Cercare di capire, per un occidentale, cos’è e come è fatto esattamente il curry è difficile come per un orientale comprendere cosa intendiamo, in Italia, per pasta ripiena. Ogni massaia asiatica, al pari di ogni comare nostrana, ha la sua ricetta. E sfatiamo subito una credenza diffusa, anzi tre.
La prima: il curry non è solo indiano, anche se quello del Subcontinente lo è per antonomasia. La seconda: non è un singolo prodotto ma una miscela di spezie, ed ecco spiegato il perché le versioni in circolazione siano innumerevoli. La terza: propriamente, non stiamo parlando neppure dell’ingrediente in sé, ma delle preparazioni che insaporisce e che si chiamano, appunto, curry.
Questa guida rischia perciò di essere poco esastiva, o quanto meno di semplificare molto le cose, perché stiamo parlando letteralmente di un universo di sapori e tradizioni di paesi lontani. È comunque possibile individuare caratteristiche e differenze tra le specialità. E scoprire qualche spunto di utilizzo nella cucina “de noantri”.
Il concetto di miscela
Partiamo dunque dal primo assioma: il curry – inteso come condimento, non come piatto – è una miscela di spezie. Queste possono essere secche: quindi semi, radici, grani e frutti essiccati (come il peperoncino), tostati per esaltare gli aromi e polverizzati per tradizione al mortaio. Ma ne esistono tipi che a questi ingredienti ne aggiungono di freschi come aglio, cipolla ed erbe aromatiche. Fanno parte del primo tipo i curry indiani, del secondo quelli thailandesi.
Il curry in polvere indiano
In India, la patria di tutti i curry, il mix in polvere si chiama masala. La grande diffusione di questa miscela di spezie, e il nome internazionale, si devono agli inglesi che, trovandola particolarmente di loro gusto ai tempi coloniali, la introdussero in Occidente ma anche, per esempio, in Giappone, dove col tempo è diventata praticamente autoctona.
Il tipico colore giallo della maggior parte dei curry è dato dalla curcuma, che resta uno dei sentori più facilmente riconoscibili anche al naso meno attento insieme al cumino. Le qualità più diffuse da noi sono il Madras, il Garam Masala e il Tandoori Masala.
Ingredienti comuni un po’ a tutte le miscele, oltre ai due già menzionati, sono il pepe, il peperoncino, il cardamomo, lo zenzero, il fieno greco, il macis (ricavato dall’involucro esterno della noce moscata). Ma l’elenco è riduttivo e può comprendere anche la stessa noce moscata, lo zenzero, la senape, la nigella, l’assafetida.
Il Garam Masala ha una tendenza dolce dovuta a cannella e chiodi di garofano e si utilizza a fine cottura al contrario di Madras e Tandoori, uniti ai piatti sin dall’inizio. Il Tandoori si usa anche per marinare, in genere il pollo cucinato negli speciali forni in terracotta, non contiene curcuma ed è sempre piuttosto piccante. Mentre gli altri curry sono venduti in versione mild o sweet che, chissà perché, è quella più hot.
Il curry in pasta thailandese
Anch’esso lavorato al mortaio, è una sorta di crema densa, simile per consistenza al nostro pesto, che aggiunge alle spezie secche una serie di ingredienti freschi come foglie aromatiche e bulbi odorosi. Importanti le note agrumate date da tamarindo, lemon grass (citronella) e kefir lime, un agrume di cui si impiegano la scorza e le foglie. La sapidità è garantita da gamberetti essiccati o salsa di pesce. Non mancano mai l’aglio, il coriandolo in semi e/o in foglie e anche la galanga, una radice simile allo zenzero.
I curry thai sono essenzialmente di tre tipi: rosso, giallo e verde. Quest’ultimo è il più piccante e l’intensità è data dalla varietà di peperoncini verdi usati, mentre nel curry giallo ritroviamo la curcuma. Nei curry thai intesi come piatti cucinati, la pasta è arricchita spesso dalle arachidi e stemperata, in umidi e zuppe, con il latte di cocco, altro elemento tradizionale di questa cucina.
Il curry industriale giapponese
Si accennava alla grande diffusione del curry in Giappone. Tanto che, come la pizza a Chicago, che chi ritiene sia un’invenzione locale, invece che d’importazione. Fatto sta che nel Sol Levante questo gusto va per la maggiore ed ecco quindi fiorire le versioni ready-to-eat così amate da quelle parti: tavolette o polverine per roux istantanei, da usare come base per intingoli, zuppe e stufati, e naturalmente salse pronte, solo da versare sul riso, sulla carne, sulle verdure.
Già, ma come li uso i curry?
Stabilito che ce ne è una folla, cosa ce ne facciamo alle nostre latitudini di tutti questi curry? Io sono per un uso addomesticato, perché spiegare nelle poche righe di un post le ricette tradizionali indiane o thailandesi sarebbe impossibile. Più facile e divertente, allora, portare questi sapori in piatti che conosciamo bene.
Unica accortezza: l’assaggio preliminare. Polveri e paste riuniscono tanti ingredienti e, all’acquisto, non c’è modo di sapere in anticipo la piccantezza del prodotto che hai tra le mani. Quindi, il test è d’obbligo.
Polveri indiane. Per quelle tipo Madras, ti suggerisco la ricetta del pollo al curry che imparai, anni fa, durante un corso di cucina professionale in una blasonata scuola di cucina milanese. Fai appassire in casseruola una cipolla a fette con una mela verde sbucciata e a dadini. Spolverizza di curry e farina, fai tostare come per un roux e sfuma con brodo di pollo. A parte, rosola pollo a bocconcini: giammai il petto, ma polpa di fusi e sovracosce (con gli ossi, potresti fare il brodo di cui sopra). Frulla cipolle e mela, unisci il pollo, termina la cottura e stempera con yogurt.
Buono anche il pollo, sempre a bocconcini, marinato con yogurt e Tandoori Masala, poi sgocciolato e arrostito sulla piastra o in forno molto caldo.
Il Garam Masala rifinisce bene gli umidi di legumi, lenticchie o ceci, le patate stufate e le verdure miste tipo ratatouille. Io lo amo molto sulle melanzane rosolate.
Una ricetta a metà fra anni Ottanta e cucina da studenti fuori sede? Spolverizza di curry un soffritto di cipolla, burro e, volendo, dadini di prosciutto cotto (magari affumicato), stempera con un filo di panna e condisci un piatto di penne o pennette.
Thai in pasta. Puoi scovarlo in alcuni (pochi) negozi di specialità etniche. Si usa a cucchiaiate per condire riso e noodles. Puoi scioglierlo nel condimento di straccetti di manzo o vitello, oltre che per completare zuppe di verdure e contorni. Se ti piace, non farti mancare il tocco finale di abbondante coriandolo fresco.
Un po’ più facile trovare la polvere thailandese che riunisce le spezie secche di base, con le loro note agrumate. Puoi “inventare” una salsa tostando e mescolando la polvere con ingredienti freschi: una concassé fine di pomodoro, cipollotti e peperoncini a rondelle, coriandolo o basilico, arachidi tritate. Usa questo pesto home made per condire zucchine, melanzane o fagiolini sauté.