Indossate il vostro vestito più elegante e muovetevi in tre tempi, perché oggi il nostro valzer gastronomico giunge a corte. Siamo a Vienna, capitale austriaca e sfarzoso quartier generale del fu Impero austro-ungarico. La sua posizione geografica e politica l’ha resa il crocevia di tradizioni culturali diverse, e noi ormai sappiamo bene che dove c’è cultura c’è gastronomia. Così fra i piatti tipici viennesi troviamo fortissime influenze della cucina boema, ungherese ed ebraica, senza dimenticare il contributo di quegli chef che, per accontentare i capricci degli imperatori, si sono inventati nuove ricette in qualche caso diventate iconiche.
Città elegantissima dal sapore di nobiltà d’altri tempi, Vienna è uno dei centri nevralgici della cultura e delle arti in Europa, su tutte la musica classica. Lasciatevi prendere per mano e volteggiate con noi sulla pista da ballo tra le ricche tavole imbandite della cucina tipica di Vienna. In attesa del green pass, che ci permetterà di viaggiare per l’Europa dal 1 luglio.
Caffè
Caffetterie antiche e sfarzose piene di specchi e argenteria, pasticceria elaborata e decadente e bevande che danno il colpo di grazia calorico con altissimi topping di panna e cioccolata: il caffè a Vienna è un rito consolidato da gustarsi con lentezza e possibilmente senza sensi di colpa. Ma perché proprio qui e in questo modo? L’avventura viennese con il caffè inizia presumibilmente con uno scontro di civiltà: correva l’anno 1683 nel pieno della guerra austro-turca, culminato con la Battaglia di Vienna contro l’impero ottomano. La città assediata venne liberata dall’esercito polacco, ma non fu solo questo il lieto fine della vicenda. Leggenda vuole che tale Franciszek Jerzy Kulczycki costruì la prima caffetteria della città grazie al ritrovamento di alcuni sacchi di caffè lasciati dagli ottomani in fuga; documenti ufficiali, al contrario, proverebbero che fu il cittadino armeno Johannes Theodat ad aprire il primo locale nel 1685. Quale che sia stata la scintilla, non si può certo negare che il boom del caffè a Vienna abbia avuto a che fare con il contatto “dovuto” tra cultura orientale e gusto occidentale. Del resto anche noi, grazie ai commerci verso est della Repubblica di Venezia, ne sappiamo qualcosa a proposito di caffè.
Eccone alcune specialità tipiche da gustare nei salotti cittadini: Wiener melange versione viennese del caffè latte (anche se c’è chi lo paragona al cappuccino: fidatevi, non c’è storia) caratterizzata da schiuma densa e baffi inevitabili sulle labbra, da bagnare con il rigoroso bicchierino d’acqua sempre servito in accompagnamento. Einspänner, espresso con doppia panna servito in vetro, ideale per i cocchieri da cui prende il nome: la crema così alta e compatta serviva a mantenere il caffè caldo e a impedire che il movimento della carrozza ne provocasse la fuoriuscita. E poi i riferimenti cromatico-religiosi, dal Kapuziner, espresso e panna montata con scaglie di cioccolato le cui nuances ricorderebbero l’abito monacale dei frati cappuccini; al Franziskaner, espresso con latte e panna montata spolverato di cacao, stavolta in versione francescana.
Liptauer
Vienna, ora dell’aperitivo: un bel bicchiere di Riesling o Grüner Veltliner, crostini e una sfiziosa salsina di accompagnamento. La Liptauer fa al caso vostro, una crema di formaggio fresco e paprika diffusa in tutto il territorio dell’ex-impero, dalla Slovacchia al Friuli Venezia Giulia. Ed è proprio dalla regione slovacca di Lipvov che essa prende il nome: la ricetta tradizionale prevede una base di bryndza, formaggio fresco di capra mischiato a burro, capperi, erba cipollina e paprika per il tipico retrogusto affumicato. Nelle taverne austriache, le cosiddette Heuriger, la Liptauer sarà più probabilmente a base di quark, ricotta di pecora o caprino, servita insieme ad affettati, pane di segale pumpernickel, cetriolini e uova sode. Senza dimenticare le bollicine, di vino o birra, per un brindisi come si deve.
Wiener Schnitzel
Ed ecco il classico dei classici: l’ascolto consigliato per rendere ancora più intenso questo momento è la celeberrima Marcia di Radetzky del compositore Johann Strauss padre. La Wiener Schnitzel è la fettina di vitello impanata e fritta che forse più di tutte, almeno tra le portate salate, rappresenta la cucina tipica viennese. C’è da dire però che il primo boccone è sempre un po’ amaro: difatti salta subito agli occhi che la differenza con la nostrana cotoletta alla milanese è pressoché nulla. Quindi viene da chiederci, è venuta prima la Wiener Schnitzel o la cotoletta?
