Da bambini ci hanno detto che non si fa, soprattutto in pubblico, al ristorante, a casa di amici. Poi siamo cresciuti e dopo la prima passata di pane a ripulire il piatto, non ci siamo più fermati, abbiamo scoperto di cosa siamo stati privati e abbiamo recuperato. Tra il gusto proibito della pratica in gran segreto, all’esibizionismo della performance di fronte ad un ampio pubblico, fino all’idea persino maniacale di aprire un ristorante dedicato a quest’arte, ecco come riconoscere in mezzo alla folla “lo scarpettatore professionista”.
— Di solito sceglie dal cestino del pane “il culaccio” (in umbro), “il culetto” (in milanese), il “tozzariello” (in napoletano), insomma la parte iniziale o finale della pagnotta.
— Seleziona il pezzo di pane perfetto, che abbia il giusto equilibrio tra crosticina e polpa. Di solito lo appoggia senza dare nell’occhio a lato del piatto, a destra. O se mancino a sinistra. Lo difende fino alla morte da possibili attacchi laterali.
— È attento a lasciare in fondo al piatto un’abbondante quantità di intingolo.
— Ordina al ristorante anche in base alla scarpettata finale.
— Sa abbinare tipologia di pane a tipologia di salsa.
— Mentre pratica, si china in avanti in un gesto di tensione amorosa verso il boccone finale.
— Non si cura degli altri, anzi si esibisce nell’arte dello scarpettare in una lotta contro la forza di gravità: quando tutti pensano che il sugo cadrà prima che lui riesca a portarlo alla bocca, lui ce la fa senza macchie.
— Scarpetta in ogni dove, lui intuisce una potenziale scarpetta dove gli altri vedono un piatto vuoto.
— Riconosce gli amici di brigata da lontano, da come si preparano a quell’ultimo sublime pezzo di pane reinterpretato.
— A volte divaga e cede all’arte dell’immersione, inzuppando il tozzo di pane dentro la pentola del sugo, nel vasetto della maionese o in altri lussuriosi condimenti.
Qui invece la mia personale classifica della scarpetta perfetta:
1. L’olio del condimento dei pomodori in insalata.
2. Uova fritto (meglio se con tartufo annesso).
3. Il ragù alla fine delle tagliatelle all’uovo.
4. L’olio nuovo in fondo al piatto della bruschetta all’aglio.
5. Verdure al funghetto (zucchine, melanzane) o caponata in genere.
6. La salsina del maialino al latte.
7. Il pesto che condiva le trenette.
8. Alla fine dell’insalata greca in un misto di pomodoro, feta, cipolla.
9. Nel sauté di vongole e cozze.
10. Quel che resta di salsiccia polenta e sugo.
10 bis. (non ce la faccio a lasciarlo fuori) L’olietto misto a limone e prezzemolo del carciofo alla romana.
Posso conoscere la vostra classifica?
[Crediti | Immagine: Flickr/Jarsh]