Chi come noi considera Fornelli Polemici, quella sottospecie di inchiesta che Striscia la Notizia usa a intermittenza per randellare il mondo gastrofanatico, un CALLO che (fortunatamente) da qualche giorno brucia meno, riconoscerà che non esiste momento migliore di una tregua concessa dal tg satirico di ‘sti bla bla, per chiederci cosa resterà della cosiddetta cucina molecolare. Il movimento di avanguardia culinaria conosciuto nel mondo per i gel e gli esperimenti con il cibo a volte un po’ selvaggi, per anni ha divertito o nauseato, a seconda di come la si pensa, i nostri palati. Ora che lo chef Ferran Adrià—spesso riconosciuto come il padre fondatore del movimento—ha annunciato che per un paio d’anni, dal 2012 al 2014, chiuderà il suo ristorane, la salute della cucina molecolare torna a essere argomento di grande attualità.
Sappiamo che Adrià non chiude El Bulli per mancanza di lavoro. Sembra che ancora l’anno scorso, sia stato costretto a usare una lotteria interna per spalmare su 8.000 coperti il milione di richieste ricevute. Tantomeno per le sterili bordate di Striscia la Notizia. Però ditemi se sbaglio, faccio fatica a credere che piatti come il foie gras liofilizzato o il Martini atomizzato riescano a imporsi come una tendenza duratura. Sia il cuoco spagnolo che il suo omologo britannico Heston Blumenthal, hanno preso le distanze dal termine “cucina molecolare”. Qualche anno fa hanno spiegato, in una dichiarazione congiunta con lo chef americano Grant Achatz, che il termine “cucina molecolare” non descrive il loro stile, o meglio, non descrive nessuno stile. Tuttavia, gli sforzi fatti per staccarsi dall’espressione “cucina molecolare”, non hanno messo a tacere i critici del movimento. Secondo lo chef spagnolo Santi Santamarìa, l’oppositore più acceso, in questo momento il mondo cerca alimenti che abbiano un rapporto intimo con l’ambiente, quindi dobbiamo consierare per quello che è “una cucina che basa i suoi piatti sulla sperimentazione di sostanze chimiche”. Vale a dire: “un processo industriale”.
“Io vedo la cucina molecolare come il (sotto)prodotto di una società malata”, ha detto il cuoco premiato con 3 stelle Michelin. “A chi non ama un certo tipo di cucina nessuno impedisce di continuare con la sua”, ha risposto sprezzante Ferran Adrià. “Alla fine, nei ristoranti c’è democrazia, se non ti piaciono i piatti che cucinano, bene, non ci andare”.
Il migliore cocinero del mondo vive un periodo di rottura, dice di voler sviluppare un “nuovo format” di cucina moderna.
Per chi ha provato l’esperienza di cenare a El Bulli, o meglio, per una buona parte, la visione di Santi Santamarìa non può essere più distante dalla realtà. Secondo loro, la cucina di Adrià significa originalità del gusto. Piatti divertenti che raccontano delle storie.
Per molti allievi di Ferran Adrià, cuochi che vantano nel proprio curriculum un’eperienza di lavoro a El Bulli, il livello della sua cucina rappresenta un vertice assoluto. Pensano che per i meriti acquisiti si dovrebbe rispettare di più il suo lavoro. Senza sapere cosa rimarrà della cucina molecolare, credono che anche chi cucina in modo diverso dovrebbe apprezzare la cratività di un maestro. Non lo si può ignorare solo perché “troppo chimico”.
Altri seguaci, dopo anni passati a sperimentare nuovi processi chimici, hanno scelto consapevolmente una linea di cucina più “naturale”. Sono tornati all’idea di ricavare il meglio da un ingrediente usandolo per quello che è, senza trucchi e senza inganni.
Poi ce ne sono altri che attribuiscono la cattiva reputazione della cucina molecolare alle pessime imitazioni viste ovunque negli ultimi anni. Come si può pretendere di eseguirla correttamente se non si capisce la scienza che c’è dietro?
Ma per la prossima generazione di chef, la cucina molecolare sarà ancora un riferimento? Risposta complicata. Molto dipenderà dalle fortune degli esponenti più noti, Adrià e Blumenthal per primi. Magari la pensate diversamente, ma l’impressione è che la futura leva di grandi cuochi si allontanerà dalla cucina molecolare. Tornando a uno stile più naturale e focalizzato sugli ingredienti.