A farmi diventare un nerd del fai da te culinario, a convincermi cioè che fosse giusto essere appassionati di cucina senza preoccuparsi troppo degli sguardi preoccupati di amici e famigliari, è stata la focaccia.
Considero la focaccia genovese una sorta di entry level per futuri secchioni degli impasti domestici, perché si presta particolarmente al contesto casalingo.
[Focaccia genovese: la rivincita dei nerd]
Ma la focaccia non è solo quella di Genova, anzi da nord a sud della penisola si contano centinaia di versioni diverse. A toccarmi il cuore anni fa (non solo a me per la verità) è stata la focaccia pugliese.
[Focaccia pugliese come Gabriele Bonci]
Impasto di grano tenero, grano duro e patate, dalla lunga conservabilità, la focaccia pugliese è soffice in modo spudorato, per non parlare del profumo. Si condisce con pomodorini e olio extra vergine, ma non mancano le aggiunte: di solito olive e origano.
[La rivincita dei nerd: la serie]
Che dite, sfoderiamo l’orgoglio sgobbone dedicando due episodi della serie “La rivincita dei nerd” alla focaccia pugliese? E sia, come al solito oggi parliamo del metodo e domani della ricetta.
Pugliese o Barese?
Proviamo a circoscrivere le differenze muovendoci con i piedi di piombo, non vorremo fare torto al campanilismo di nessuno.
Per focaccia pugliese s’intende un lievitato fatto con un miscuglio di farine di grano tenero e duro, una buona percentuale di patate lessate, condita con pomodorini, l’immancabile olio extra vergine e spesso con olive e origano.
La differenza con la focaccia barese, con cui condivide gli ingredienti, sta nella fase che precede la cottura: mentre la versione pugliese passa per un’ulteriore fase di lievitazione in teglia, la versione barese viene stesa, condita e subito infornata.
In questo modo cambia la struttura; la prima è più alta e soffice, l’altra bassa e croccante.
La preferenza è una faccenda di gusti personali, e detto tra noi, anche la focaccia barese merita un episodio dedicato della nostra serie.
In genere si usa il lievito madre, visto che a preparare la focaccia in Puglia erano soprattutto i panettieri, una volta la settimana, come lussuoso derivato del pane. Ma come vi ho detto più volte, la gestione del lievito madre complica la vita degli impasti casalinghi, mi perdonerete dunque se questa versione prevede l’impiego di lievito di birra e una fase di maturazione in frigorifero.
Farina o farine?
Nella focaccia pugliese, insieme alla farina di grano tenero, compare una percentuale consistente di grano duro, molto utilizzato nel nostro sud, nella versione “rimacinata”, adatta alla panificazione.
Tra grani duro e tenero esistono differenze sostanziali. Il colore del grano duro tende al giallo per la presenza di carotenoidi; il glutine, corto e stretto, consente una maglia glutinica fitta e resistente, con alveoli piccoli e uniformemente distribuiti.
In genere, è in grado di assorbire e trattenere maggiori quantità d’acqua (60-68% contro i 50-60% del grano tenero) e ha una resa più elevata.
Di contro, è meno stabile e più tenace, ragione per cui, con l’obiettivo di aumentare le ore di lievitazione e spezzare la resistenza, il grano duro s’impiega spesso insieme a quello viene tenero, come nel caso di questa focaccia.
Infine, visto che l’assorbimento d’acqua è maggiore, gli impasti di grano duro sono meno asciutti rispetto ai corrispondenti di grano tenero.
Le dosi per la ricetta sono in genere 50 e 50, dipende però da quanta acqua e quante patate usate per l’impasto. Più ne usate, visto che sia acqua che patate aumentano l’umidità dell’impasto, più alta dovrà essere la percentuale di grano tenero, che consente struttura salda e una migliore asciugatura.
Le patate
Lessate, schiacciate e fatte raffreddare, le patate fanno compiere il vero salto di qualità all’impasto della focaccia pugliese. Che si mantiene anche un paio di giorni in più, grazie alla maggiore umida che le patate trasferiscono alla mollica.
La percentuale varia dal 10 al 20% del peso totale dell’impasto, un valore da bilanciare in relazione altri ingredienti; esagerando, e tenendo elevata l’idratazione (che qui varia dal 60 al 70%), può diventare complicato manipolare massa e panetti, e anche cuocere correttamente l’impasto con conseguenti problemi di digeribilità.
E le olive?
Il 90% delle versioni che ho avuto la fortuna di sperimentare, prevedevano quantità modeste di olive nere insieme al pomodorino.
È un abbinamento che amo molto: il retrogusto acido con tendenza al dolce del pomodorino viene bilanciato dalla componente amara delle olive. Un buon extra vergine arrotonda il sapore, lasciando all’origano un ulteriore upgrade aromatico, fresco e balsamico.
Nulla vieta, volendo, di usare le olive verdi, anche perché non mi è ancora chiaro se nella versione originale di questa focaccia le olive fossero nere o verdi.
Nella speranza di avere stuzzicato il vostro appetito di secchioni del fai-da-te, vi do appuntamento come al solito a domani, per la ricetta perfetta della focaccia pugliese.
[Credits: Giovanni Tesauro, Piergiorgio Giorilli ]