Ode all’eterno secondo, il risotto. Come per la pasta o forse ancora di più, la preparazione del risotto perfetto genera non pochi grattacapi. È un’arte senza dubbio, di fine fattura, se paragonata alla preparazione di un buon piatto di pasta è persino dolce e raffinata.
Eppure se ci mettessimo intorno a un tavolo a parlare della ricetta perfetta del risotto, a partire dalla scelta del riso per arrivare fino alla mantecatura, non troveremo nessuna finezza o accordo elegante, ma legnate o schiaffi a suon di padelle di rame.
Ebbene confesserò che la mia mamma mi ha per anni “venduto” per risotto, il suo riso bollito in acqua e accompagnato da verdure varie. Solo a 19 anni, quando sono andata a vivere da sola, ho scoperto l’arcano. In sostanza sono solo 15 anni che pratico l’arte del risotto con risultati alterni.
Addentriamoci nella preparazione del risotto e discutiamo anche le minuzie per capire definitivamente come fare il risotto perfetto.
La scelta del riso
Per fare il risotto, i puristi antichi scelgono il Valone Nano, il riso semifino per eccellenza molto ricco di amido. Ottimo per i risotti, ma anche per minestre e timballi. Per i fighetti moderni esiste solo il carnaroli. Dico moderni perché è una varietà nata negli anni ’40 incrociando Lencino e Vialone e si comincia a diffondere intorno agli anni ’80.
Arborio a chi piacciono i risotti fermi e cremosi, dai chicchi arrotondati, ricchi di amilopectina.
Molti utilizzano anche il Roma, per i risotti morbidi dicono, molto spesso è utilizzato anche per la preparazione dell’abominevole sushi casalingo.
Tutto il resto è noia o errore, nel caso per esempio di risi a chicco fine e lungo come il Basmati oppure l’Originario, che conferirebbe al risotto la consistenza della pappa di Pongo Quattro, il cane di Bastianich.
Io: Carnaroli per sempre, modaiola e superficiale insomma.
Pentola di rame, padella o casseruola?
Quale contenitore scegliere per fare il risotto? Pentola di rame, vi risponderà la vostra coscienza. Padella di ferro vi dirà qualcun altro, la piccola Benedetta Parodi che risiede in ognuno di voi non avrà dubbi: padella antiaderente.
Io: faccio tutto nella casseruola di ghisa con fondo smaltato, la porto anche a dormire con me. Mi rendo conto che è un problema del tutto personale. Voi non ci fate caso, accendete un mutuo e acquistate una buona pentola di rame.
Soffritto sì o no?
Per fare il risotto la cipolla è lì che vi guarda. Vi state apprestando al taglio più sottile che l’uomo possa fare è vero? C’è chi vi dirà che non serve, chi vorrà convincervi che se anche se ne trova un pezzettino che finisce sotto i denti, mica cade il mondo.
Eppure voi, siete maniacali e chirurgici, la taglierete a pezzettini invisibili e la userete. Per quanto riguarda Cracco e lo scalogno, appellatevi al fatto che siete già molto fighi. A volte è troppo delicato davvero.
Io: piccolo maniaco del taglio fine, uso la cipolla sì. La faccio soffriggere a parte e la aggiungo a riso già tostato.
Tostare o non tostare?
Un po’ come per la reazione di Maillard, la questione della tostatura del riso è delicata, da prendersi a schiaffi intorno al famoso tavolo di discussione. Intanto riassumiamo le parti precedenti per fare il risotto perfetto: facciamo sciogliere il burro o l’olio in padella e aggiungiamo circa 60 grammi di riso per persona. Tra olio e burro parte già la prima rissa. La seconda, più violenta si accenderà quando qualcuno dal fondo della tavola oserà dire che la tostatura si esegue senza grassi. Anche lo chef Cannavacciuolo in “Cucine da Incubo” ha spesso mostrato ai poveri cuochi delle osterie in procinto di chiusura, che il riso si tosta senza né olio né burro.
