Fritta è buona pure una ciabatta. Sarà un luogo comune, ma quanto è vero! Qualunque cibo sia sottoposto a frittura prende un bel colore dorato, diventa croccante al morso ma tenero dentro, e sprigiona quel profumino così invitante…
O no? A tutti è capitato nella vita di assaggiare o (vergogna massima!) di servire cibi pallidi e mollicci, con il rivestimento che si stacca o uno sgradevole sentore di grasso bruciato.
Ecco, in quel caso, è evidente che si è sbagliato qualcosa. Friggere è facile, ma devi sapere come farlo. Senza errori. Ecco da quali errori tenerti alla larga quando prepari la frittura.
1. Non conoscere le tecniche
Ci sono due modi di friggere: in poco grasso o in tanto grasso. La prima è la tecnica che si applica alle cotolette e alle loro infinite declinazioni, dai bastoncini di pesce (sic!) alle versioni veg di melanzana o sedano rapa. Diciamo che è adatta ad alimenti larghi e/o non troppo spessi.
Quelli a bocconcini, grossomodo tondeggianti e “ciccioni”, ma anche quelli leggeri e sottili come le chips, si friggono in immersione. È il deep frying anglosassone che vale per patatine, crocchette, arancinə (qui lo schwa ci sta proprio bene! ndr), frittelle, paranza, fritture miste di mare, tempura e compagnia friggendo.
2 Sbagliare tegame
Si frigge in un grasso (quale sia, lo vediamo tra poco) e questo grasso deve essere abbondante (quanto, lo vediamo tra poco). Il recipiente adatto dipende dal tipo di frittura.
Per quella in poco grasso va bene una normale padella.
Per quella profonda tale deve essere anche il tegame: quindi, è adatta la classica padella per fritti a bordi alti, meglio ancora se con il cestello per scolare, o il wok, che grazie alla forma svasata, con base piccola e imboccatura larga, permette di usare meno grasso.
Se non hai né l’una né l’altro, piuttosto usa una casseruola.
3. Non sapere che grassi pigliare
E veniamo a lui, il grasso di frittura. Che può essere olio, ma anche burro, ma anche strutto. La discriminante non è tanto il gusto (sebbene l’olio di oliva sia più persistente e poco adatto alle preparazioni dolci) quanto la stabilità alle alte temperature, ovvero il cosiddetto punto di fumo.
Posto che si frigge a temperature che raggiungono al massimo i 180° (anche questo, lo vediamo tra poco) fra gli oli quelli che reggono bene questi gradi sono quelli ricchi di acidi grassi monoinsaturi, come l’olio di oliva a bassa acidità, quello di arachidi, quello di vinaccioli, ma anche l’olio di girasole alto-oleico (l’acido oleico è il principale fra questi grassi stabili). Reggono bene anche i grassi saturi dello strutto (anch’esso, per altro, con una buona quantità di acido oleico e di gusto neutro) e del burro purché chiarificato, ovvero privato di acqua e caseine che bruciano a temperature basse.
Non sto qui a ricordarti che i grassi animali sono da limitare ma a rassicurarti: una cotoletta fritta nel burro o una zeppola tuffata nello strutto non hanno mai ucciso nessuno.
4. Lambiccarsi sulle giuste quantità
L’ho già detto: esistono una frittura in poco grasso e una in grasso abbondante.
Nel primo caso, nella padella va circa un dito d’olio, comunque abbastanza da arrivare a metà dell’alimento, che non galleggia ma va girato, per dorare su entrambi i lati.
Nella frittura profonda parliamo di almeno 3-4 dita di grasso in cui i pezzi galleggiano e nuotano, allontanandosi dal centro verso il bordo della pentola. Pure questi pezzi andranno girati ma grazie al “tuffo” iniziale nella loro untuosa piscina iniziano a dorarsi subito anche in superficie.
5. Sbagliare temperatura
La temperatura giusta per la maggior parte delle fritture è 176°. O almeno così ho letto affermare in diverse occasioni dal maestro Iginio Massari. Con un filo di agio in più, ti consiglio un range che va dai 160° ai 180°.
