Si chiama anche Re dei Risi e negli ultimi anni è diventato celeberrimo nonché il prescelto dalla maggior parte degli italiani: parliamo del riso Carnaroli, una varietà di riso particolarmente apprezzata per la sua capacità di assorbire liquidi e aromi mantenendo nerbo e forma. La sua tuttavia è una fama recentissima e cresciuta improvvisamente, complici anche i grandi chef: la sua storia è peculiare rispetto a quella di altri risi.
La coltivazione del riso Carnaroli è circoscritta tradizionalmente alle zone tra Lombardia e Piemonte lungo il corso del Po: le province sono quelle di Pavia, Novara, Vercelli ed esiste un Albo dei risicoltori che hanno aderito al sistema di tracciabilità varietale di questo riso.
Riso Carnaroli: le sue origini
Il riso Carnaroli è nato tra il 1939 e il 1945 grazie al lavoro di un agronomo italiano, De Vecchi: attraverso l’incrocio tra le varietà Vialone e Lencino, lui riuscì a creare il riso attualmente più gettonato. Il Carnaroli, infatti, combina la resistenza alla cottura del primo e la capacità di assorbimento del secondo. Oltre a De Vecchi (già creatore del Vialone), tuttavia, esiste anche un professor Emiliano Carnaroli a confondere spesso le idee.
A tal proposito, citiamo una parte di testo redatto dai professori Flavio Barozzi e Giuseppe Sarasso – membri rispettivamente della Società Agraria di Lombardia e dell’Accademia di Agricoltura di Torino: “(…) Dal contesto si potrebbe presumere che il costitutore De Vecchi avesse forse un debito di riconoscenza col prof. Emiliano Carnaroli, allora commissario dell’Ente Nazionale Risi? Un’ipotesi che contrasta con la tesi ammantata di leggenda secondo cui il nome della varietà deriverebbe da quello di un semplice camparo acquaiolo che collaborava con particolare dedizione alla conduzione dell’azienda dei De Vecchi in quel di Paullo (Milano)“.
Carnaroli “vero” o “falso”? Ente Risi ci spiega l’etichetta
Deriva genetica a parte, l’iscrizione al Registro Varietale si inserisce in una legge contestata da molti e per molti anni: quella risalente al 1958 spiegata bene nell’articolo suggerito qui sotto, che stabilì le “griglie” di descrizione dei risi. In sostanza, molti risi con caratteristiche estetiche simili erano raggruppati, con il conseguente risultato di avere confezioni nominate “Carnaroli” ma contenenti un mix di chicchi.
Nel 2017 c’è stato un aggiornamento e ho interpellato direttamente l’Ente Risi: “per il discorso del Carnaroli e le varietà similari (il karnak per esempio) non è cambiato granché rispetto alla Legge del 1958. In passato una varietà similare poteva essere venduta come ‘Carnaroli’ oppure con il proprio nome, ora le varietà similari al Carnaroli e presenti in confezione al 95% devono essere vendute solo come ‘Carnaroli’“. La tollerabilità, quindi, equivale solo per un 5 %. Prosegue: “se si tratta effettivamente di Carnaroli vale la dicitura ‘Riso Carnaroli classico’ a patto che l’operatore si rifornisca da un agricoltore che ha aderito al riso classico assoggettandosi ai relativi controlli sulla tracciabilità effettuati dal noi“. In tanti, a monte, contestano la categorizzare dei risi tramite caratteristiche estetiche e non organolettiche.
Caratteristiche del Carnaroli
Messi da parte i dubbi in merito a tutti i Carnaroli venduti nella grande distribuzione, questa varietà appartiene alla categoria merceologica dei risi superfini, con chicco grosso e semiaffusolato. Una delle caratteristiche più rilevanti è l’alto contenuto di amilosio, una componente dell’amido che contribuisce alla consistenza del riso una volta cotto: è questo il valore che lo rende perfetto per i risotti, che richiedono un chicco cotto al dente. Tecnicamente parlando, parliamo di un chicco bianco nel pericarpo e con perla centro-laterale. Lungo e semiaffusolato, è tondeggiante di sezione e privo di striscia. Il riso Carnaroli è previsto sia nella DOP riso di Baraggia Biellese e Vercellese sia nell’IGP riso del Delta del Po, come attesta il registro ufficiale aggiornato al novembre 2023.
Carnaroli ovvero “risotto”
Nonostante tutto – ovvero senza nulla togliere alle caratteristiche di questo riso, ma senza poter nemmeno negare che ci sia un’aura di purezza e qualità un po’ romanzata, che offusca tante varietà altrettanto valide – il riso Carnaroli è da veri e propri gourmand e sempre più oggetto di marketing. Ne è una dimostrazione la recentissima moda che dilaga nei ristoranti, sia stellati sia non stellati ma pretenziosi: sulla carta, la parola “Carnaroli” sostituisce “Risotto” (non si scrive più, ad esempio, “Risotto alla zucca” bensì “Carnaroli alla zucca”).