I piatti tipici libanesi racchiudono gran parte dell’immaginario riservato alla “cucina mediorientale”. Per ragioni geografiche e storiche infatti il Libano ha subìto profonde influenze dai paesi limitrofi, e a sua volta ha esportato in tutto il mondo le prelibatezze che ormai ben conosciamo. Hummus, falafel, baba ghanoush, tabbouleh, fattoush solo per citarne alcuni. Spessissimo ci capita di mangiare libanese, magari senza rendercene neppure conto. Da oggi non sarà più così, perché ci siamo noi a spiegarvi in dettaglio quali sono i piatti del Libano da provare.
Quali sono le costanti della cucina libanese? Innanzitutto si caratterizza come un paradiso per vegetariani, nonostante non manchino piatti tipici di carne, su tutti agnello e montone. Ingredienti ricorrenti sono spezie e mix di spezie dal sapore acidulo ed erbaceo come za’atar, sommacco, cumino, timo e semi di sesamo; aglio e cipolla (spesso cruda) praticamente ovunque; frutta secca come pinoli, pistacchi e mandorle che compaiono in piatti dolci e salati. I cereali di base sono bulgur o grano spezzato, riso e semolino, quest’ultimo molto utilizzato nei dessert. Legumi e verdure abbondano, soprattutto ceci, lenticchie, pomodori e melanzane. La pasticceria è estremamente dolce con costanti quali pasta kataifi, sciroppi aromatizzati alle rose e arancio amaro, creme di latte, frutta secca.
Infine il modo di mangiare costituito dalle mezze, tanti piattini di verdure, pane, salse e polpette da condividere. Le mezze possono essere calde o fredde e servite in genere prima del piatto principale a base di cereale e una proteina, animale (carne, pesce, yogurt, formaggio) o vegetale (legumi). In conclusione, possiamo considerare la cucina libanese equilibrata, colorata, varia e molto fresca. Ecco 20 piatti tipici da provare, da hummus a toum, manaqish, sfiha, kibbeh, ashta, kunafah e molti altri.
Hummus
L’hummus di ceci è forse una delle poche cose in grado di mettere d’accordo i solitamente bellicosi popoli del Medioriente. Chiedete a un israeliano, uno yemenita, un siriano, un turco, un palestinese, un egiziano: ognuno ha una sua ricetta e modo di farlo (chiaramente superiore agli altri) ma a tutti probabilmente brillano gli occhi al solo sentirlo nominare. Everybody loves hummus, anche noi che ormai siamo abituati a ordinarlo al ristorante o prepararlo in casa. Semplice, nutriente e delizioso, l’hummus ha quattro ingredienti di base: ceci, sesamo, aglio, limone. Da qui in poi l’unico limite è il cielo, come si dice. Oltre alle varianti regionali, che solitamente si basano sul mix di spezie e sugli ingredienti aggiuntivi, se ne può cambiare direttamente base, colore e perfino funzione.
Tutta questa premessa ci serve per introdurre l’hummus libanese. Fra i condimenti non può mancare l’olio extravergine e la za’atar, il mix di spezie composto da timo, sommacco, semi di sesamo e sale. Ecco due varianti local da provare:
- Hummus Beiruti (di Beirut appunto), con ceci, olio evo, aglio, yogurt, tahina, acqua fredda, cumino, succo di limone, peperoncino, prezzemolo e paprika.
- Hummus kawarma con topping di agnello fritto, pinoli e prezzemolo fresco.
Toum
Ubiquitario come e forse più dell’hummus c’è senza dubbio il toum. Si tratta di una preparazione di base della cucina libanese simile al nostro aioli. Questa salsa bianca da abbinare a pita, spiedini, sandwich, shawarma e quant’altro si prepara semplicemente con aglio intero, sale, olio e succo di limone. La versione più popolare arriva dalla città di Zagarta dove il toum comprende anche foglie di menta fresca. Lo abbiamo detto nell’introduzione per cui mettetevi il cuore in pace: l’aglio, in salsa o tal quale, compare molto spesso nella cucina libanese. Altre preparazioni di base che possono includerlo sono salsa tahina e tarator, parente dello tzatziki greco.
