Cibi giapponesi da provare e come mangiarli

Cibi giapponesi da provare e come mangiarli

La cucina giapponese non si limita certamente al sushi, ormai proposto ovunque, in tutte le salse. Fra i cibi giapponesi da provare, troviamo ricette semplici e molto diverse fra loro, riproducibili anche a casa nostra, ma che ancora non hanno conquistato le folle tanto quanto il pesce crudo. Cosa possiamo mangiare o proporre a tavola, per un pasto giapponese più tradizionale? Prima di scoprire i 10 piatti tipici giapponesi imprescindibili, però, un appunto.

cucina giapponese kaiseki piatti tipici

In base alla mia esperienza in Giappone mi sono fatto un’idea, forze azzardata, sicuramente discutibile: molti pasti sono simili, in un certo senso, alla cucina israeliana o alle tapas spagnole. Certo, con differenze sostanziali per quanto riguarda gli ingredienti e, soprattuto, per la cura maniacale al servizio e alla presentazione, come nel caso della cucina kaiseki, focalizzata sulla tecncica ricercata e sull’estetica attenta nell’impiattamento, ma il servizio sotto forma di piccoli piattini, seppur non in condivisione, mi ha ricordato le tapas e alcune tradizioni mediterranee.

Tanti piccoli piatti che insieme, e soltanto tutti insieme, rappresentano la vera essenza del pasto.

Troviamo, ovviamente, anche pasti con un’unica portata, che sono però più frequenti a pranzo, come nel caso dei soba o del ramen, di uno street food o di qualsiasi piatto dal carattere più sbrigativo. Altrimenti, si tende a sfruttare molto il concetto delle piccole porzioni di verdure, legumi, pesce (carne, alcune volte), attraverso giochi di consistenze e cotture diverse, dal fermentato al cotto al vapore, fino al fritto e allo spadellato, senza naturalmente escludere alghe, radici e altri vegetali consumati a crudo e, importantissimi, i vari condimenti.

Ecco le principali preparazioni, con qualche consiglio su come mangiarle “alla giapponese”. Prima di tutto, però, puliamoci le mani con lo straccetto umido arrotolato, e prepariamoci a utilizzare le bacchette, a pasteggiare con tè verde o sakè, a sederci o inginocchiarci a terra per distruggerci qualche legamento.

Dashi

Definirlo una base della cucina giapponese è quasi riduttivo. Più che un piatto di per sé, è, appunto, una preparazione di partenza, principalmente usata per realizzare vari tipi di zuppe. Si tratta, sostanzialmente, di un brodo, che viene preparato lasciando l’alga kombu in ammollo per circa mezz’ora e cucinandola, successivamente, in una pentola d’acqua abbondante, a 60-80°C per 2 minuti e a 90°C per altri 3 minuti, senza farla bollire e facendo attenzione a rimuovere la schiumetta in superficie con un mestolo.

Una volta rimossa l’alga, dopo la seconda fase di cottura a temperatura più alta, si possono aggiungere gli shitake – per cui è generalmente previsto l’ammollo – oppure una manciata di katsuobushi – fiocchi di tonno essiccati, da noi un po’ più costosi, ma rimpiazzabili anche con altro pesce disidratato – .

fashion cucina giapponese piatti tipici

Viene utilizzato per preparare varie zuppe, come quella di miso coi pezzettini di tofu, onnipresente in ogni servizio giapponese, da quelli più informali all’alta cucina, e, soprattutto, viene sempre accompagnata da una ciotola di riso bianco – o, meno diffuso, integrale – , generalmente serviti verso la fine del pasto. Esistono moltissime varianti del dashi: ne ho assaggiata una con le vongole, per dire.

Tempura

tempura bento box cibo giapponese cucina piatti tipici

La frittura iconografica del Giappone. Riguardo alla tempura, pensate, ho assistito perfino a discussioni, tra chi la preferisce molto croccante e friabile, sia all’interno, che all’esterno – un po’ come un fritto misto italiano classico – e  chi non tollera assolutamente l’unto; secondo me, la migliore tempura è quella dalla frittura sottilissima, quasi impercettibile e dalla consistenza della verdura leggermente morbida e fibrosa; l’unto, personalmente, non mi turba più di tanto: ne ho provata una di pesce al ristorante Aoi-Marushin di Tokyo (consigliatissimo), in olio di sesamo, letteralmente intrisa d’olio, dalla consistenza decisamente mencia, poggiata sopra una ciotola di riso bianco, forse non proprio elegantissima e adatta al fine-dining, ma senza dubbio degna di nota per il suo gusto singolare; interessantissimo anche l’accompagnamento col sale al tè verde matcha, molto diffuso in Giappone.

