Di tutti i commenti seguiti al Salone del Gusto 2016, arringhe pro o contro la scelta di portare la biennale eco-gastronomica di Slow Food all’aperto, su una cosa (almeno) ci troviamo tutti d’accordo: la Via del Gelato ha spaccato.
Sarà stata la novità.
Sarà che dal 22 al 26 settembre Torino ha regalato temperature pseudo estive, ma l’elegante via Po torinese interamente dedicata alla “Compagnia dei gelatieri” e ai loro laboratori, era un andirivieni di visitatori al limite del praticabile, di assembramenti intorno ai carretti, sguardo fisso sui pozzetti e attesa fiduciosa di coppette dai gusti più o meno bizzarri, ma comunque buoni.
Chi ci sia dietro questa Via del Gelato lo sappiamo bene: è Alberto Marchetti, il gelatiere di Torino con l’articolo determinativo, tre punti vendita e una posizione invidiabile nella classifica delle 100 gelaterie artigianali del 2016 di Dissapore.
Ci siamo rivolti a lui per capire meglio da dove arriva l’idea della Compagnia dei gelatieri.
“Era il Salone del Gusto del 2008 e due ragazzi di Slow Food si sono presentati con un mio gusto di gelato, Farina Bona, chiedendo se potevo prepararlo per una degustazione di gelato che si sarebbe svolta nel loro stand.
Ero un po’ il loro gelatiere preferito, ci siamo avvicinati e ho iniziato a frequentare sempre di più l’ambiente, fino a diventare sostenitore della Fondazione Slow Food e ad ottenere una postazione per il gelato a Cheese 2010 (manifestazione sui formaggi sempre organizzata da Slow Food) con quello che è diventato il gelato dei Presìdi“.
Quest’anno la svolta.
Una via intera nel Salone del Gusto all’aperto dedicata al gelato buono pulito e giusto, con la Compagnia dei Gelatieri, associazione nata da un progetto dello stesso Marchetti, coadiuvato dai colleghi Andrea Soban (anche capo-redattore di Dissapore) e Paolo Brunelli, e la presenza a Torino di trenta tra i migliori gelatieri arrivati da tutta Italia a proprie spese e disponibili a esprimere il meglio di sé in coppetta.
Tra di loro anche Marco Radicioni di Otaleg, Gianfrancesco Cutelli della Gelateria De’ Coltelli e Simone De Feo, di Capolinea, prima classificata nella nostra classifica 2016.
“Ho tenuto la gelateria chiusa per dieci giorni”, aggiunge Marchetti, “E’ stato un successo e non credo che se il Salone fosse stato ancora al Lingotto, e non all’aperto sarebbe stata la stessa cosa.
Il passaggio è stato enorme”.
Senza contare, che quando la manifestazione era per l’appunto nei padiglioni del Lingotto c’era un biglietto da pagare (anche piuttosto caro) che non solo sfoltiva il pubblico, ma dissuadeva i visitatori dallo spendere ancora per prodotti e attività extra, come i laboratori sul gelato, per esempio.
“Ne abbiamo fatti una quarantina, con una media di uno all’ora”, specifica Marchetti, “quello che ci interessava non era tanto spiegare al pubblico la preparazione del gelato, ma raccontare perché si preferisce il latte di una certa provenienza, o magari un certo limone, con il produttore di quel limone accanto”.
Per fare una stima, sono si sono preparati tremila chili di gelato, per 30.000 coppette.
E i caffè preparati sono stati circa seimila.
Gli utili? Vanno alla Fondazione Slow Food, eccetto quanto guadagnato dai laboratori sul gelato. Quelli vanno alla Compagnia dei Gelatieri per sostenere il progetto.
“Immaginiamo un gruppo numeroso di gelatieri, per far sapere al consumatore come facciamo il gelato. I primi lavori partiranno dalla primavera prossima, entro un anno avremo un nostro disciplinare. Le associazioni che parlano di consapevolezza del gelatiere sono molte, a noi interessa la consapevolezza del cliente”.
Nel cassetto c’è un sogno:
“Che non siamo noi a dover rinunciare alla collaborazione con aziende italiane (magari perché usano aromi o altri ingredienti poco consoni alle nostre logiche), ma che un giorno siano loro stesse a modificare il loro lavoro per noi”.
Abbiamo fatto a Marchetti anche una domanda specifica sul futuro della Compagnia dei Gelatieri: “Ma se la immagina una targhetta sulla porta dei gelatieri virtuosi, con la scritta Compagnia Gelatieri, come simbolo di un lavoro fatto per bene?”
“Certo che me lo immagino. Magari tra un po’ di tempo potremmo diventare come la Guida Michelin del gelato”.
[immagini: Donato Migliori]