Baba ghanoush
Fra le mezze fredde immancabili c’è la baba ghanoush, purea di melanzane. Il nome deriva dall’espressione araba baba gannuj, letteralmente “padre viziato”. Per questo motivo si pensa che l’origine del piatto possa avere due spiegazioni. Una maliziosa, associata all’harem reale pieno zeppo di concubine pronte a soddisfare il padrone di casa; una virtuosa, che vede protagonista la figlia devota e servizievole di un padre senza denti. In tutti e due i casi si tratterebbe pur sempre di un uomo i cui desideri sono prontamente esauditi, e su questo il nome ci azzecca. La baba ghanoush libanese si prepara con melanzane, olio, limone, tahini, coriandolo e cumino. Il classico aroma affumicato si ottiene con la cottura preventiva della melanzana, tradizionalmente cotta sulla fiamma prima di essere privata della buccia e frullata.
Manaqish
Il manaqish o manakish è considerato la pizza libanese. Ora puristi, prima di inorridire lasciate che vi spieghiamo di cosa si tratta. Il manaqish si presenta piatto, tondo e schiacciato e il nome significa “decorato, stampato”. Questo in riferimento al metodo tradizionale di produzione: come pizza e focaccia infatti l’impasto del manaqish viene steso a ditate, lasciando sulla superficie il pattern irregolare che lo caratterizza. Poi sulla pala e via in forno. Vi ricorda qualcosa?
Oggi il manaqish è un classico dello street food ma ha mantenuto un certo ruolo nella colazione. Una volta infatti la preparazione del pane era affidata esclusivamente alle donne che per la cottura giornaliera si recavano nei forni comuni di prima mattina. Tra i vari impasti c’era sempre posto per una infornata di manaqish, un po’ come quando la mamma torna dal panettiere con un extra di focaccia o pizza bianca. Al rientro dai forni dunque c’era pane e manaqish, caldo e fragrante per colazione. I condimenti di base includono olio e za’atar, ma ci si può sbizzarrire. Carne di agnello, formaggio, spinaci, melanzane grigliate, hummus, labneh: insomma, fate conto di avere una pizza.
Ka’ak
Le fonti vi diranno che in Libano il pane più comune è la pita. Tutto vero, però noi a Dissapore non ci accontentiamo. Perché la pita sarà anche la più diffusa ma non è esclusiva del Libano, e le sue origini sono talmente antiche e ramificate che darle una provenienza certa piuttosto che un’altra è impossibile. Preferiamo dunque mantenere uno sguardo il più possibile local e indirizzarvi al ka’ak. Si tratta di un pane a forma di anello allungato: la forma infatti è circolare ma il buco non è al centro, piuttosto spostato in alto dalla parte in cui viene appeso. Popolarissimo street food, si trova penzolante in panificio e su carretti ambulanti. Di solito è cosparso di semi di sesamo e za’atar e può essere riempito con formaggio, verdure e altri ingredienti. Esiste anche in versione dolce biscottata, cosparsa di latte e zucchero.
Sfiha
La chiamano anche lahm bin ajin, letteralmente “impasto con sopra la carne”. La sfiha infatti è una torta salata non ripiena perché il condimento sta tutto in superficie. Di base i topping sono carne di agnello, cipolle, pomodori, olio, yogurt. La sua preparazione risale al regno arabo del XV secolo e in particolare alla regione che oggi corrisponde al Libano orientale: in origine, al posto della pasta, gli ingredienti erano avvolti in foglie di vite. Concetto che oggi è ripreso più o meno dai warak enab, involtini di foglie di vite ripieni di carne, spezie e riso cotti in un brodo profumato al limone.
