Buongiorno Uomo della Strada, oggi riparliamo di olio. Scusa eh, ma come lo scegli il tuo extravergine? Scorrazzi lungo le corsie del supermercato e agguanti la prima bottiglia che capita, possibilmente in offerta speciale e con un ammiccante disegno di verdi colline in etichetta? Eppure un olio cattivo o sbagliato può rovinare ogni tuo piatto. E pensa, una bottiglia non finisce in una serata di bisbocce fra amici: può durare qualche settimana. Sconfinando per un’ultima volta nel paragone col vino (e poi basta, perché i due prodotti non hanno praticamente niente in comune), mentre quest’ultimo può reggere un assolo l’olio è necessariamente un corista. Ma se stona, addio armonia. Immedesimiamoci dunque nell’uomo della strada e proviamo a scegliere un olio nel modo il più possibile corretto: anche la GDO distribuisce oli di qualità ma vanno saputi individuare.
(1) LA BOTTIGLIA. E’ naturale che sia la prima discriminante. Ovviamente non parlo del design ma del colore del vetro: prendiamo in considerazione le bottiglie più scure e tralasciamo quelle molto chiare o addirittura trasparenti. L’olio teme la luce come l’uomo la vecchiaia: alla luce l’olio deperisce perché le clorofille degradano e di conseguenza gli acidi grassi si ossidano. Un olio conservato in contenitori chiari si ossiderà più velocemente, assumerà un colore giallo intenso (il colore in generale può non essere importante nell’olio ma da questo punto di vista sì) ed acquisterà un gusto rancido. Avete presente il saporaccio del grasso di prosciutto ingiallito? Ecco, quello è il rancido. Se acquistate l’olio in lattina il problema del contenitore non si pone, ma tornando alle bottiglie, spostate la prima dello scaffale e prendete quella in fondo, più al buio: in teoria i supermercati dovrebbero fare la rotazione delle bottiglie, ma in pratica chissà se lo fanno. Quando siete a casa, conservate il vostro olio a 14 gradi circa, sempre al buio e ben chiuso.
2) IL PREZZO: a meno di sei/sette euro al litro sappiate che state comprando olio nordafricano o al più spagnolo. Le loro tecniche di coltivazione, raccolta e produzione sono diverse dalle nostre ed i costi nettamente più bassi, così come la qualità del prodotto, specie in termini organolettici. Se volete dare una certa importanza alla scelta dell’olio, scartate quelli dal costo improbabile. Non mi addentrerò nel tema delle contraffazioni ma c’è anche questo rischio. Non che gli oli dal costo superiore ne siano esenti…
3) L’ETICHETTA. Qui rischiamo di entrare in un ginepraio: proviamo a semplificare i concetti e partiamo da quelli più banali, tralasciando per ora il discorso DOP, IGP, biologico e via dicendo. Innanzitutto, sotto la dicitura “extravergine” ci dev’essere scritto “olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”. Tutte le indicazioni riportate sull’esempio che vedete sono obbligatorie; quelle colorate in verde oliva in particolare devono essere ben in vista e scritte in modo chiaro e indelebile. Non fatevi abbindolare da slogan accattivanti o immagini di paesaggi bucolici: approfondite e leggete. Se anziché “prodotto italiano” c’è scritto “miscela di oli comunitari” o “miscela di oli non comunitari” state acquistando olio spagnolo/greco nel primo caso, nordafricano nel secondo. Va detto che esistono anche eccellenti oli non italiani e addirittura extraeuropei, ma non li troverete di certo nella grande distribuzione né ad un prezzo stracciato. Per stare mediamente tranquilli, in etichetta ci dev’essere scritto il nome del frantoio e il luogo in cui l’olio è stato imbottigliato (se i due luoghi coincidono ancora meglio), il paese di origine del prodotto (Italia, suvvia), il lotto di produzione, la quantità in litri, le modalità e il termine minimo di conservazione. L’olio non ha una vera e propria “scadenza”, ma se correttamente prodotto e ben conservato dovrebbe mantenere le proprie caratteristiche, o comunque caratteristiche accettabili, per trentasei mesi. Se ad esempio acquistate l’olio verso Novembre/Dicembre, a nuovo raccolto avvenuto e commercializzato, e volete l’olio nuovo, verificate che la scadenza sia un anno e mezzo dopo, altrimenti state acquistando il raccolto dell’anno precedente (che magari per cucinare è più adatto dell’olio nuovo ma non è quello che state cercando). Alcuni frantoiani mettono una fascetta sul collo della bottiglia con scritto “nuovo raccolto” ma chiaramente non è obbligatoria. Se poi sull’etichetta o sulla controetichetta c’è scritto anche con quali cultivar è prodotto l’olio tanto meglio; se ci sono indicazioni sugli abbinamenti idem, se ci sono informazioni più dettagliate sul frantoio ancor di più. A proposito…
4) USCITE DAL SUPERMERCATO E ANDATE AL FRANTOIO. Ovviamente non per tutti è possibile fare questa scelta, ma chi può (almeno chi vive nelle regioni olivicole) dovrebbe provare ad acquistare il suo olio direttamente dal produttore, informarsi sulle metodologie di raccolta delle olive, di estrazione e di conservazione dell’olio che va ad acquistare, chiedere un assaggio e comprare con piena fiducia. E’ infatti solo con l’assaggio che si pone la parola “fine” al discorso sulla qualità dell’olio: se questo supera l’analisi sensoriale allora è buono, mentre a bottiglia/lattina chiusa possiamo parlarne all’infinito senza mai venirne a capo.
5) PIATTI DIVERSI, OLI DIVERSI. Chi volesse provare ad approfondire ulteriormente, dovrebbe acquistare almeno due o tre oli con caratteristiche molto diverse e divertirsi ad abbinarli ai piatti che cucina. Scoprirà che un olio fruttato intenso e con amaro e piccante ben pronunciati si sposerà benissimo con piatti altrettanto robusti, mentre un semplice pesce alla griglia o un piatto di pasta dal condimento delicato richiederanno un olio più fresco e gentile. Ma scoprirà anche che a volte il contrasto appaga altrettanto: una zuppa di cipolle, dolciastra e leggermente acida, acquisterà più vigore ed equilibrio con un olio dall’amaro ben distinto, e così via.
6) Ho dimenticato qualcosa?