Aggirandovi per Cagliari, vi capiterà di notare una cosa: ad ogni ora del giorno, che sia per colazione accompagnata a un caffè, sorseggiando un calice per aperitivo o in piena notte all’uscita dalla discoteca, gli autoctoni amano concedersi uno snack caratteristico, un piccolo disco di sfoglia leggera e croccante, farcita -il più delle volte- con una leggera salsa di pomodoro. È la pizzetta di sfoglia cagliaritana, emblema della città quanto la Cattedrale di Santa Maria e, a buon diritto, entrata nella sua storia e nel suo tessuto sociale, come sancito con il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale da un paio di anni, andando ad arricchire il già congruo patrimonio dell’isola che vanta ben 260 PAT.
Una pizzetta sfoglia ubiqua, ma locale
Un po’ come la focaccia a Genova, o la scrocchia a Roma, ogni cagliaritano ha il suo momento di consumo rituale e un rapporto quasi familiare con la pizzetta. La variabile, tendenzialmente, riguarda il bar o la pasticceria di fiducia cui il cittadino si rivolge nella quotidianità. Della serie: “tu dove la prendi la pizzetta?”
Al contrario delle altre specialità citate però, è rimasta una tradizione assolutamente localizzata, a malapena conosciuta fuori dalla città e di cui il resto d’Italia sembra essere totalmente all’oscuro. Un localizzazione estrema a cui, però, fa fronte l’estrema passione che i residenti nutrono nei confronti della sfogliata, una richiesta che impone numeri produttivi importanti, in realtà che vanno dal piccolo laboratorio artigianale a contesti quasi industriali, in grado di rifornire la ristorazione locale.
Come nasce la pizzetta sfogliata
Per entrare nel novero delle PAT, un prodotto deve essere presente “sul territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo per un periodo di almeno 25 anni”, e le testimonianze dirette, nei ricordi dei cagliaritani, risalgono tranquillamente agli anni settanta. Una delle prove storiche che hanno contribuito al riconoscimento delle pizzette come Produzioni Alimentari Tradizionali è del primo luglio 1979, data della cresima di Annalisa Saddi, nipote della Mariuccia che diede il nome alla storica pasticceria della città, che le servì nel rinfresco della cerimonia. Altra testimonianza celebre è quella di Gino Camboni, giornalista autore e curatore di svariati saggi sulla storia e il folklore della Sardegna, che negli anni novanta cita le pizzette in un suo saggio, ormai introvabile, fornendo di fatto la prima prova documentale. Sull’effettiva nascita del prodotto, come spesso capita per molte creazioni gastronomiche, realtà e leggenda si confondono, e il classico aneddoto del fornaio che ricicla della sfoglia ed è toccato da ispirazione divina è verosimile, ma non supportato da dati storici.
La pizzetta Cagliaritana oggi, tra grandi numeri e artigiani della sfoglia
Avrete capito che la pizzetta sfogliata a Cagliari è una cosa seria, per questo abbiamo pensato di approfondire la questione chiedendo a due autorità in materia. Il primo è Pietro Ditrizio, fuoriclasse della pasticceria (tra i mitici 30 della nostra classifica dedicata ai migliori panettoni artigianali) che ha conquistato i palati della città grazie alla sua moderna proposta nazionale e internazionale, ma che non ha potuto prescindere dal più amato snack locale. Da tecnico qual è, il suo approccio al prodotto è partito dai grassi: “ci sono diversi modi per interpretare la pizzetta in base al grasso che si utilizza. In passato è stata fatta con lo strutto, con la margarina o con mélange. Noi abbiamo scelto di utilizzare il burro”. Farcitura preferita? “Noi la facciamo solo col pomodoro, che la lascia più morbida all’interno in contrasto con la croccantezza all’esterno”.
Oltre ad essere estremamente popolare, la pizzetta cagliaritana inizia a conoscere nicchie di gourmettizzazione, complice il lavoro degli artigiani locali. E il prezzo naturalmente cambia: se è normale trovare la sfogliata a 1,20 o 1,30 euro, in una pasticceria come quella di Ditrizio la troverete a 1,80 euro.
Una produzione decisamente maggiore quella di Nicolò Abbate della pasticceria Dulcis, azienda attiva dagli anni ottanta e con cinque sedi tra Cagliari e Quartu Sant’Elena. Lì la pizzetta la si prepara in modo tradizionale, ma con una peculiarità che incide sull’economia di scala: “prepariamo una sfoglia vegetale, con margarina, molto equilibrata nel rapporto tra parte grassa e farina. All’interno il pomodoro, e prima di metterla in forno si spennella con dell’uovo”.
Non mancano le varianti: capperi -meglio se di Selargius- e acciughe è la più gettonata, ma formaggi e salumi trovano nella sfogliata uno scrigno ideale, per quanto i cagliaritani restino fedeli alla classica con “sa bagna”, la salsa di pomodoro, e nello stabilimento della Dulcis se ne sfornano migliaia al giorno. Vassoi e vassoi che si sono fatti riferimento per compleanni e cerimonie. Visto il suo successo, come mai non è diffusa al di fuori della città? “È un prodotto che non ha avuto possibilità di uscire dall’ambito regionale, men che meno all’estero, probabilmente perché ancora non ci si è creduto abbastanza, eppure è un prodotto che piace a tutti, in virtù della sua semplicità”, si risponde Abbate.