Se c’è una cosa che abbiamo imparato ad amare nel corso dell’ultimo anno e mezzo è l’autoproduzione dei beni primari. Il fai-da-te casalingo, in tempi non sospetti relegato al bricolage del sabato mattina, si è spostato in cucina con una serie di preparazioni cult, vedi pane con lievito madre e banana bread. Ma la lista di alimenti è potenzialmente infinita e comprende anche i più impensabili: il tempeh ad esempio, fermentato di soia (ma non solo) star indiscussa della dieta vegana e di quella indonesiana da cui proviene.
A differenza del tofu con cui spesso viene confuso e che peraltro della soia è un derivato per coagulazione, il tempeh è infinitamente più semplice da preparare. Indispensabile, oltre alla materia prima, è lo starter di fermentazione: le spore di Rhizopus oligosporus/oryzae – che nella ricetta originale vengono ricavate dai fiori di ibisco – sono facilmente reperibili online o in negozi biologici confezionate e pronte all’uso. Il resto lo fanno tempo, temperatura e umidità, più un pizzico di accortezza nel controllo delle variabili. L’intero processo non dura più di 48 ore, e il risultato finale sarà un panetto molto proteico, ricco di prebiotici, saporito e aromatico.
Soprattutto, creato con le vostre mani, e vuoi mettere la soddisfazione? Ecco come preparare in casa il tempeh.
Ingredienti e utensili
Chi ben comincia è a metà dell’opera! Prima di avventurarvi nelle meraviglie biochimiche dei processi fermentativi, è buona cosa assicurarsi di avere a portata di mano ingredienti e utensili adeguati.
- Legumi: esatto, legumi al plurale e senza rivendicazioni di specificità. Siamo abituati ad associare il tempeh alla soia, che peraltro è un’ottima idea visto che le spore fungine fermentative hanno la prodigiosa capacità di ridurne drasticamente anti-nutrienti come i fitati e al contempo aumentare l’assorbimento di altre sostanze. Ma il tempeh si può ricavare da tante altre fonti: ceci, piselli, fagioli, lenticchie, lupini. Di base si utilizza una sola materia prima, ma i pro possono cimentarsi con mix di semi e cereali come miglio, riso, avena, grano e segale. Tornando ai legumi, potreste voler preferire l’uso di decorticati visto che l’eliminazione della pellicina è uno dei passaggi fondamentali dopo l’ammollo. A voi la scelta, anche se maggiore il sacrificio, più grande la soddisfazione.
- Starter: il Rhizopus oligosporus è un fungo delle Mucoraceae il cui micelio dai filamenti bianchi costituisce di fatto il collante del panetto di tempeh, penetrando e avvolgendo tra di loro i fagioli. Prolifera a temperature comprese tra 29-32°C e tutto sommato agisce in modo efficace e rapido, catabolizzando lipidi e proteine contenuti nel substrato nel giro di 36-48 ore. La dose si aggira normalmente tra gli 1-2 g per chilo di substrato cotto, in ogni caso vi rinviamo alle indicazioni in etichetta.
- Agente acidificante: un altro passaggio fondamentale è l’abbassamento del pH, fattore che facilita ulteriormente inoculo e proliferazione dello starter e inibisce la formazione di batteri patogeni. Di norma viene aggiunto aceto (1 cucchiaio o 5 g/100 g) prima dell’inoculo, ma si può utilizzare anche acido lattico alimentare sciolto durante ammollo o cottura dei fagioli. Quest’ultimo favorirà la proliferazione di batteri lattici e darà al tempeh un sapore più neutro.
Di seguito un rapido elenco di utensili essenziali e optional da veri nerd della fermentazione:
- Pentola: per ammollo e cottura dei legumi;
- Contenitore: vaschette, pirofile, tupperware, ma anche sacchetti per alimenti bucati, i nostri preferiti per efficienza. L’importante è che si tratti di contenitori poco profondi (max 3-4 cm), larghi abbastanza da favorire il passaggio dell’aria ma non troppo, pena disidratazione dei fagioli;
- Incubatrice: il posto caldo e accogliente dove far riposare i panetti in fermentazione, in altre parole il forno, meglio ancora se preriscaldato, chiuso e al buio;
- Canovacci umidi: necessari per i contenitori senza coperchio, mantengono l’umidità e favoriscono le condizioni ottimali per lo sviluppo del micelio, se usati vanno controllati ogni 12 ore;
- Termometro: preferibilmente a sonda per controllare l’andamento della fermentazione, da concludere al raggiungimento di 31-32°C dopo massimo 48 ore;
- Bilancino di precisione: dedicato allo starter da usare in dosi, appunto, precisissime;
- Schiacciapatate: un aiuto in più per la decorticazione (spoiler: il metodo certosino a mano non lo batte nessuno, sorry).
