Come chiunque abbia figli in età scolare, il bullismo è per me fonte di preoccupazione. Così come lo è la violenza a cui chiunque può essere sottoposto sul web e sui social, dove qualsiasi hater si sente difeso nelle sue affermazioni dallo schermo protettivo letteralmente posto tra i suoi insulti e la persona che li riceve. Stiamo parlando di un tema serio, serissimo, di cui rimane vittima più del 15% dei ragazzi, talvolta con conseguenze psicologiche nefaste.Per cui, quando leggo che Benedetta Rossi è rimasta vittima degli haters e dei cyberbulli, la solidarietà non può che essere immediata.
Il problema esiste, eccome, e non può essere un’attenuante sostenere che se hai milioni di follower qualcuno di loro avrà per forza il cervello bacato, perché in fondo è una questione di probabilità numeriche. E no. Gli odiatori del web – spesso seriali, spesso senza freni, spesso volgari e talvolta pericolosi – sono un fenomeno che non va sottovalutato, ma che va fermamente combattuto. E la domanda sorge spontanea: come può un personaggio pacioso, positivo, serafico e simpatico come Benedetta Rossi restare vittima degli haters?
Critica e odio: due cose molto diverse
Appunto: come può? Semplicemente, nonostante i titoli lanciati a gran voce in questi giorni dai giornali, non è quello che è successo. E non sono io a sostenerlo, ma lo fa lei stessa. Nel suo video tanto discusso, in quello sfogo social finito su tutti i giornali, non c’è traccia di haters. E probabilmente neanche di cyberbullismo.
“Utilizza il tonno in scatola e viene seguita da quella gente lì“, dice Benedetta Rossi leggendo alcuni dei commenti che hanno ferito di più lei e la sua community. “In tv la guardano solo quelli che comprano i surgelati“, prosegue. E io tiro un sospiro di sollievo: niente offese alla sua persona, niente attacchi sul piano fisico, niente menzogne o accuse su piani paralleli e non strettamente pertinenti al suo lavoro. Semplicemente, commenti che criticano – anche con toni pacati, a quanto pare – le sue scelte alimentari e culinarie.
La sua (sacrosanta) fonte di reddito, peraltro. Che è un po’ come se il panettiere, criticato perché il pane acquistato al mattino non era all’altezza delle aspettative, urlasse alla diffamazione o al bullismo. Eppure, Benedetta Rossi parla di “intere categorie di persone offese e letteralmente insultate”, e della sua fanbase interamente bullizzata. Semplicemente perché qualcuno si permette di dire che le scelte fatte non sono condivisibili. E se lo fa, è un radicla chic che ha la colf e che può uscire fuori a cena fregandosene di fare la spesa quotidiana.
Tanto più che tutto questo sfogo parte da un articolo di Dissapore, dove una nostra giornalista faceva quello che è la sua (sacrosanta) fonte di reddito: scrivere, e scrivere in maniera critica. Senza insultare, senza bullizzare, semmai facendo notare le scelte che potevano essere fatte diversamente.
L’importanza delle parole, e della critica
In un Paese disabituato alla critica, di ogni genere, un articolo sulle dieci ricette peggio riuscite di una persona che per mestiere fa ricette non è accettabile, perché ferisce l’animo di quella persona. Di più: non è accettabile perché è fonte di bullismo, e lascia scatenare gli haters. Che non dubitiamo che Benedetta Rossi possa avere (come ahinoi chiunque si affaccia sul web), e che sono sicuramente un problema, ma che non rientrano certamente nella categoria di quelli citati nella video denuncia. Gli haters sono una cosa seria, così come lo sono le parole: sono commentatori che attaccano gratuitamente, che insultano, che passano dalla sfera professionale a quella personale, che fanno bodyshaming, che minacciano, che sanno fare paura. E non ci sembra che criticare l’utilizzo del tonno in scatola rientri in questa sfera di persone.
E chi, come i colleghi giornalisti, ha il compito di dare un peso alle parole, dovrebbe farlo, perché generalizzare su questioni così importanti aiuta solo ad annacquarle. Se un haters è solo un criticone, allora chi si lamenta degli haters è solo un pesantone.
Invece, la critica – finanche quella pungente – può essere motivo di riflessione. Per tutti quanti. Perché quando Benedetta Rossi nel suo video si chiede: “E allora non va bene quello che il 90% delle famiglie normali mette nel carrello della spesa?” La risposta probabilmente è no, non va bene. E la responsabilità del cambiamento sta in tutti quanti noi. E non c’è nulla di radical chic o di gastrofighetto nel voler promuovere il cambiamento.