Grandi classici che restano, new entry che fanno capolino: la lista degli 10 prodotti gastronomici (+ 1) che hanno fatto la storia del 2015 in cucina è scritta soprattutto dagli chef.
Anche se a ruota ci sono le riproduzioni casalinghe di tutti quelli che al ristorante si ispirano, e che si portano a casa un’esperienza da ripetere.
Insomma, a dettare le regole di quello che si mangerà o che si è mangiato è sempre l’alta gastronomia, ma è poi l’insindacabile giudizio dei mangiatori a dire allo chef quello che sì e quello che no.
Senza voler essere troppo modaioli, di quelli che individuano presunti trend che poi durano un quarto d’ora, ci siamo concentrati sulla sostanza, ossia su cosa abbia trovato terreno fertile e fertilissimo nelle cucine e nei cuori dei clienti.
#1 CARBONE VEGETALE
Letteralmente esploso nel mondo della panificazione, ha trovato posto anche nell’impasto della pizza, nelle hamburgerie ormai onnipresenti in tutta Italia e infine anche in pasticceria.
Se mangiare pane nero, fino a qualche tempo fa, sembrava cosa da gastronerd, oggi stanno tutti alla rincorsa di un prodotto che ha luci ed ombre, ma che sembra rispondere alla richiesta di “famolo strano” tipica di chi, al ristorante o in panetteria, vuole essere stupito, anche solo cromaticamente.
#2 DOLCE NON DOLCE
Non c’è chef che conti che nel 2015 non abbia progettato e realizzato un dessert atipico, almeno per come eravamo abituati a immaginarcelo. Bandito l’iper-zuccherino, quest’anno ha spopolato il dolce che di dolce ha molto poco, se non la posizione nella carta del menu.
Appena appena dolce, tanto per giustificare il suo essere dessert, composto da sapori più neutri e ingredienti tipici del classico piatto salato, tra cui manco a dirlo il sale.
Oltre a questo, in pasticceria impazzano le versioni suga-free dei classici dolci: macaron al formaggio, meringhe allo speck e persino i panettoni ai pomodori secchi e Pecorino.
#3 PICCIONE
Stiamo sempre a criticare i cugini francesi che si credono insuperabili mattatori nell’alta gastronomia, ma allo stesso tempo si nota una riscoperta di grandi classici à la française.
Uno su tutti, ad esempio, è il grande ritorno del piccione, che una volta era sinonimo di cucina un po’ retrò, ma che oggi si è rifatto strada tra le proposte gastronomiche di casa nostra.
Rivisitato, classico, imbellettato in forme e ripieni, glassature e disossature, è un graditissimo ritorno.
#4 BRODI
L’anno scorso avevano fatto timidamente capolino, oggi non si contano nemmeno più. Attenti a dire semplicemente “brodo”, oggi la declinazione è rigorosamente al plurale, visto che ne abbiamo contati di tutti i tipi, e non di sola carne.
Di pesce, fatti con gli scarti vegetali, ripresi da antiche tradizioni asiatiche (su tutti vince il dashi).
Volete un nome, tanto per capirci quanto sia arrivato in alto il buon vecchio brodino? Il “brodo di tutto” di Bottura: antispreco e leggermente affumicato per ricordare i profumi della stufa economica della nonna.
#5 TUBERI
Non di sole patate vivono gli chef. Nel 2015 più che mai sono stati i tuberi a portare alta la bandiera expo-cratica della difesa della biodiversità.
Dopo che negli ultimi anni hanno spopolato le patate viola, oggi ormai sdoganate in tutte gli ambienti, e lo zenzero che si è conquistato mezzo pianeta, ora è tempo di topinambur, tapioca, sedano rapa, pastinaca, scorzonera.
Vittoria per distacco al daikon, vero mattatore del settore tuberi nel 2015.
#6 MOZZARELLA DI BUFALA
Non è mai passata di moda, e da tempo immemore ha conquistato i cuori di chef e consumatori delle nostre latitudini e non solo. Durante il 2015, però, l’abbiamo incontrata un po’ ovunque e sotto spoglie inconsuete (avete provato la pizza dell’Osteria Francescana?).
Per la mozzarella di bufala è amore dichiarato e spassionato, è il “bianco” della nostra bandiera quello che quest’anno ha davvero vinto la sfida del mediterraneo a tutti i costi.
Sempre buona, sempre bella, sempre più versatile (complice l’estro degli chef che le hanno dato nuova linfa).
#7 SAKE
A Milano, capitale indiscussa delle mode gastronomiche nazionali, ha aperto persino una saketeca. Se, sull’onda lunga del trend latino credevamo che nel 2015 avremmo bevuto solo Pisco, ci sbagliavamo.
A vincere la battaglia del bere alternativo è stato senza dubbio il Sake, l’infuso fermentato di riso che in Giappone si beve da millenni e che da noi è sbarcato solo di recente nella sua versione plurale.
Se una volta era il bicchierino esotico bevuto al ristorante giapponese, così tanto per provare una cosina, oggi siamo passati al livello pro e ne abbiamo di tutti i tipi.
#9 AGLIO NERO FERMENTATO
Tra le new entry è di certo scoppiato il caso dell’aglio nero fermentato.
Gli chef non si sono fatti sfuggire nessuna occasione per infilare il suddetto un po’ ovunque, persino Ernst Knam (nome illustre del cioccolato d’autore) lo ha usato all’interno di una pralina “alternativa”.
#9 GELATINA
Dagli antichi anni ’80 non ne sentivamo più parlare, poi arrivò il 2015 e la gelatina venne rispolverata nelle ricette di alcune delle firme più in vista della cucina italica.
Eccola quindi riapparire e rinnovarsi: non più quel dondolante magma grossolano che ricordavamo, ma sottili fogli di gelatina che donano freschezza al piatto, e lo velano di una patina luminescente. Non ci credete?
Allora provate “passeggiata in pescheria” di Ciccio Sultano, “Quadro di alici” di Pino Cuttaia, e c’è gelatina anche tra le porcellane di tale Massimo Bottura.
#10 OSTRICHE
Non sono mai passate davvero di moda, ma negli anni scorsi le ostriche erano state relegate alla serie B dopo anni di fiammante ed elitaria carriera.
Durante quest’ultimo anno, invece, sono tornate di prepotenza in auge e oggi sono di nuovo le protagoniste di molti piatti, anche composti da più elementi.
Insomma, tornano di gran moda le ostriche, ma non più semplicemente in purezza, anzi come nota sapida sposata ad altro (come nel caso di ostrica e piccione di Ciccio Sultano) o, ancora, con l’ostrica in pineta di Massimo Bottura.
+ 1 AVANZI
Finiti i tempi di vacche grasse, e già da mo’. Nel 2015 abbiamo assistito ad un generalizzato rigurgito di coscienza da parte degli chef di tutte le categorie, fino ai grandi nomi, che si sono uniti al grido dell’antispreco.
Riciclaggi vari, bucce e scarti, avanzi (da frigo, non da piatto s’intenda) che hanno ritrovato una loro dignità.
Su tutto vincono le bucce, fino a poco tempo fa destinate irrimediabilmente all’umido, oggi reimpastate in assemblaggi di tutto rispetto. Le vacche magre portano anche a buoni risultati: buoni e giusti.