Questo per alimenti pronti in pochissimi minuti, come frittelle o tempura.
La temperatura si abbassa, anche al di sotto dei 160°, in due casi.
Il primo è quello di ingredienti dai tempi di cottura lunghi, come i nuggets di pollo o le cotolette: se il grasso è rovente, brucia fuori prima che il dentro sia cotto, o viceversa dora al punto giusto ma lascia il cuore crudo.
Si parte da meno gradi anche per i cibi sottoposti a doppia frittura, come le patatine o i carciofi alla giudia, classico della cucina romanesca che vuole il primo passaggio in olio intorno ai 140°, così che cuore e foglie si inteneriscano prima di diventare croccanti al secondo giro, intorno ai 170°.
Attenzione: al di sotto di queste temperature, non friggi ma “lessi” (se mi passi il termine un po’ forzato). Il risultato sarà molliccio, pallido e inzuppato d’olio.
6. Non avere il termometro
Il discorso appena fatto regge se hai lo strumento adatto a verificare le varie temperature: un termometro da cucina costa pochi spiccioli e permette misurazioni precise.
Se non ce l’hai, vale il trucco di gettare nell’olio una goccia di pastella o una briciola di pane: se sale a galla circondata di bollicine, il grasso è caldo al punto giusto.
Se stai friggendo un cibo dai tempi lunghi, regola la fiamma abbastanza bassa: automaticamente scenderà un poco anche la temperatura.
Se dalla padella si alza un filo di fumo, hai superato il limite andando oltre i 200-210°, quelli sopportati dai grassi che ti ho consigliato e che, per la frittura, sarebbero davvero troppi.
Puoi provare a spegnere, attendere che i gradi scendano e ripartire, ma sii consapevole che il tuo olio sarà diventato poco salutare e il cibo potrebbe assumere un sapore sgradevole.
7. Lasciare roba in giro
Per roba intendo residui di pangrattato, gocce di pastella o pezzetti di carne, pesce e verdura che si sono staccati.
Se friggi (come dovresti) in più riprese, fra un turno e l’alto ripulisci con una schiumarola l’olio da tutti questi scarti che, altrimenti, finiscono per bruciare compromettendo il risultato finale.
8. Friggere tutto in una volta
Come appena detto, è sempre bene friggere in due o più riprese. A occhio, calcola che il cibo non occupi più della metà della superficie dell’olio.
Frittelle e affini devono avere lo spazio per nuotare, cotolette e simili non devono toccarsi.
Troppi pezzi in una volta abbassano la temperatura del grasso e si incollano fra loro.
9. Scolare male
Hai disposizione un sacco di utensili per scolare bene il fritto. Il cestello delle apposite padelle. La griglietta che si incastra sul bordo del wok. Il ragno, quella sorta di paletta rotonda formata da un filo di metallo che sembra, appunto, la tela di un ragno. Usali!
Meno adatte la schiumarola o la paletta forate, che hanno troppo pochi buchi per far scorrere bene via tutto il grasso in eccesso.
Piuttosto, usa una pinza, con cui afferrare i cibi e tenerli qualche istante a sgocciolare sulla padella prima di trasferirli su carta da fritti.
In mancanza di meglio la comune carta da cucina in rotolo può funzionare, ma il top è la carta marrone in fogli, che è anche tanto bella da usare per fare cartocci.
10. (Non) tenere in caldo
Ogni ricetta di fritto si conclude con: servite ben caldo. Ma quando si friggono tanti pezzi in più riprese, pronti gli ultimi i primi sono ormai raffreddati. Però, se li tieni in caldo male, per esempio coprendoli, addio croccantezza. Bel dilemma eh?
La soluzione che mi sento di consigliare è il forno, scaldato a 100° e lasciato con lo sportello aperto. Con l’accortezza di salare solo prima di servire, altrimenti si forma condensa e il fritto s’ammoscia. Che dopo tanta fatica per arrivare fin qui, sarebbe davvero un gran peccato no?