Di voi si può dire che non vi manca nulla, neanche un ricettario. Da Ducasse alla Parodi passando per Suor Germana e le dispense di Vissani allegate a Repubblica avete tutto, Cannavacciuolo compreso.
Non vi mancano neanche sifoni e abbattitori, i tutorial sulla pasticceria di Luca Montersino li avete visti tutti, conoscete le imprese di ogni telechef da Wilma de Angelis a oggi.
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Eppure, davanti ai fornelli, non siete pienamente soddisfatti di voi. Il caramello continua a sapere di bruciato, i macaron escono ancora flosci invece che croccanti. In realtà –apritevi pure, siamo tra amici– sull’unica foto che spicca nel vostro profilo Instagram ci siete andati pesanti di Photoshop, ma la cheesecake ai lamponi era immangiabile.
Per i cuochi domestici mancati, ma dire frustrati è più calzante, esiste un imperdibile sfogatoio a cui consegnare senza timori le proprie sconfitte.
Si chiama, pragmaticamente, Cucinare male. Nato nel gennaio 2014 come gruppo Facebook, conta oggi quasi 70.000 iscritti. Una comunità, anzi no, un esercito, l’intero stadio Olimpico. E anche un libro, anzi due.
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Fondato per scherzo da Federico Briano Savona, voleva essere una semplice e (auto)ironica condivisione di disastri culinari, ma si è trasformato presto in uno sberleffo per la montante ossessione culinaria, dove chef e foodblogger diventano spesso bersagli di una dissacrante ironia.
Notevole l’autodefinizione di Cucinare Male, dove gli iscritti pubblicano con costanza capolavori mancati, anzi dall’esito disastroso: “A chi cucina così così non tutte le ciambelle riescono con il buco. Noi invece siamo il buco”.
In definitiva Cucinare male è l’anti Masterchef, il santa santorum dei bruciapadelle, la piccola bottega degli orrori gastronomici.
Tra i cibi vanno forte le torte storte e accasciate, le uova, regolarmente trasformate in bombe esplose, gli sciacqui, no scusate, i sughi. Non sono tollerati: foto di piatti presi da internet (gravissimo), alimenti scaduti e/o non destinati al consumo umano”
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Vietato bluffare con piatti volutamente fatti male, per acchiappare like o strappare risate e commenti. Tutto dev’essere frutto della propria autentica incapacità ai fornelli.
Imperdibili i commenti: si va da “Una roba del genere neanche in Inghilterra la mangerebbero” a “Se sgranocchiassi una lastra di eternit sarebbe più salutare…”.
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Trascinato dai propri (in) successi, c’è stato anche chi ha pensato di trasformare i fallimenti in un vero e ricettario, una sorta di Artusi al contrario. Il titolo è “Cucinare (Male): L’anti-libro di cucina per tutti i Masterchef falliti del mondo”, con capitoli titolati ”Indovina gli ingredienti” o “Pericolosità culinaria”.
Uomo avvisato…
[Crediti immagini: Cucinare male]