Eccomi in Perù a sfogliare guide per scoprire cose da fare e luoghi da vedere.
Come qualunque turista in preda a un’eccitazione smisurata metto post-it colorati sulle pagine. Annoto nomi esotici. Memorizzo immagini di paesaggi, donne con le trecce, tessuti colorati, montagne altissime, spiagge assolate.
Finalmente, sulla pagina della gastronomia locale, riconosco uno dei motivi del mio viaggio: la pianta della coca.
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Ne consigliano l’uso per combattere il soroche, il mal di montagna. Dicono sia energizzante. Un’abitudine secolare per i popoli locali.
Sarà vero? Funzionerà? Che effetto avrà? Sopravviverò?
È anche per rispondere a queste domande che ho attraversato l’oceano, sono arrivata in Perù e mi trovo a 5000 metri d’altezza.
Logico a questo punto provare la coca.
Cos’è la coca?
Il nome della classe botanica è Erythroxylon Coca. Originaria delle regioni tropicali centro e nord-occidentali dell’America del Sud, la pianta, indigena di Perù (piccola, stretta e fine, di colore chiaro, tendente al grigio verso l’estremità) e Bolivia (spessa, di colore verde scuro sul lato superiore fino a diventare giallognola verso la punta), viene coltivata anche in Cile, Colombia, Brasile, Cina, Indonesia e Madagascar a un’altezza compresa tra i 600 e i 2000 metri.
Erroneamente demonizzata perché dalle sue foglie si estrae –per raffinazione– la cocaina, la pianta della coca svolge da secoli un ruolo centrale nella vita dei popoli sudamericani e degli Inca in particolare, impiegata nei riti religiosi, per combattere fatica, dolore e stanchezza e per contrastare gli stimoli di fame e sete.
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A distanza di secoli viene usata ancora per gli stessi motivi, e la vista dei residenti che masticano e succhiano il loro boccone di foglie smetterà di farvi ridacchiare non appena arrivati in Perù.
Dimenticate quindi euforia, effetti psicoattivi e allucinazioni: il principio attivo della coca è l’alcaloide cocaina, che nelle foglie fresche si trova in quantità da un minimo di circa 0,3 a 1,5%, con una media dello 0,8%.
Percentuali da integratore energizzante, insomma.
A chi dovesse ancora sollevare dubbi va detto che, oltre all’alcaloide tanto demonizzato, la pianta contiene altri nutrienti, che la farebbero facilmente rientrare nella categoria dei superfood, protagonisti dell’onda verde che attraversa le nostre tavole: proteine, zuccheri, grassi, fibre, vitamine, oligoelementi (tra cui calcio, fosforo e ferro in quantità considerevoli).
Già nel 1975 diversi studi dell’Università di Harvard riconoscevano alla coca preziose potenzialità nutrizionali e medicinali.
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Per essere ancora più precisi, cito anche un paio di illustri sdoganamenti: quello, a metà ‘800, di Angelo Mariani, cui si deve la produzione del Vin Mariani (o Vino di Coca ottenuto lasciando macerare foglie di coca nel Bordeaux) particolarmente apprezzato in Vaticano (da Papa Leone XIII), e quello, nel 1886, di John Pemberton, farmacista cui si deve l’invenzione della Coca Cola, nata appunto come bevanda energizzante e con le foglie come ingredienti.
Come funziona e che effetti ha
1) Mi trovo adesso in uno sperduto caffè a 4990 metri di altezza. Attorno montagne e ghiacciai, davanti a me una tazza di mate fumante.
Il mate è uno dei modi di assumere la coca, quello in genere consigliato ai turisti che arrivano in Perù e che devono combattere con il soroche, il cosiddetto mal di montagna.
Mal di testa, giramenti di capo, nausea, difficoltà a respirare, affaticamento sono i temuti effetti della permanenza a quote elevate.
Il rimedio è servito in una tazza bollente dove vengono lasciate in infusione una manciata di foglie di coca, alle quali si possono aggiungere anche altre erbe: hierba luisa o muna.
Dopo qualche minuto la tisana è pronta, ben zuccherata serve ad attenuare o a dissolvere gli effetti fastidiosi dell’altitudine.
Il gusto? Molto aromatico, erbaceo e con un finale amarognolo.
2) Mi trovo adesso in un supermercato verso il lago Titicaca, a quota 3.800 metri, reparto dolciumi.
Il sacchetto che vedete contiene una manciata di caramelle di coca: il packaging è elementare, didascalico e molto verde.
Ogni caramella è incartata singolarmente: la scritta “Coca candy leaf”, affiancata da un rassicurante “helps attitude sickness”, vincerebbe il premio per la pubblicità più sintetica e onesta di sempre.
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Il mal di testa e una leggera nausea rendono l’assaggio obbligatorio: la consistenza è dura, un po’ granulosa. Il sapore è di erba, di fieno, di prato. La dolcezza è misurata.
Quello che sorprende è la rapidità degli effetti: in una decina di minuti i fastidi sono scomparsi. Inutile precisare che non si tratta di allucinazioni.
3) Mi trovo adesso sulla strada per Arequipa, in un negozio del posto a quota 3000 metri.
L’anziana signora nella foto oltre a proporre olive, paté di olive, buonissimo miele di algarrobina (simile al nostro castagno) e caramelle, vende sacchetti con foglie di coca, insieme a quello che viene chiamato “attivatore”, la sostanza che masticata insieme alle foglie consente lo sviluppo della saliva e il rilascio del principio attivo.
In questo caso si tratta di una specie di sassolino grigio fatto di stevia, utilizzata spesso come dolcificante ipocalorico naturale, e di semi di piante disidratate.
Dal sacchetto prendo 7 o 8 foglie, le arrotolo intorno al bordo del mio sassolino e poi le metto in bocca. Mastico fino a quando non rilasciano il classico sapore erbaceo e amarognolo, e comunque per una decina di minuti.
Poi ne faccio una palla che tengo tra i denti e la guancia, succhiando un po’ di succo misto a saliva ogni tanto. Dopo un po’ sputo.
Già dai primi minuti l’effetto è simile a quello di un’anestesia dal dentista. Lieve pizzicore e intorpidimento della lingua. Parlerete come chi deve farsi curare una carie, sbrodolando le parole, perdendo le consonanti: non preoccupatevi, è normale. Vi capiranno lo stesso e la vostra reputazione sarà intonsa.
L’acullico, questo il nome locale della masticazione delle foglie di coca, è il modo più comune di consumarla, il più antico e quello che ne rende immediati gli effetti: la sensazione di energia diffusa è rapidissima.
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Insomma, domanda delle domande, funziona? La risposta è sì, decisamente.
Tolti di mezzo pregiudizi e imbarazzo, restano un paio di altre cose da dire.
La prima è che la coca, oltre a essere parte integrante di un sistema culturale, è un ingrediente vero e proprio: si trasforma in farina, pane, biscotti, torte. Anche in una confettura che ho provato senza trovarla memorabile: erbaceo e amaro non si sposano bene con pane e burro.
In campo cosmetico-curativo è base per creme, dentifrici, trucchi e pomate antireumatiche.
La seconda è che, in foglie, è (ancora) considerata una droga: non si può quindi portare fuori dal paese, diversamente dal mate e dalle caramelle.
Se volete provarla, insomma, dovete consumarla in loco. Poco consigliate le battute su Pablo Escobar. Cercate piuttosto di non far raffreddare il mate, perché a 4000 metri il freddo si fa sentire.
[Crediti | Immagini: Caterina Vianello]