1. Preparazione dei fagioli
Pronti, via. Avete scelto il tipo di fagioli, non resta che prepararli in tre fasi: ammollo, decorticazione, cottura. La prima prevede il classico bagno notturno di 8-12 ore per reidratarli, renderli più digeribili e ridurre il famigerato acido fitico che contrasta l’assorbimento di calcio e ferro. Ogni legume ha i suoi tempi, dunque consultate sempre l’etichetta. La seconda è essenziale per la penetrazione dello starter: il metodo manuale è il migliore, non ci stancheremo mai di ripeterlo, tuttavia potete affidarvi ai legumi già decorticati o chiedere l’aiuto del pubblico aka schiacciapatate. La uno, la due o la tre? Infine, ricordate sempre che non state preparando una ribollita, i legumi vi servono cotti (e dunque commestibili) ma sodi. Cottura poco più che al dente, ci siamo capiti.
2. Inoculo dello starter
Prima di spargere le spore alla Salt Bae, i legumi vanno scolati e fatti raffreddare. Distribuiteli su un piano orizzontale ricoperto di carta assorbente e attendete che la temperatura scenda sotto i 40°C. A questo punto, subito prima dell’inoculo, aggiungete l’aceto e mescolate bene. Dopodiché, a seconda della quantità di substrato cotto, aggiungete le spore e di nuovo mescolate per distribuirle in modo omogeneo.
3. Incubazione
Per la formazione dei panetti vi proponiamo la variante delle bustine per alimenti trasparenti e richiudibili con zip, dal nostro punto di vista la più semplice ed efficace anche perché vi permette un controllo visivo della fermentazione passo per passo. Vi bastano due o più buste a seconda della quantità e della dimensione delle stesse: una standard da 17,7 x 18,8 cm contiene fra i 150-200 g di tempeh. Il passaggio fondamentale è bucare le buste con uno spillo in punti equidistanti tra loro per favorire il passaggio dell’aria. Una volta riempite e sigillate, ponetele nel forno chiuso e preriscaldato a 35-40°C per una decina di minuti, successivamente spento.
4. Fermentazione
Nel calore buio e umido dell’incubatrice i vostri panetti cominceranno a fermentare. Il processo dura da 24 a 48 ore, con propagazione e compattazione del micelio e formazione di aromi secondari. Controllate i panetti ogni 12 ore: se usate contenitori ricoperti con garze abbiate cura di inumidirle se necessario, altrimenti limitatevi a fare un check con il termometro. Raggiunte le 26-32 ore infatti, il processo fermentativo inizierà a produrre calore e la temperatura interna del tempeh salirà a 26-28°C.
Quando fermare la fermentazione? Le variabili sono almeno tre: il limite di tempo (fissato a 48 ore anche se quasi sicuramente ve ne basteranno almeno dieci in meno), di temperatura interna (il tempeh è pronto a 31-32°C ) e la prova della consistenza, compatta al taglio. Inoltre, usate il naso: il tempeh possiede un aroma che ricorda noci e funghi con lieve sottofondo di ammoniaca. Ok detta così non sembra il massimo, ma fidatevi dell’odore per capire quando i vostri fagioli si saranno finalmente trasformati in un alimento ancora più prezioso dal punto di vista nutrizionale.
5. Consumo e conservazione
Una volta estratte, le mattonelle di tempeh vanno conservate in frigo in sacchetti di plastica. Consumatele entro 4-5 giorni oppure allungategli la vita con il sottovuoto (10 giorni) o il freezer. Usatele in cucina per tutte le preparazioni salate che vi vengono in mente, cotte ma anche crude: insalata di cereali, poke bowl, stir-fry con le verdure, arrosto, noodles, curry, riso saltato. Vi accorgerete, speriamo, che il tempeh è alla portata di tutti, non solo dei vegani!