Nerd: giovane di modesta prestanza fisica con una passione ossessiva e una notevole inclinazione per la tecnologia e il cibo. Sgombrando il campo dal pregiudizio sulla scarsa avvenenza, che ci ha rovinato la piazza, essere nerd nel nostro caso significa cucinare per imparare e sperimentare superando la tradizione e infischiandosene dei fondamentalismi.
Con lo stesso approccio mi sono avvicinato al gyros, street food di origine greca simile al kebab che dovete assolutamente conoscere. Al solito, mettetevi comodi, aprite una birra e gustate il nuovo episodio della serie “La rivincita dei nerd”.
Quale gyros?
Il gyros –dicevamo– somiglia al kebab turco o allo shawarma arabo, ma di solito si prepara con carne di maiale cotta sullo spiedo verticale, con infilzate piccole fette marinate.
Il gyros viene arrostito, porzionato, servito nella pita, il pane rotondo tipico dell’area mediorientale, infine condito con lo tzatziki, salsa greca a base di yogurt, con pomodorini, patatine e cipolla.
La carne
Abbiamo detto maiale, sì, ma che taglio? Ci serve un pezzo tenero, con una buona infiltrazione di grasso e che possa essere tagliato facilmente in bistecche.
La scelta migliore è la coppa, già squadrata e facilmente reperibile nelle macellerie italiane; come ci siamo detti nell’episodio dedicato al pulled pork. È un taglio ricco di grasso, sapore, morbidezza e poco tessuto connettivo, che la cottura trasforma in gelatina.
Per la modesta capacità di trattenere l’umidità, la carne tenderà ad asciugarsi in fretta: se viene tagliata e consumata al momento il problema è relativo. Invece, se vogliamo conservarla, abbiamo bisogno un’idea. Quale? Tenere da parte i succhi di cottura, filtrarli, usarli per irrorare il gyros prima del servizio. Se la carne avanza basta conservare anche i succhi, scaldarli e versarli al momento del bis.
Marinatura o Rub?
La marinatura è l’emulsione di una componente grassa in una acida, alla quale viene aggiunto un mix di spezie. Agendo per ore sulla superficie, la marinatura ammorbidisce e aromatizzata la carne.
Viene preparata con una sostanza grassa (che apporta sapore), una acida (che penetra con maggiore facilità nella membrana cellulare della carne, preservandone la morbidezza), uno stabilizzante per emulsionare le due sostanze (solitamente senape), infine un mix di spezie per accrescere il bouquet aromatico.
La classica marinatura del gyros è composta da due parti di olio extra vergine, una di limone, una punta di senape e il generoso mix di origano, timo, coriandolo, aglio in polvere, paprika dolce, pepe, chiodi di garofano e cannella. Il vostro nerd, qui, preferisce in realtà un trattamento “a secco”, lasciando al sale il compito di avviare la denaturazione delle fibre, capaci così di trattenere meglio l’umidità.
Qui parte la prima di una serie di deviazioni dal percorso originale: da innamorato del barbecue americano, preparo un mix di spezie (in gergo “rub”) che va alla grande con il maiale, usando zucchero di canna, sale, paprika dolce, aglio, cipolla, pepe nero, senape, peperoncino, cumino, sedano, zenzero, rosmarino e cannella.
L’olio extra vergine, comunque presente, viene usato per consentire al rub di aderire alla carne; una dose eccessiva potrebbe concentrarlo in alcune zone togliendo uniformità durante la cottura. L’idea è quella di formare una crosticina saporita e croccante all’esterno, che contrasti il balsamico della salsa e la freschezza delle verdure aggiunte nella pita.
Pita? Quale pita?
La pita è un tipo di pane piatto, rotondo e a base di farina di grano. Gugolare e affidarsi al primo sito che capita, se non l’avete mai preparato prima, non è da veri nerd degli impasti. Ragioniamo per obiettivi, volete?
Cerchiamo di capire, magari sbocconcellando in qualche locale greco della città, com’è la pita, in sintesi e generalizzando, un ibrido tra pane, piada e focaccia, croccante da un lato, morbido dall’altro.
La soluzione potrebbe essere preparare un impasto di grano tenero con le stesse caratteristiche della focaccia (farina 00, idratazione contenuta, una buona quantità di olio nell’impasto e malto diastasico per agevolare la fermentazione), stenderlo come se fosse una piadina spessa, cuocerlo come si farebbe con il pane arabo. Che dite, vi fidate?
I compagni di viaggio
Con il cambio di marinatura che vi ho proposto, avremo un gyros carico di sapore; meglio deviare dalla tradizione evitando ad esempio di riempirlo di patate fritte. Ci serve un condimento che pulisca la bocca e riesca a equilibrare il palato. Come una o più verdure, meglio se fresche e croccanti.
Ma più che altro servono dosi generose di salsa tzatziki, meglio se preparata dalle vostre operose manine, magari tralasciando la corposa botta d’aglio prevista dalla ricetta tradizionale. Fidatevi, il vostro pita gyros sarà già un’esplosione di sapori: balsamico ma al contempo bello deciso.
Vi aspetto domani su Dissapore per il secondo episodio de “La rivincita dei nerd”, con la ricetta completa e secchiona del gyros greco.
[Credits: Alessandro Muscas, Gianfranco Lo Cascio | Immagini: Lorenzo Caccia]