Rimanendo sul tema snack non possiamo non nominarne due diffusi in tutta l’area mediorientale, Libano compreso. Cominciamo dal fatayer, una sorta di rustico triangolare ripieno a metà strada fra il pastizzi maltese e l’empanada argentina. Al forno o fritto, il fatayer può essere farcito di spinaci, halloumi, patate, carne, formaggio fresco. Infine le arayes, pane pita in quarti ripieno di carne (manzo o agnello), cipolla, aglio e pomodori. Le arayes, tostate o grigliate come la mitica rustichella nazionale, sono solitamente servite con yogurt e olive.
Fattoush
Amanti della panzanella, non potete perdervi la versione libanese. Il fattoush è l’insalata estiva a base di pane e verdure fresche: in questo caso però al posto della frisa ci sono le pita chips, triangolini grigliati, tostati o fritti di pane pita. Il fatto che non sia intero ma a pezzi rispecchia a pieno il nome di questa pietanza: fattoush infatti deriva dall’arabo fatt, ovvero “schiacciato, frantumato”. L’altra metà del piatto è costituita dalle verdure crude di stagione come pomodori, cetrioli, ravanelli, cipolla, peperoni. La vera star del fattoush però è costituita dal condimento, a base di olio, succo di limone, melagrana e soprattutto sommacco. Questa spezia è da molti considerata l’ingrediente chiave: si tratta di una polvere rossa antiossidante che dona all’insalata il caratteristico sapore acidulo.
Fatteh
Il pane avanzato è sempre e ovunque l’ingrediente principe del riutilizzo. Guai a buttarlo! In Libano si usa per il fatteh, la cui radice corrisponde al fattoush di cui sopra. Siamo dunque nuovamente di fronte a un piatto la cui base è frantumata, letteralmente “fatta a pezzetti”. Così la pita del giorno prima risorge grazie al topping di yogurt, ceci, e pinoli delicatamente profumati con cumino tostato. Nel caso frequente in cui i ceci siano ridotti in purea si parla di fatteh b’hummus, mentre la versione con melanzane fritte o grigliate è detta fatet bajinjan.
Tabbouleh
Un altro classico estivo è il tabbouleh, insalata fresca, leggera e nutriente. La base in questo caso è costituita da uno dei cereali più utilizzati nella cucina levantina, il bulgur o grano spezzato. In sostanza si tratta di chicchi di frumento germogliati essiccati e tritati grossolanamente, da cui il nome. Lo troveremo molto spesso, sotto forma di polpette, zuppe e stufati. Iniziamo dal metodo più facile (e delizioso): nel tabbouleh è semplicemente ammollato e condito con tanto prezzemolo, olio e menta. Altri ingredienti classici sono pomodoro, cipolla, cetriolo e peperone tritati.
Falafel
Se l’hummus fosse solido sarebbe… falafel! Le croccanti polpette di ceci che fanno letteralmente impazzire il mondo sono tipiche di Libano, Israele e Palestina. A dimostrazione che, anche in questo caso, il cibo (di più, il fritto) mette tutti d’accordo. A dirla tutta fa eccezione l’Egitto, dove i falafel sono a base di fave e prendono il nome di taameya. Ma torniamo in Libano: oltre ai ceci, gli ingredienti tipici dei falafel sono cumino, prezzemolo, cipolla e coriandolo. La tahina in questo caso non viene incorporata nell’impasto ma servita come salsa da abbinare. Un classico dello street food, i falafel si mangiano da soli, con topping di verdure crude e dips di accompagnamento, o ancora in una generosa tasca di pita a mo’ di sandwich.
Kibbeh
C’è un’altra polpetta in città, e si chiama kibbeh. Il nome significa proprio “appallottolare” o “dare forma circolare” e il kibbeh tondo, ovale o con una punta che ricorda l’arancino/a è fedele a se stesso. Gli ingredienti di base per prepararlo sono bulgur e carne di agnello. Le varianti consistono principalmente nella speziatura (sommacco, succo di limone, succo di melagrana) e nel metodo di cottura. I più popolari in Libano sono frittura (kibbeh nabilseeyah) e a crudo (kibbeh nayyeh).
