Se nel corso degli ultimi vent’anni il classico “Sabato sera pizza?” si è trasformato nel minimalista “Sushino?”, il motivo della moda passeggera non sussiste. Il sushi giapponese in Italia e nel mondo è una preparazione ubiquitaria, apprezzatissima e, perché no, familiare. Il successo si deve a diversi fattori: proliferazione di ristoranti più o meno autentici, percezione di cibo salutare, rappresentazione pop dai manga a Jiro Dreams of Sushi.
Ma la domanda resta: che cos’è il sushi? Perché un conto è aver vagamente presente la base di riso e pesce crudo, un altro è conoscerlo in modo approfondito. Da dove arriva, come si prepara, qual è la differenza con il sashimi? E che dire delle diverse tipologie, dal nigiri al maki al chirashi? Oggi ci buttiamo a pesce nell’argomento per rispondere a tutte le domande sul roll più noto e mangiato al mondo.
Cos’è il sushi
Vi sorprenderà sapere che l’elemento chiave del sushi non è il pesce crudo, ma il riso. La parola sushi infatti denota il riso preparato con aceto, base essenziale su cui innestare gli altri ingredienti. Perché l’aceto è così importante? La risposta lunga sta nell’evoluzione del sushi in Giappone, dai proto-sushi di pesce e riso fermentato, all’archetipo moderno creato nel 1820 da Yohei Hanaya. La risposta corta è: conservazione. In assenza di ghiaccio e catena del freddo, l’aceto è indispensabile a contrastare la proliferazione batterica. Serve anche a molto altro: riduce il salato, ha effetto rinfrescante, eleva il profumo, elimina cattivi odori, armonizza i sapori.
Il sushi come lo conosciamo oggi è definito Edomae, “in stile Edo”. Questa dicitura ha un doppio senso storico e geografico: il primo nigirizushi fu perfezionato durante il periodo Edo (1603-1867) a Edo, che corrisponde alla baia di Tokyo. Definito haya-zushi, si distingueva dai suoi predecessori proprio per l’aggiunta di aceto, che ne velocizzava il processo di fermentazione. La traduzione di haya è appunto “veloce”, e non a caso il sushi dei successivi periodi Meiji e Taisho è a tutti gli effetti uno street food.
Tutto cambia negli anni Cinquanta del dopoguerra con l’arrivo della refrigerazione e l’espansione dei prodotti disponibili. Si diffondono altri stili (tra cui il maki sushi arrotolato), viene inventato il Mochikaeri-zushi o sushi take out, nascono i Kaiten-zushi serviti su nastro trasportatore. In altre parole: il sushi va di pari passo con il progresso e la globalizzazione, ed è un attimo trovarselo sotto casa. Anche prepararselo ovviamente, grazie alla disponibilità degli ingredienti. Ecco i principali:
- Shari: riso per sushi di varietà Japonica a grano corto. Le più utilizzate sono Koshihikari (la stessa degli onigiri giapponesi), Tsuyahime, Hitomebore, Sasanishiki.
- Awasezu: mix di aceto di riso, sale e zucchero da irrorare sul riso cotto nel vassoio in legno (sushi oke). Serve ad aromatizzarlo, diminuire la viscosità, prevenire la formazione di muffe.
- Nikiri: blend di salsa di soia per sushi. Si realizza con shoyu o tamari (gluten free), mirin (vino di riso dolce), sake. Può essere applicata sul boccone dallo chef o messa a disposizione per inzuppare.
Differenze tra sushi e sashimi
Ai meno ferrati sulla cucina nipponica potrebbe capitare di confondere sushi e sashimi. Così come è normale aspettarsi che un giapponese non sappia perfettamente riconoscere i cappelletti dai tortellini. Dunque, che cos’è il sashimi e quali sono le differenze con il sushi? Partiamo dalla terminologia: la parola sashimi si riferisce esclusivamente al pesce crudo. Letteralmente significa “corpo perforato” che rende perfettamente l’idea di freschezza (il pesce appena pescato) e di stile di preparazione che si basa sul taglio a coltello.