Le leggende sui due fronti delle Alpi naturalmente hanno versioni opposte: in mezzo ci sarebbe comunque il maresciallo Josef Radetzky (ecco spiegato il perché del motivo musicale così azzeccato) che effettivamente arrivò fino in Lombardia recando con sé/rubando la ricetta, a seconda del punto di vista di chi racconta la storia. Quel che è certo è che se vi capita di andare a Vienna dovete assolutamente assaggiarla: la carne di vitello viene preparata con un particolare taglio “a farfalla” dallo spessore di 4mm, poi viene battuta e passata ai ranghi di farina, uova sbattute e pangrattato. Fatta friggere in padella con una bella noce di burro, diventa dorata e croccante e pronta per essere servita con la fetta di limone d’ordinanza. La variante di maiale viene chiamata Schnitzel nach Wiener art, versione inequivocabilmente made in Vienna.
Tafelspitz
Sicuramente alla vista questo piatto appare meno appetitoso della Wiener Schnitzel, eppure sembra fosse il preferito dell’imperatore Francesco Giuseppe I – il marito di Sissi per intenderci. Il Tafelspitz è un piatto a base di manzo o vitello bollito in brodo di verdure (cipolla, porro, carote, sedano) e servito con composta di mele, insalata di crauti e patate con salsa al rafano e crema all’erba cipollina. Il taglio di carne usato è lo Knöpfel, corrispondente allo scamone: la ricetta vuole che il manzo debba cuocere così a lungo da rendere superfluo l’uso del coltello. Se vi piace la sensazione della carne che si scioglie letteralmente in bocca, siamo sicuri che apprezzerete questo bollito dal sapore imperiale.
Beuschel
“Gnocchi” e “ragù” sono i descrittori più immediati per definire il Beuschel viennese, ma ai nostri occhi italiani francamente questo piatto unico non ricorda né l’uno, né l’altro. Si tratta di un corposo sugo di interiora di vitello, tipicamente cuore e polmoni, servito con grossi canederli di pane bolliti di forma tonda o piatta. Il nome deriva da Baüschel, diminutivo di Bausch che si riferisce proprio alla consistenza dei polmoni. I quali, come potrete immaginare, erano ingredienti di ricavo per le tavole più povere, altro che cucina altolocata! Alla gola però non si comanda, e la sensibilità delle papille aristocratiche cominciò a cambiare nel corso del Diciannovesimo secolo con l’aggiunta di elementi quali panna e fondo di gulasch. Così nacque il Salonbeuschel, versione più ricca e raffinata del piatto che per una volta si toglie la puzza da sotto il naso, aspirando (è proprio il caso di dirlo) a pieni polmoni.
Backhendl
Molto prima che l’ingombrante Kentucky Fried Chicken invadesse con i suoi locali (e con il suo odore inconfondibile) le strade e le piazze europee, a Vienna il pollo fritto era già un piatto molto apprezzato almeno da trecento anni. È dal 1700 infatti che cosce, ali e petti di pollo vengono gioiosamente ricoperti da una densa pastella e buttati in olio bollente per preparare il Backhendl viennese. Cosparso di pepe e cumino, il pollo croccante viene accompagnato da patate bollite con prezzemolo e insalata di cetrioli e succo di limone. Nella tradizione locale non ci si limitava a friggere i pezzi canonici del pollo: fra i bocconcini dorati finivano anche cuore, fegato e stomaco. Tradizione batte fast food 10 a 0.
Saftgulasch
La risposta viennese al gulyás ungherese è il Saftgulasch, spezzatino di manzo e cipolle cotto in lardo, spezie e concentrato di pomodoro. La versione locale del piatto più ordinato sulle piste da sci (vi conosciamo, cari lettori) è proprio la ratio cipolle-carne: fra i 600-700 grammi per chilo di manzo, tipicamente geretto o stinco magro anteriore e posteriore. Altro passaggio fondamentale è la cottura, lentissima e costante per una consistenza finale che proverbialmente “si taglia con un grissino” senza bisogno di addensanti come farina, roux o crema. Il resto del sapore lo fa il mix di spezie: paprika, bacche di ginepro, maggiorana, alloro, cumino dei prati, aceto, buccia di limone.