Quest’ultima versione del kibbeh è piuttosto curiosa: si tratta di una tartare di agnello e bulgur servita cruda con cipolle, cannella e allspice. Piatto festivo per eccellenza, veniva preparato proprio in occasione dell’uccisione degli animali così da avere a disposizione la carne più fresca possibile. Amici vegetariani, non disperate! Sorvolando il fatto che la cucina libanese è piena zeppa di piatti veg, sappiate che volendo c’è un kibbeh anche per voi. Al posto della carne infatti sono comuni le polpette di bulgur abbinate a zucca, patate, pomodori e pera cotogna. Il tutto completato, come sempre, da pane fresco, foglie di menta e olio buono.
Mujaddara
La combinazione legumi + cereali è una garanzia per il pieno di proteine vegetali. Ogni paese affacciato sul Mediterraneo ne ha molteplici esempi nel proprio ricettario, Italia in prima linea. Il Libano non fa eccezione con uno dei piatti più rappresentativi della sua cucina. Vi presentiamo il mujaddara, piatto unico di riso, lenticchie e cipolla fritta. A parte non mancano mai yogurt o salsa toum per renderlo cremoso, e il pezzo di pane per fare la scarpetta. Visto che siamo in tema, ecco altri due classici libanesi a base di legumi e cereali:
- Makhlouta: stufato di ceci, lenticchie, borlotti e bulgur. Piatto già completo, ci si può aggiungere awarma o agnello preservato nel suo grasso, tipico delle zone rurali.
- Riz bil-foul: riso basmati e fave fresche originario di Sidon. Anche in questo caso la carne (di manzo) fa da complemento opzionale insieme a un mix di spezie profumate a base di coriandolo, cumino, cannella e zenzero.
Laban immo
Lo yogurt in cucina non è riservato solo ai dessert. Un esempio dal Libano è il laban immo, che letteralmente significa “latte della madre”. Di chi? Probabilmente si riferisce alla pecora, madre dell’agnello o montone che insieme a riso e yogurt costituisce il tris principale di questo piatto unico tipico di Douma. Altri ingredienti sono l’ubiquitaria cipolla, aglio, menta, burro e uova. Queste ultime sono aggiunte insieme allo yogurt verso il finale di cottura dello stufato, in modo tale da mantenerne cremosità e freschezza. Un altro esempio di uso salato del latte fermentato è lo shishbarak, un primo di ravioli di carne e cipolle cotti nello yogurt e aromatizzati con menta, aglio e spezie.
Samke harra
C’è da dire che, nonostante il lunghissimo litorale, i piatti tipici libanesi a base di pesce non sono tantissimi. Ve ne citiamo tre, fra cui spicca il samke harra. Letteralmente significa “pesce piccante”, speziato o marinato. Tipico di El-Mina, cittadina a nord ovest affacciata sul Mediterraneo, viene preparato per grandi occasioni come nascite o matrimoni. Si tratta di dentice rosso in crosta servito con noci e salsa tahina e aromatizzato con coriandolo, cumino e cardamomo. A fare il paio con il dentice c’è l’akhtabout o polpo grigliato, tipico di Beirut. Infine il sayadieh, altra preparazione in cui dentice rosso è protagonista, stavolta in abbinamento con il riso. Viene servito con cipolle fritte e baharat, mix di spezie a base di allspice, grani di pepe, cardamomo, cumino, paprika.
Ashta
Inauguriamo la parte più golosa con una preparazione dolce di base tipica libanese. L’ashta (o kashta o qashta) è una crema di latte e succo di limone spesso aromatizzata con acqua di rose e/o arancio amaro. L’ashta figura in moltissimi dessert come topping o farcitura, ma può essere anche gustata a sé stante come dolce al cucchiaio impreziosito da frutta, miele e noci. Ecco qualche esempio di pasticceria tipica in cui compare:
- Layali lubnan: dolce al cucchiaio simile a un pudding a base di latte, zucchero e semolino. Viene decorato con ashta, granella di pistacchio, miele e sciroppo di zucchero.
- Mafroukeh: dolce tipico del Ramadan a base di semolino con topping di ashta aromatizzata all’arancio, pistacchi e mandorle.