Goma-ae

goma ae insalta contorno salsa di sesamo cucina giapponese piatti tipici

Assaggiandola occasionalmente (qualcuno sta pensando agli all you can eat? Non si fa!), non ci si rende nemmeno conto dell’importanza di questo piatt(in)o, un semplicissimo contorno di verdure cotte – che può variare dallo spinacio, alle carote, al fagiolino, fino ad altre varietà giapponesi- , accompagnate da un condimento a base di semi di sesamo, mirin, saké, salsa di soia e zucchero, da realizzarsi in un apposito mortaio giapponese, il suribachi, dalla superficie interna non liscia e con dei piccoli rilievi, che servono per ottenere una consistenza più uniforme nei pestati. L’ho sempre assaggiata fredda, ma si può consumare anche tiepida.

Daikon Oroshi

daikon oroshi cucina giapponese

Oltre alle verdure fermentate, servite ad ogni pasto, questo accompagnamento a base di daikon grattugiato (oroshi significa, letteralmente, grattugiato) è molto presente nella cucina giapponese; l’ho assaggiato, per la prima volta, come parte di un’entrèe, ad una cena di cucina kaiseki, molto elegante e in versione molto ridotta.

Ha un sapore pungente, tipo la rucola, ma dalle note decisamente più fresche. Spesso è usato come condimento, nella cucina giapponese, nelle zuppe o nei piatti a base di carne.

Tofu

È una preparazione molto nota e semplice; si ottiene dalla soia, attraverso un processo abbastanza immediato, che richiede pochi ingredienti – sale e acqua – , lo stesso da cui si produce il latte di soia, una volta separata la parte liquida da quella gelatinosa. Merita una menzione: il tofu è presente, in mille modi, nei pasti giapponesi, fritto o ricoperto da una salsa di sesamo (detto – ormai lo avrete già imparato – “goma-dofu“), ed è molto variabile, nel sapore e nel colore, a seconda dei tipi di soia utilizzati. Essendo un alimento molto neutro, è possibile arricchirlo in moltissimi modi.

tofu

Natto

natto soia fermentata

Uno dei piatti tipici più discussi – e sconsigliati – in rete. A base di fagioli di soia fermentati, il natto è ricoperto da un liquido colloso e, a dire poco, appiccicoso. Quasi ingestibile all’assaggio, dal momento che i suoi filamenti si attaccano dappertutto, dalla scodella, alle bacchette, al viso, fino ad estendersi agli indumenti. Diciamo che è curioso, assolutamente da conoscere, ma non necessariamente adatto ai nostri palati e alla nostra abilità di destreggiarsi con le bacchette di fronte ad esso.

Okonomiyaki

okonomiyaki frittata giapponese omelette street food katsuobushi fiocchi di tonno

L’omelette giapponese svuota-frigo, nonché perfetto street-food, generalmente da condividere. Avendola assaggiata in diverse città giapponesi me ne sono totalmente innamorato e, sinceramente, non mi capacito di come, almeno nella maggior parte delle città italiane, non abbia spopolato tanto quanto il sushi. Si tratta di una sorta di frittata alta e molto umida, cotta alla piastra e farcita, il più delle volte, con cavolo o gamberetti – e si presta a contenere praticamente qualsiasi cosa, benché sia triturata molto finemente. A renderla speciale sono i condimenti: viene avvolta, su un lato, da fette di pancetta e, sull’altro lato, condita con l’omonima salsa – simile ad una bbq, ma più acidula – , maionese, fiocchi di katsuobushi, alga essiccata e tritata, che a volte viene sostituita con l’erba cipollina.

Onigiri

onigiri; triangolo di riso alga giapponese

È il triangolo di riso, spesso farcito di verdure, alghe o pesce e, alle volte, ricoperto totalmente dall’alga nori. Si tratta di uno spuntino semplice e nutriente, perfetto per ogni occasione – anche a colazione – ; l’equivalente di un panino leggero o di una pizzetta più sostanziosa, per intendersi. È perfetto anche per essere inserito nella bento box, la tipica “schiscetta” giapponese.

Shabu Shabu

shabu shabu

Lo shabu shabu è un modo di mangiare la carne, come quella dei bovini wagyu (prelibatissima, morbida e particolarmente grassa) o di maiale: consiste nel servire fettine molto sottili, a crudo, da far cuocere al commensale, munito di pinze (o bacchette) e di un apposito pentolino con acqua riscaldata, contente diversi insaporitori, principalmente di alghe, verdure o funghi. La fettina deve essere passata nel brodo bollente con un gesto leggero, “shabu” da una parte e “shabu” dall’altra (per il maiale – mi hanno consigliato – meglio uno “shabu-shabu/shabu-shabu”). È perfetto da condividere, con un recipiente più grande al centro della tavola; si accompagna perfettamente alla salsa ponzu o ad altri condimenti tipici giapponesi.

Mochi

mochi dolci dolcetti giapponesi

Un dolce di farina di riso, un concentrato di glutine – in certi casi, ingoiare i mochi è quasi un’impresa- , con ripieno di frutta secca. Se ne trovano di diversi tipi, da quelli più casarecci a quelli che vengono elargiti come “regalo di benvenuto” negli hotel – altroché caramelle dure -, decisamente più facili da mangiare, dal ripieno più corposo e dalla superficie meno appiccicosa e più zuccherino, con una consistenza simile a uno gnocco di patate. Si accompagnano generalmente a una tazza di tè verde.