicoidali superano i rigatoni. Qual è la differenza? Cambiano i solchi, ricorda Il Post: diritti per i rigatoni, a elica per gli elicoidali.
Il pezzo forte di Pasta Coop sono gli spaghetti grossi, che nella confezione da 500 grammi vendono 2,5 milioni di pezzi l’anno.
Ancora gli spaghetti grossi protagonisti con il pastificio Rummo, per cui rappresentano il 14,7 per cento delle vendite totali.
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Con nostro sommo dispiacere, tutti e 10 i pastifici segnalano il sorpasso delle penne rigate su quelle lisce, un tempo preferite. Tortiglioni, rigatoni e maccheroncini rigati dovrebbero il crescente favore degli italiani alla pubblicità, che spiega che “raccoglie meglio il sugo”.
Nel frattempo, un po’ per marketing un po’ perché ci credono davvero, i pastifici che impiegano soltanto grano italiano sono in aumento.
Nella classifica 2017 di Dissapore, protagonisti i pastifici artigianali italiani e i loro formati migliori (attenzione, migliori secondo noi, non i più venduti) potete trovare valide alternative, casomai voleste smettere di comprare i soliti spaghetti e le dannate penne rigate.
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Vero, duri e puri della pasta italiana come siamo, anche dentro di noi alberga l’attrazione fatale per gli spaghetti, vista la presenza in classifica di spaghettoni Cavalieri, Gentile, Mancini, Fabbri, spaghetti a matassa Cocco, spaghetti alla chitarra Masciarelli.
Ma si può anche scendere a compromessi e cambiare, o almeno provarci. I formati di questi pastifici possono aiutarvi: paccheri Faella, fusilli Verrigni, penne lisce Martelli, candele Vicidomini, lumache Pastificio dei Campi e rigatoni Felicetti.
[Crediti | Doxa, Il Post]