Ad avere tra le mani un blocchetto colante di miele in favo ci si sente un po’ orsi golosi col muso che affonda in uno stilizzato tronco d’albero. In effetti mangiare il miele crudo direttamente dal favo, la struttura in cera d’api organizzata in cellette esagonali, è una specie di ritorno alla natura. A differenza del miele in vasetto frutto di una serie di lavorazioni secondarie, il favo mantiene intatte le sue caratteristiche nutrizionali e i suoi benefici organolettici.
Senza contare gli svariati e interessanti usi in cucina esaltati in particolare dalla consistenza unica, tutta da mordere. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul miele in favo.
Cos’è il favo
Un parallelepipedo dorato pregno di miele crudo, denso, dolcissimo e appiccicoso. Un capolavoro del foodporn insomma. O almeno questo è quello che passa per gli occhi prima, e la bocca poi, di noi umani smaliziati. Dal punto di vista delle api invece il favo è il centro nevralgico dell’alveare. Questa struttura in cera d’api caratterizzata da celle esagonali ha due importantissime funzioni, ovvero custodire le giovani larve e immagazzinare miele e polline. Il favo dunque, baby nursery e dispensa, serve a garantire continuità e prosperità all’intero sciame.
Si tratta di fatto di uno degli alimenti più antichi. I nostri antenati, soprattutto nella fase di cacciatori-raccoglitori, ne hanno indubbiamente tratto energia e una certa tendenza al gusto dolce che si è evoluta insieme a noi. Basti pensare che miele deriva da meilat, e stiamo parlando in ittita. Le pitture rupestri che ne testimoniano la raccolta risalgono al 7000 AC. Tutte le grandi civiltà del passato ne hanno fatto uso largo ed entusiasta, dai Babilonesi agli Egizi. E poi la mitologia greco-romana del “nettare degli dei”, afrodisiaco ed elisir, fino ai ricettari a suon di biscotti, salse e bevande alcoliche.
Caratteristiche e benefici
Il favo intero commestibile è pregno di miele fresco. Uno step indietro rispetto al vasetto sigillato, che normalmente subisce una serie di lavorazioni (scolatura, centrifuga, torchio, filtrazione) a partire proprio dalla sua estrazione dal favo. L’assenza di lavorazioni lo rende ricco di enzimi, in particolare il glucosio ossidasi dalle proprietà antibatteriche. Rispetto al miele non fresco contiene più sostanze antiossidanti, proteine e olii essenziali.
Naturalmente il favo a scopo commerciale è privo di covata: in compenso però ci potreste trovare preziosi residui di polline, propoli e pappa reale con tutti gli annessi e connessi delle proprietà e benefici per l’organismo. Infine la cera d’api commestibile, ricca di acidi grassi e alcoli alleati del colesterolo buono. Attenzione però: ricordiamo che, nonostante le indubbie proprietà, il miele in favo è pur sempre composto per l’80-90% di zuccheri semplici. Lasciatevi tentare, ma con moderazione.
Usi in cucina
Fresco, grezzo, soprattutto crudo. È bene che il miele in favo rimanga tale, anche perché non vorreste perdervi i dettagli che lo rendono così unico. Innanzitutto il sapore meno dolce e non stucchevole. E poi c’è la faccenda della consistenza unica dei pezzi di cera, friabili e morbidi come una gomma da masticare. Per tutti questi motivi il favo si fa mangiare eccome, soprattutto a morsi.
In cucina diventa un topping gourmet per piatti dolci e salati. Dal pane casereccio in versione merenda e aperitivo, a partire dalle bruschette. A pezzi per insalate gustose e particolari da costruire con un occhio al condimento di contrasto (ad esempio con semi di senape, agrumi, rafano) e al gioco di consistenze (cremose, crude, croccanti). Paradisiaco in abbinamento ai latticini: dal tagliere di formaggi stagionati ed erborinati allo yogurt, per una colazione da (ape) regina.