Il pesce crudo giapponese si divide in sashimi e otsokuri. Non è solo una differenza di terminologia geografica (il primo nella regione Kanto, il secondo nel Kansai) ma anche di preparazione. L’otsokuri include quasi esclusivamente pesce bianco e viene tagliato più sottile in senso diagonale simile, se volete, al nostro crudo di pesce. Il sashimi usa una varietà più ampia di pesce (su tutti il tonno) e ha un taglio spesso di forma rettangolare. Anche la presentazione cambia: l’otsokuri chiama il piatto piano, mentre il sashimi vuole la scodella e una serie di contorni tsuma e ken (alga, erbe aromatiche, verdure pungenti) che contrastano in sapore e consistenza.
A differenza del sushi dunque, il sashimi non include mai riso. A sua volta, il sushi non include sempre pesce. Ci possono essere sushi di tamago (frittata), verdure (avocado, cetriolo, kanpyo o zucca fermentata), derivati della soia (edamame, tofu). Infine, mentre il contenuto o topping del sushi può essere cotto, il sashimi è sempre crudo.
Tutti i tipi di sushi
Il sushi può avere tante forme. Arrotolato, pressato, avvolto dall’alga nori, con topping, con ripieno. Alcune tipologie sono più “tradizionali” o fedeli a certi modi di preparare il pesce prima dell’avvento del nigirizushi e della refrigerazione. Altre sono modernissime e fusion, create ad hoc per palati non solo giapponesi. Ecco quali sono tutti i tipi di sushi.
Nigirizushi
Un blocchetto di riso a forma di parallelepipedo formato dalle mani dell’itamae. Il nome giapponese dello chef di sushi si traduce letteralmente con “davanti al bancone”, per la posizione classica in cui prepara e serve di fronte ai commensali. La pallina di riso è coperta con un topping detto tane o neta, che, a seconda della tipo di pesce, costituisce le sottocategorie del nigiri. Ecco quali sono:
- Akami: pesci dalla carne rossa, normalmente serviti con taglio più spesso. I principali sono tonno (maguro), bonito (katsuo), marlin (makajiki).
- Shiromi: pesci dalla carne bianca, meno grassi dal sapore più delicato. Tra questi ricciola (kanpachi/hiramasa), halibut (hirame), orata (tai).
- Hikarimomo: pesci cosiddetti argentati, come sgombro, sardine, sillago.
- Nimono: pesci stufati (non crudi) per via della loro consistenza, come anguilla, abalone, vongole.
- Kai: molluschi apprezzati per il gusto umami, tra cui ostrica, vongola, riccio di mare (uni).
- Ika, tako: seppia e polpo, serviti bolliti, marinati o crudi.
- Ebi, kani: gambero e granchio, serviti cotti o crudi.
Chiudiamo con il gunkanmaki, sottocategoria del nigiri che significa “nave da guerra”. Venne creato nel 1941 in un sushiya (ristorante di sushi) a Ginza, Tokyo. Di base è uguale a un nigiri pressato ma, grazie all’alga nori che lo avvolge, aumenta in altezza. I topping (uova di pesce, riccio di mare, polpa di granchio) vengono posizionati sopra in modo da nascondere completamente il riso.
Makizushi
Corrisponde al sushi arrotolato e comprende un vastissimo gruppo di sottocategorie. Tutte includono il zenkei o foglio di alga nori, usato per avvolgere il riso ed esaltare sapore e consistenza. I makizushi si dividono a seconda della grandezza e del modo in cui l’alga viene avvolta. Ecco i principali:
- Hosomaki: rotoli stretti di circa 80 grammi di riso. I ripieni possono essere di pesce o vegetariani, ad esempio cetriolo, avocado, daikon o natto fermentati.
- Chumaki: rotoli di spessore medio con un doppio/triplo ripieno.
- Futomaki: rotoli larghi dal peso complessivo di 250-300 grammi. Un roll tipico è goshu-goshoku (5 ingredienti, 5 colori) e può includere pesce, funghi shiitake, kanpyo, tamago, spinaci.
- Temaki: rotolo a mano di forma conica realizzato avvolgendo un intero foglio zenkei. Si prende dalla punta e si mangia rigorosamente con le mani.
- Saikumaki: rotolo decorativo disposto in modo da creare forme (fiori, stemmi familiari) e fantasie cromatiche.
