Capita a tutti prima o poi, almeno così dicono, di farsi lobotomizzare dal fai da te. Chi va in loop col bricolage, chi con il patchwork, chi con il giardinaggio. Questa settimana ho partecipato al campionato facendo da me la confettura di pesche (confettura perché le marmellate si fanno solo con gli agrumi, anche se a me viene di chiamarle tutte marmellate). Avendo in casa barattoli e coperchi da sterilizzare, per fare da voi una marmellata calcolate almeno un paio d’ore. Se decidete che la frutta deve macerare, preparate la sera per la mattina o viceversa. Altro nodo da sciogliere è la quantità di zucchero, molto dipende dalla frutta che avete a disposizione. Ma entriamo nei dettagli.
PER CAPIRCI: QUANTO DURA LA COTTURA?
Stando ai testi sacri della cucina italiana, in particolare a “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, dovrei fare una specie di doppia cottura della frutta: la prima per pulire filamenti e bucce passando la purea al setaccio, l’altra con lo zucchero bianco per “confetturare”. La prova che la conserva è riuscita si chiama “cucchiaiatina”, un cucchiaino di marmellata che versato nel piatto deve scorrere lentamente. Per conservarla Artusi si serviva di carta grossa e carta oleata dei salumai, oggi per fortuna esistono altri sistemi.
Leggo di un altro metodo di cottura dal libro di Maria Teresa d’Agnolo Sponza, “Il mestolo magico“. Prima preparo uno sciroppo di acqua e zucchero (in ragione di 1:2,5) lasciandolo bollire per 10 minuti, poi unisco la frutta che cuocio per 2 ore e mezzo. Una quantità orribile di tempo! Poco pratico, e temo che una cottura tanto lunga sottragga sapore alla conserva.
Sempre sul tema della cottura, apprendo da “Marmellate. Conserve, gelatine, succhi e sciroppi” di Demetra Editore, che dovrei lasciare la frutta per 24 ore in frigo a macerare con lo zucchero, per poi cuocerla a fuoco vivo fino a quando la poltiglia diventa “trasparente”. A questo punto scolo i pezzettoni di frutta e li invaso, quindi li ricopro con lo sciroppo rimasto in pentola.
Tre libri, tre procedure diverse. Non solo, i rapporti tra gli ingredienti cambiano di molto. Dato 1 (chilo) di frutta, La scienza in cucina indica 0,8 di zucchero, Il mestolo magico 0,6 e Marmellate&Co. 0,2. Senza dimenticare che sono tutti vaghi nel suggerire di “richiudere ermeticamente o tappare”. E vi pare semplice? O cosa da fare a cuor leggero? Alla fine sono confusa, chiedo aiuto a fratello Google e trovo finalmente qualcosa di chiaro e molto interessante.
L’ANNOSA QUESTIONE DEL RAPPORTO FRUTTA/ZUCCHERO.
Marina Malvezzi, che da anni lavora con passione al sito Mangiarebene, elenca gli arnesi necessari durante la preparazione, spiegando che la frutta non andrebbe lavata perché in cottura si sterilizza, oppure quale ruolo svolge la pectina, dove si trova e come si può sostituire, quale tipo di zucchero usare e perché, come avviene la cottura della frutta, e soprattutto come sigillare correttamente i barattoli. Infine, anche una ricetta. Taglio metà della frutta e frullo il resto, poi la passo sul fuoco basso aggiungendo succo e scorza grattugiata di limone. Siccome le pesche contengono poca pectina, sostanza che permette alle marmellate di gelificare (cioè di trasformarsi in quella specie di gel che conosciamo) posso prenderla in prestito da altri alimenti che ne hanno in abbondanza tipo i limoni o le bucce delle mele. Una volta schiumato il composto che bolle, aggiungo lo zucchero continuando a cuocere a fuoco basso, alzando il gas solo quando lo zucchero si è sciolto. Per un chilo di pesche pulite uso 750 gr di zucchero.