Zwiebelrostbraten
Niente paura: in questi casi basta capire dove porre la pausa tra una sillaba e l’altra. Il Rostbraten è la versione viennese del roastbeef che in questa ricetta viene cosparso di sale, pepe, senape e aglio, passato nella farina e rosolato in padella con un grasso a scelta tra burro, olio o burro chiarificato. Dopo aver fatto ridurre una certa quantità di vino o brodo con la paprika, entrano finalmente in scena le Zwiebeln, ovvero le cipolle: tuffate in padella, si fanno rosolare giusto il tempo per prendersi tutti i sapori della carne e della salsa. Lo Zwiebelrostbraten così ricomposto viene adagiato su un appetitoso letto di patate arrosto.
Altre ricette locali non sono altro che armoniose variazioni sullo stesso tema. Le più famose sono due: il Vanillerostbraten, che con la bacca del Madagascar non ha niente a che fare e piuttosto si riferisce all’abbondante aglio usato nella preparazione (chiamato a suo tempo “vaniglia dei poveri”). Il Girardirostbraten è una dedica spudorata al tenore austriaco Alexander Girardi, veterano delle prime assolute nei teatri viennesi: in questa versione il roastbeef viene accompagnato da capperi e funghi.
Stephaniebraten
Rimaniamo in tema “piatti di carne con dedica”: questa volta tocca alla principessa Stefania del Belgio, moglie dell’Arciduca d’Austria Rodolfo d’Asburgo-Lorena, terzogenito di Franz e Sissi. Non abbiamo dubbi che nei salotti buoni dell’epoca nobili e borghesi mormorassero dell’enorme colpo di fortuna capitato a questa giovane principessa belga, andata in sposa all’erede al trono dell’Impero austro-ungarico nel 1881. E tuttavia dietro le quinte, come spesso capita, il matrimonio non era certo dei più felici: fra i sistematici tradimenti di Rodolfo e le malattie da lui contratte (tra l’altro successivamente trasmesse alla moglie con effetti irreversibili), il rapporto fu considerato spezzato nel giro di pochi anni. Il culmine di questa storia travagliata giunse il 30 gennaio 1889, giorno in cui Rodolfo si uccise insieme alla sua amante.
Persi definitivamente i titoli imperiali, l’eredità paterna e una bella dose di rispettabilità agli occhi del pubblico, a Stefania non rimase che emigrare e risposarsi con un conte ungherese. A Vienna il ricordo di questa sciagurata principessa rimane nel Stephaniebraten, il polpettone di carne arrotolato nell’omento di maiale al cui interno trovate un po’ di tutto: gnocchetti di pane, uova sode, cetriolini sottaceto, pancetta, wurstel. Il composto viene aromatizzato con senape, dragoncello, cumino, maggiorana e prezzemolo e fatto cuocere in forno. Chissà se sarebbe piaciuto alla povera Stefania.
Frittatensuppe
In questa lista di piatti tipici dal carattere sostanzioso non poteva mancare una zuppa. Stavolta però non riusciamo a considerarla una portata leggera per spezzare il ritmo anzi, anche qui non si va certo sul leggero. La Frittatensuppe consiste di due elementi principali, le crespelle di uova tagliate a striscioline e il brodo di carne in cui sono immerse. Non sappiamo bene se affrontarla con il cucchiaio, con coltello e forchetta, per primo, secondo o piatto unico. Pensiamola come un comfort food a cui non fare troppe domande: solo mangiandola si avranno le risposte.
Kaiserschmarrn
Per introdurre la sequela dei ricchi e decadenti dolci viennesi ci vuole un’altra colonna sonora, Sul bel Danubio blu di Johann Strauss figlio. Sulle note di questo valzer da sogno andiamo a scoprire un’altra ricetta nata, secondo la leggenda, dalla insaziabile golosità dell’imperatore Francesco Giuseppe. Evidentemente gli era facile essere di buona forchetta visto che le cronache del tempo riportano che sua moglie Sissi mangiava come un uccellino: la Kaiserschmarrn sembra proprio il frutto dell’ennesimo tentativo andato a vuoto di accontentare i gusti difficili dell’imperatrice. “Cara, se proprio non ti va la mangio io” deve aver detto quel furbacchione di Franz alla dolce Sissi. Con la scusa di farle un favore, si è pappato con soddisfazione anche questo dessert da colazione.
La Kaiserschmarrn è dunque dedicata a lui: se proprio vogliamo trovarci una traduzione letteral-popolare, il nome corrisponde a “il mappazzone dell’imperatore”. Si tratta di un’omelette strapazzata a base di uova, latte, farina e zucchero che viene fatta saltare in padella con abbondante burro fuso. Di solito viene servita con una dose generosa di zucchero a velo e composta di frutti rossi. Dalle immense sale del palazzo di Hofburg fino alle baite sulle piste da sci tirolesi, questa frittatona dolce non smette mai di renderci colpevoli del peccato più bello che c’è, quello di gola.