Sushi roll
Rotolo fusion ispirato a tecniche nipponiche con sapori occidentali. Il primo fuori dal Giappone venne realizzato negli anni ’60 a Los Angeles, con conseguenze epocali per il consumo e concetto di sushi nel mondo. Basti pensare che al pronunciare la parola sushi, i giapponesi pensano subito al nigiri, noi al roll. Questi sushi vengono anche chiamati uramaki, letteralmente “rotolo alla rovescia”. Qui infatti l’alga nori avvolge il ripieno, mentre il riso si trova all’esterno. Ecco alcuni esempi:
- Philadelphia roll: con salmone affumicato, formaggio spalmabile, avocado, asparago.
- California roll: con surimi, avocado, cetriolo, sesamo, tobiko o uova di pesce.
- Spider roll: con polpa di granchio fritto e cetriolo con topping di maionese.
- Rainbow Roll: con avocado, salmone, tonno, ricciola, avocado a formare i colori dell’arcobaleno.
Chirashizushi
Il cosiddetto “sushi sparpagliato” viene servito in scodella su base di riso per sushi, topping di pesce e verdure. Attenzione a non confonderlo con il kaisen donburi o ciotola di riso al pesce: in quel caso la base è semplice gohan (riso bianco) senza aceto. In Giappone le due scuole di pensiero sul chirashi corrispondono a quelle per il sashimi. Ecco le principali differenze:
- Kanto-chirashi: anche detto bara-chirashi, contiene pesce marinato, bollito, stufato, condito (soprattutto salsa di soia e wasabi). Il chirashi è un piatto unico che, a differenza dei singoli nigiri, può essere avanzato o portato via. Per questo motivo non viene mai pesce crudo.
- Kansai-chirashi: anche detto bara-zushi, ha come ingrediente principale le verdure (funghi, fagiolini, alghe). Il pesce più usato è polpo o gambero bollito, e può includere anche tamago e fermentati.
Inarizushi
Il sushi di Inari conta soltanto due ingredienti: shari e tofu fritto. Questo piatto sembrerebbe risalire al periodo Edo, ma le sue origini non sono chiare. Nel folklore giapponese Inari è il dio delle colture, simile alla Cerere della mitologia romana. Le sacche (aburaage) di tofu che avvolgono il riso sono una tradizionale offerta alle statue di volpe, accompagnatrici del dio e ghiotte di questo alimento. Le tipologie di sushi Inari si distinguono principalmente per la forma: triangolo, involtino, aperto (con topping), a balla di fieno.
Narezushi
Corrisponde al sushi maturato attraverso il processo di fermentazione e maturazione di riso e pesce, realizzato unicamente con il sale. Il prefisso nare deriva dal periodo Nara (710-794) e fa riferimento a certi proto-sushi delle origini che, per motivi di conservazione, escludevano il pesce crudo. Il processo può durare dagli otto mesi ai due anni, con fermentazione anaerobica che coinvolge batteri lattici e acetici. Il sapore è molto intenso e pungente, simile al garum di pesce dell’antica Roma. Il più famoso narezushi oggi è il funazushi di Shiga, preparato con carpa del Lago Biwa.
Sushi e benefici per la salute
Per capire se e quanto il sushi sia effettivamente un alimento salutare, occorre considerare non solo il pezzo di riso e pesce, ma anche cosa ci sta intorno. A parità di pezzi, il nigiri sarà molto meno calorico di un California Roll ad esempio. La differenza sta nei topping e salse di accompagnamento, che a loro volta significano più sale, più grassi, più calorie.
Inoltre occorre considerare la qualità degli ingredienti: un pesce azzurro è più indicato di un pesce a carne rossa, sia per quanto riguarda la componente grassa, sia per il rischio aumentato di ingerire metalli pesanti. La preferenza dunque deve andare a pesce di stagione, locale, e preferibilmente non di allevamento. Senza contare che l’onnipresente salmone non è mai stato incluso fra i pesci tipici del sushi giapponese tradizionale.
Posti tutti questi distinguo, quali sono i benefici del sushi? È considerato un alimento completo che può aiutare nella perdita di peso. Contiene carboidrati, proteine e grassi omega 3. Importantissimi gli ingredienti di accompagnamento come zenzero, wasabi (pungenti e antinfiammatori) e alghe (ricche di calcio e drenanti). Attenzione ai soggetti diabetici o ipertesi: come abbiamo visto, il riso può contenere alte quantità di zucchero e sale. Tuttavia l’aceto può ridurre gli effetti degli stessi, sul palato e nella loro trasformazione. Da considerare roll con riso integrale, nero o rosso per aumentare la quantità di fibra e sostanze antiossidanti.