In ogni caso, indipendentemente dal partito, aspettiamo che il riso cominci a fare quel prezioso rumore che il nostro orecchio fine di chef saprà riconoscere ed è fatta. È tostato.
Io: utilizzo il burro. Faccio sciogliere e tostare per pochi minuti.
Sfumare il riso
Una volta riconosciuto il momento, occorre sfumare il riso? Dipende, rispondono in coro quelli del tavolo. Vino bianco sì o no, sobbollito prima o così a freddo? I più temerari oseranno proporre delle varianti creative, che causeranno crampi e convulsioni ai tradizionalisti. Martini Dry, Whisky, però torbato per carità. Poi ci sono i puristi del “senza”, che non sfumano affatto.
Io: sfumo con un poco di vino bianco. È così pratico aprire una bottiglia e mentre si aspetta che il risotto faccia il suo corso bere tutto il resto.
Brodo o acqua calda?
Addirittura il maestro della preparazione del risotto Gualtiero Marchesi ha detto che va bene cuocere aggiungendo solo acqua calda. Eppure il risotto è materia così onesta, restituisce quello che gli si dà. Un buon brodo di carne, verdure o pesce sembra il suo naturale compagno di viaggio.
Io: utilizzo il brodo caldo, preferibilmente di verdura ma dipende da quale risotto sto cucinando. Aggiungo piano un mestolo alla volta. Gogna per la vita per chi fa intiepidire il brodo.
Girare il risotto o mangiarsi le mani
L’arte del risotto sembra essere più perversa del previsto. C’è chi gira di continuo per aiutare il chicco a sprigionare l’amido, chi lo gira un poco all’inizio e poi resta a guardare, terrorizzato dalla tenerezza dei piccoli chicchi bianchi.
Io: giro, senza troppa insistenza. Ma se il riso si attacca, mi pervadono spasmi e tic di varia natura.
L’onda finale
Il risotto non è più tale se non lo sottoponete alla famosa onda, ciò significa che la sua consistenza finale deve permettergli di fare l’onda. Anche se poi l’onda non vi riesce esattamente e in uno dei vari tentativi avrete perso metà del vostro risotto, il messaggio è: non lo fate diventare un ammasso di chicchi. Certo che dipende anche dal gusto e dalle abitudini, c’è chi lo ama cremoso e lento, chi lo preferisce leggermente meno liquido. De gustibus.
Io: mi piace cremoso, per anni mi sono arrovellata perché non azzeccavo la consistenza giusta. Ora la riconosco, senza bisogno di slogarmi un polso con la dimostrazione pratica dell’onda.
Mantecatura
Tradizionalmente, per fare la mantecatura del risotto si spegne la fiamma e si aggiungono dopo qualche minuto burro e parmigiano reggiano o grana padano. Eppure sempre il maestro dei risotti Gualtiero Marchesi consiglia “Molti si accontentano di mantecare aggiungendo un po’ di burro a fine cottura, subito dopo aver spento il fuoco.
Ma per un sapore indimenticabile, provate così: fate scaldare un po’ di aceto bianco stemperato con del vino, con il liquido così ottenuto sciogliete il burro e mantecate spostando la casseruola su una superficie resistente al calore. Mescolate il meno possibile e velocemente, con movimenti sia circolari che “a croce”. Masterchef non vi ha insegnato niente? C’è bisogno di Marchesi per dirvi come fare?
C’è anche ci vuole fare arrabbiare gli esperti del riso e manteca con l’olio extra vergine d’oliva. I tradizionalisti sono già andati via dal tavolo di discussione.
Io: per il risotto faccio la mantecatura tradizionale, burro e parmigiano reggiano. Lascio riposare 5 minuti coperto e poi servo e mangio.
Qualsiasi sia il vostro risotto, diteci come lo fate di grazia.