- Znoud el sit: involtini dolci fritti tipici del Ramadan a base di pasta fillo e ripieni di ashta.
Kunafah
Dalla lista precedente di delizie farcite con ashta ne abbiamo tenuta da parte una in particolare. Si tratta della kunafah o kanafeh, dolce di pasta kataifi ripieno comune a Libano, Egitto, Siria, Israele e Turchia. Fra due strati esterni croccanti c’è una soffice crema al latte o al formaggio aromatizzata con zest di arancia e cardamomo. Nella versione libanese la parte morbida tocca all’ashta, mentre in Turchia ad esempio viene usato formaggio fresco locale. Un ulteriore tocco croccante è il topping a base di granella di mandorle o pistacchi.
A parte la kunafah, bisogna sapere che i dolci di pasta kataifi sono una costante della pasticceria libanese. Si tratta di una variante della pasta fillo che viene spezzettata in fili sottilissimi, estremamente malleabile e versatile per piatti dolci e salati. Ecco alcuni esempi di dessert al kataifi da provare:
- Faysalieh: dolcetti triangolari ripieni di pistacchi e crema, fritti e cosparsi di sciroppo di zucchero per mantenerli croccanti.
- Basma: kataifi ripiena di frutta secca come pistacchi, anacardi, pinoli.
- Asabi: cilindri di kataifi o fillo ripieni di frutta secca, spesso profumati al limone, acqua di rose o essenza di arancio amaro.
Ma’amoul
Le religioni monoteiste del Libano festeggiano le grandi occasioni in modi diversi e in momenti diversi dell’anno, questo è evidente. Tuttavia ad accomunarle è, ancora una volta, il cibo. In questo caso i ma’amoul, biscotti al burro e semolino ripieni. A seconda dell’occasione religiosa possono essere preparati per Pasqua (cristianesimo), Purim (ebraismo) o Eid al-Fitr (Islam). La particolarità di questi consistenti mattoncini dolci è la forma, che di volta in volta ne rivela il contenuto. I ma’amoul sferici sono ripieni di noci, quelli a parallelepipedo di datteri, quelli ovali di pistacchi. Niente uovo con sorpresa dunque, ma una dolcissima certezza che basta mordere per scoprire.
Meghli
A proposito di porridge non di avena: parliamo di meghli, dolce al cucchiaio vegano, senza glutine e senza lattosio. Si tratta di un pudding di riso aromatizzato con anice, cumino dei prati e cardamomo e servito in genere con generose manciate di frutta secca intera o a lamelle. Meghli significa “bollito” che è un po’ il metodo lento e paziente per prepararlo. Se poi vi ricorda l’infanzia siete sulla strada giusta: il meghli viene preparato in occasione delle nascite, considerato propiziatorio per mamma e bambino. Una variante di colore giallo acceso è il moufataka, porridge di riso alla curcuma tipico di Beirut. Per prepararlo occorrono riso a grano corto tipo Arborio, tahini, curcuma, pinoli, zucchero e acqua.
Nammoura
È l’ora del tè, il che significa che ci siamo dilungati abbastanza. Per chiudere in bellezza ecco due dolci perfetti come accompagnamento. Partiamo dai nammoura, quadrotti di semolino, acqua, burro e lievito ricoperti di sciroppo di zucchero. L’impasto di base è costituito dal mafroukeh, semolino con burro, caramello e atar (sciroppo dolce all’acqua di rose). Umidi, appiccicosi ed estremamente dolci al limite dello stucchevole, i nammoura vanno presi a piccole dosi: il picco glicemico è dietro l’angolo.
Di altra pasta, stavolta soffice e lievitata, è lo sfouf. Questo dolce al semolino simile a un plumcake ha colore giallo intenso dovuto alla curcuma nell’impasto e può contenere pinoli, pasta di sesamo e semi di anice. Oltre al tè di cui sopra viene preparato in occasioni speciali come compleanni, riunioni di famiglia e feste religiose.