Marillenknödel
Queste deliziose pallocche dolci sono un classico estivo della pasticceria viennese. I Marillenknödeln non sono altro che canederli ripieni di albicocche, gnocchi giganti che racchiudono un succosissimo ripieno arancione. L’impasto dei canederli può essere a base di pasta choux, patate schiacciate o formaggio quark (in questo caso parliamo di Topfenknödeln), al cui interno vengono poste le albicocche mature. I canederli in trasferta estiva si tuffano prima in acqua bollente salata, riemergono un attimo sul bagnasciuga fatto di pangrattato, e infine si abbronzano con l’olio (bollente, della frittura). Dorati da fare invidia alle lucertole da spiaggia, si cospargono di zucchero a velo e lì attendono di svelare il loro prezioso segreto di frutta.
Kardinalschnitte
La “fetta del cardinale” viennese è un dolcissimo compromesso tra sacro e profano: soffice e ariosa come il Paradiso, e al tempo stesso così golosa da piazzarvi direttamente nel terzo cerchio dell’inferno (se qualcuno ha visto il video dell’ultima hit di Lil Nas X sa di cosa stiamo parlando). Ma andiamo con ordine. La Kardinalschnitte è una pasta dolce a strati con base di biscotto tipo savoiardo e meringa soffice ripiena di crema. La sua comparsa si fa risalire al 1933 in occasione della festa per la Chiesa cattolica, giusto perché nel calendario ecclesiastico non ce n’erano già abbastanza. I colori predominanti della Kardinalschitte sono proprio quelli della bandiera vaticana, bianco e oro rispettivamente di meringa e crema pasticciera, spesso aromatizzata al caffè. Poi mettiamoci pure il rosso purpureo della composta di frutti rossi che spesso fa da berretta cardinalizia sulla sommità del dolce, e abbiamo la palette completa della cromatografia in aria di santità. Insomma con la Kardinalschnitte si volteggia letteralmente sulle nuvole, ma attenzione perché è un attimo lasciarsi trasportare dalla tentazione: mangiatene tutti senza (troppo) peccare.
Apfelstrudel
Questo lo conosciamo veramente tutti: l’Apfelstrudel o strudel di mele, delizia di pasta sfoglia che comunemente associamo al periodo natalizio, ancor di più alle merende in rifugio da settimana bianca. Mele e uvetta appena spolverate di cannella fanno capolino dalla caldissima coperta fumante di pasta sfoglia al burro; ad accompagnarle ci sono occasionalmente frutta secca come noci e mandorle, scorza di limone o altre spezie dolci.
A Vienna troviamo altre versioni di questo dolce: il Topfelstrudel, con impasto a base di quark, e il meno conosciuto ma interessantissimo Millirahmstrudel, ripieno di pane inzuppato nel latte, tuorlo d’uovo, burro, vaniglia, crema, quark e uvetta. Carboidrati burrosi ripieni di carboidrati burrosi. Che bontà. Qualsiasi sia la sua forma, su una cosa siamo d’accordo: la panna montata con lo strudel è la morte sua. Per confermare la nostra ipotesi, citiamo a paradigma il famoso close-up di pura suspense del film di Tarantino Inglorious basterds: quella cucchiaiata di panna densa e fatta in casa, pur se spaventosa, ci stava proprio bene.
Sachertorte
Il gran finale del nostro ricevimento danzante non poteva che concludersi con la specialità più famosa in assoluto della pasticceria viennese, la torta Sacher. Questa fettona di pan di Spagna al cioccolato attraversata da un sottile strato di marmellata di albicocche e ricoperta da una golosissima glassa al cioccolato fondente è un morso di piacere puro a cui è difficile resistere. Diffidate dalle imitazioni! La Sacher è una torta registrata due volte: come marchio Original Sacher-Torte e come Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
Inventata ufficialmente dall’allora giovanissimo (si parla del 1832) pasticcere Franz Sacher per il principe Von Metternich presso cui prestava servizio, la torta non ebbe un successo immediato. Fu piuttosto Eduard, il figlio di Franz, che ultimò la ricetta coronando la Sacher a dolcezza iconica nel suo Hotel Sacher. L’albergo a 5 stelle è in funzione dal 1876 e ancora oggi è l’indirizzo obbligato per assaggiare la fetta fra il paradisiaco e il peccaminoso.