Vado a Barcellona. Condizione non negoziabile vedere El Bulli. Da fuori però, come sanno gli adepti niente prenotazione, niente tavolo. Non a caso parliamo del ristorante migliore del mondo ormai da 5 anni. Quello che a dispetto del menù da 230 euro vini esclusi, usa una lotteria interna per spalmare su 8.000 coperti il milione di richieste che riceve ogni anno. Chi c’è stato, racconta di una cucina spaziosa e pulita, silenziosa e quasi inodore dove lavorano decine di cappelli bianchi, sempre calmi e concentrati. E’ lì che il catalano Ferran Adrià, riconosciuto da critici e colleghi come lo chef più influente del mondo da qualche generazione, esercita la sua magia.
La scena non si esaurisce con El Bulli, da San Sebastian a ovest a Barcellona a est, troviamo alcuni grandi nomi della cucina mondiale capaci di attirare turisti da ogni parte del mondo.
Tutti in deficit di clienti negli ultimi mesi.
Alcuni hanno addirittura deciso di chiudere a pranzo adesso che la luna di miele tra gli spagnoli e la pausa-pranzo è stata brutalmente interrotta dalla crisi.
Eppure nelle vie dello shopping di Barcellona la calca è quella di sempre. I segni della crisi si vedono entrando nei negozi delle grandi catene come Zara, o peggio ancora, dentro alle boutique della città vecchia deserte per ore. Oppure la recessione si legge sui giornali. Nel paese in cui mangiare fuori è un piacere profondamente radicato la spesa media per bar caffè e ristoranti nel 2009 è scesa del 5%. Ma non è che gli spagnoli abbiano smesso di mangiare fuori, scelgono posti che costano meno. Esattamente come gli italiani.
Vanno forte i Tapas Bar, El Pais gli attribuisce il 70% del fatturato nazionale, come dire che quando mangiano fuori, 7 spagnoli su 10 ne scelgono uno. Ma piacciono anche ai turisti perché costano meno dei ristoranti e attraggono più dei marchi globali del fast food. Servono cibi semplici e tradizionali in porzioni minuscole, ma da veri vincitori della crisi, sono riusciti ad attirare molti tra i più innovativi chef della città per escogitare combinazioni di ingredienti inedite ma riuscite.
Anche i consumi di vino non esenti dalla crisi.
Per alcuni dei migliori chef la soluzione è stata aprire nuovi locali. L’ispirazione viene dai bistro francesi, che offrono prezzi più bassi ma conservano lo stile dei ristoranti che piacciono alle guide. Gli spagnoli faticano ad adattarsi ai turni di servizio più brevi, un’ora striminzita, ma è la crisi bellezza, e anche i clienti devono collaborare.
In Spagna la domanda è cambiata. Ma almeno ce n’è ancora una.