Non è un caso che il tema dei funghi stia guadagnando trazione nei tempi odierni, con il discorso comune pervaso da riflessioni sulla mindfulness, la “connessione del tutto”, il ripensamento del rapporto uomo/natura e le nuove consapevolezze su come la natura stessa funzioni e come si ribelli quando maltrattata.
Ha molto a che fare con tutto ciò l’universo dei funghi, tutt’altro che semplicemente una classe di organismi come altre, magari in grado di esibirsi in forme e colori sorprendenti, in aromi complessi e sfuggenti (come il tartufo, il quale sì, è un fungo). Magari capaci di acrobazie chimiche estreme, come risplendere di bioluminescenza verde nella notte o dotarsi di veleni potentissimi. Ma c’è molto di più.
Il libro di Merlin Sheldrake “L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi” (edizione italiana a cura di Marsilio) ci mostra le infinite implicazioni che il mondo dei funghi ha nell’ordine naturale, fino a suggerire i meccanismi e le dinamiche più nascoste della natura. A scapito di conoscenze e certezze consolidate, è come se la natura, attraverso i funghi, cercasse di svelare se stessa nei suoi significati più profondi e inafferrabili. Rubando le parole stesse dell’autore, “la speranza è che questo libro sciolga alcune delle vostre certezze, come i funghi hanno sciolto le mie”.
Non animali ma neanche vegetali – non si servono infatti della fotosintesi per creare l’energia che li alimenta – i funghi sono un regno a parte, di cui muffe e lieviti sono sotto gruppi. Un regno per lo più ancora largamente sconosciuto e incompreso. Eh già che non è facile studiarli: il micelio, il vero “corpo” di cui il fungo comunemente inteso è solo l’eventuale frutto esterno, è un reticolo fragile e infinitamente aggrovigliato che si sviluppa letteralmente ovunque: nel sottosuolo, tra le radici degli alberi, all’interno di ogni essere vivente, dai batteri agli umani compresi. E che sembra godere di un’intelligenza propria, aliena, oscura. Basti un esempio, tra i più gustosi dei molti citati. In un esperimento, un micelio viene lasciato crescere attraverso un labirinto di legna costruito su imitazione della struttura urbana di Tokyo: in pochi giorni, si sviluppa in un reticolo simile alla rete dei trasporti della città nipponica. Quello che ingegneri e urbanisti di prim’ordine hanno progettato in anni di sforzi e tentativi, un fungo risolve in rapida scioltezza.
Il micelio ha la doppia funzione ecologica di connettere sostanzialmente tutto ciò che esiste e di facilitare, attraverso tale attività iper-connettiva, rapporti di simbiosi e cooperazione tra organismi di ogni genere. Tanto che non si esagera ipotizzando i funghi al centro del concetto stesso di ecologia. Sheldrake, con una prosa accessibile che sembra costantemente stupita di se stessa, indaga a lungo su queste caratteristiche. Ci spiega come i funghi siano l’elemento di connessione tra la vita marina e terrestre, tanto da potersi ritenere responsabili della nascita stessa di quest’ultima. O come regolino lo scambio di sostanze e informazioni tra tutte le piante della foresta con enorme scaltrezza, strategia e visione intertemporale. Il caso definitivo della capacità connettiva dei funghi è quello tra la vita e la morte, trasformando la materia decomposta in nutrimento per nuova vita (abbiamo mai pensato perchè l’intero pianeta non sia ricoperto da alberi morti?).
Ma oltre ad illuminare i meccanismi per così dire fisici della natura, ancora più interessanti sono le implicazioni esistenziali e immateriali che lo studio dei funghi suggeriscono all’intelletto curioso. Implicazioni che hanno a che fare con il concetto stesso di unità dell’individuo. Per noi umani, abituati per ragioni conservative ed evolutive a identificare con esattezza il nostro perimetro identitario, fisico e psichico, è sorprendente osservare come nel caso dei funghi tale concetto sia molto più sfumato. La struttura fragile e intricata del micelio non ha mai un chiaro inizio o una fine, si fonde con quella di altri funghi e microorganismi fino ad implicare la dissolvenza stessa del concetto di individuo-fungo, per confondersi in un complesso e inestricabile insieme di organismi interconnessi e in mutua cooperazione. Per dirla con le parole stesse di Sheldrake, nel mondo dei funghi il self (l’“io” individuale) sfuma gradualmente nell’alterità.
Tutto ciò richiama suggestioni potenti, come la teoria per cui noi stessi umani, tutt’altro che individui definiti, saremmo dei superconduttori ambulanti di un’infinità di microorganismi conviventi. O la famosa “ipotesi Gaia” dello scienziato inglese James Lovelock, secondo cui la Terra stessa sarebbe un unico organismo vivente. Non può non vedersi una controimmagine esistenziale, psicanalitica a queste suggestioni. Perfino psichedelica, a guardare l’etimologia della parola, poiche il termine significa “espandere la mente”. Secondo un’ipotesi molto affascinante, discussa da Michael Pollan in “Come cambiare la tua mente” e ripresa da Sheldrake, la natura farebbe uso dei funghi psichedelici per mostrare all’uomo l’esistenza di una coscienza superiore che lega e connette tutto il creato, di fronte alla quale l’ego individuale, con le sue piccolezze e limitazioni, non può che dissolversi.
Un mondo così carico di fascino e mistero inevitabilmente ha avuto, e ha, una profonda valenza rituale e mistica in molte culture tradizionali, soprattutto per gli antichi popoli sudamericani. Quello che nelle culture tradizionali veniva chiamata “la carne degli Dei” ha una controparte inattesa anche nella cultura nostra occidentale. Non sono il pane e il vino, simboli religiosi per eccellenza e immagine diretta del Cristo, un prodotto dei lieviti, cioè dei funghi?
Lo studio dei funghi, formidabili meccanismi di simbiosi e di mutuo soccorso tra tutti gli organismi viventi, ha anche portato il mondo scientifico a mettere in discussione il principio di competizione in natura, pilastro del Darwinismo classico. La biologia è fondamentalmente competitiva o collaborativa? Si chiede Sheldrake. Forse capire meglio il lato collaborativo dell’ordine naturale può suggerire al genere umano nuovi modelli sociali, basati meno sullo sfruttamento spietato delle risorse, dell’ambiente e delle altre specie animali e più su un approccio olistico al creato dove tutto è connesso e in co-evoluzione.
Sheldrake si addentra con contagioso compiacimento nelle infinite e promettenti applicazioni pratiche che potrebbero emergere in un futuro prossimo dalla crescente comprensione della fisiologia dei funghi. Si pensi all’inquinamento e ai rifiuti. Essendo geneticamente programmati per metabolizzare e digerire praticamente tutto, si prospettano soluzioni fantascientifiche allo smaltimento della plastica, dei rifiuti radioattivi, alla creazione di biocarburanti dal legno, e alla riduzione di anidride carbonica nell’atmosfera. Esiste un campo emergente che si occupa di queste questioni chiamato “mico-bonifica”. In attesa di un futuro fungo-centrico, Sheldrake ci spiega i funghi come barlumi di coscienza rivelata.