Tagliate le pesche a cubetti, la blogger Pip di Zenzero e Cannella mette in pentola, aggiunge zucchero e cuoce subito a fuoco alto per 15 minuti, salvo poi abbassare e proseguire la cottura per un’ora, fino a che la prova piattino dia ragione del lavoro fatto. Invece, Sandra Salerno di Un tocco di zenzero, blogger e cuoca a domicilio, accorcia la cottura a 35 minuti e usa lo zucchero di canna (che Mangiarebene sconsiglia). Qui, per un chilo di pesche mondate, si usano 400 gr di zucchero bianco o 300 gr di zucchero di canna.
A riproporre la macerazione è, infine, Paola di Anice e Cannella. Dopo l’ammollo, fa ridurre in una pentola larga il liquido fuoriuscito fino a quando non si è ristretto di circa la metà. Poi aggiunge la frutta, abbassa il fuoco e lascia cuocere da un’ora a un’ora e mezza. Per un chilo di pesche utilizza 500 gr di zucchero bianco.
COME FA IL PASTICCERE GENIALE.
Per mettere ordine nel caos delle molte interpretazioni mi rivolgo al più geniale di tutti gli esperti, Corrado Assenza, il conserviere, pasticcere e chef che confeziona i gioielli del Caffè Sicilia di Noto.
Poche istruzioni, ma precise. Per prima cosa parliamo di frutta, dev’essere profumata e possibilmente presa da un contadino (ci sono andata vicino), senza pesticidi e sottratta a lunghi trasporti o depositi. Poi dev’essere matura, ovvero di una consistenza non legnosa, con la polpa che cede leggermente sotto pressione. Se necessario, lasciatela fuori dal frigo per una giornata o due, consiglia Assenza.
Lavo le pesche, le snocciolo e le sbuccio. Poi, sistemo la frutta in un tegame largo in modo che la superficie di evaporazione sia più ampia possibile. Faccio sudare la frutta a fuoco molto dolce senza superare i 75°C. Più che una classica cottura è un processo termico. Quando raggiungo la consistenza cremosa del composto il gioco è fatto. Rapporto suggerito con lo zucchero: 2-300 gr per chilo di pesche, tenendo conto della componente zuccherina del frutto che può variare molto.
LA VERSIONE DI SILVIA.
Il primo problema da risolvere era quello della frutta: tra una ricerca e l’altra avrò mangiato quasi un chilo di pesche, il che ha significato rimandare la preparazione al giorno dopo per i necessari rifornimenti. Da qui il primo consiglio: se pianificate, comprate almeno il doppio della frutta che vi serve, la consumerete comunque.
Ho tagliato i frutti in grossi pezzi messi direttamente in una pentola larga, e ho tenuto da parte le bucce. Per un chilo di pesche pulite e tagliate ho usato circa 300 gr di zucchero, versato a freddo sulla frutta. Volevo aggiungere del Fruttapec o del succo di limone, ma ho rinunciato dopo i consigli di Corrado Assenza. Quindi ho mescolato il composto e acceso il fuoco a fiamma molto dolce, lasciando andare per circa un’ora e un quarto. Alla fine la prova piattino l’ho fatta comunque, e una volta raggiunta la consistenza desiderata ho spento e lasciato assestare per 2 o 3 minuti. Quindi ho riempito i barattoli di vetro lasciando circa mezzo centimetro dal bordo, ho messo il coperchio e rigirato fino a completo raffreddamento. Se però voleste consumare immediatamente lasciatene uno da parte, da conservare in frigorifero.
Come papparsela? Pane, ricotta e marmellata, ovvio. O confettura, ma suona peggio.
LA CUCCHIAIATINA O PROVA PIATTINO.
Un metodo casalingo per capire se la marmellata è pronta consiste nel mettere un piattino nel freezer fin quando è freddo. Faccio cadere sulla superficie una cucchiaiata di composto caldo: sarà pronto quando all’inclinarsi del piattino scivolerà lentamente senza sbrodolare via. Altrimenti, se avete un bel termometro per alimenti, misurate la temperatura: quando raggiunge i 105° C la cottura è finita. Ma è meno divertente.
Qual è il vostro approccio alla preparazione fai da te delle marmellate? Vi convince la mia ricetta perfetta? Conoscevate tutti i metodi elencati? Ne usate qualcuno?
[Crediti | Link: Ibs, Hoepli, Mangiarebene, Zenzero & Cannella, Un tocco di zenzero, Anice & Cannella, Caffè Sicilia. Immagini: Silvia Fratini]