In fondo siamo arrivati in doppia cifra e abbiamo ancora lo zero nel numero: quindi se il Duemila – noi nerd qui dovremmo kiamarlo Y2K – faceva parte del secondo millennio, questo ‘dieci fa parte del primo decennio. Ma la parola, si sa, non sempre segue la ragione, e quando gli archeologi parleranno degli Anni Dieci intenderanno dal duemila al ‘nove. Con buona pace del secchione – chi non ne ha uno tra i suoi amici? – che la sera del 31.12.99 con il fiato spezzato, le gote paonazze e gli occhi a palla continuava a starnazzare Quanto chiasso per un Ultimodellanno come un altro, il millennio finisce l’anno prossimo!
Abbiamo visto da poco che un cuoco può diventare un’attrazione, addirittura una rock star: Alvin Leung sul palco di Identità Golose con il suo Condom commestibile non aveva meno forza comunicativa di un Robin Williams, e con i suoi lunghi sorsi di Amarone non era meno maledetto di un bel Lou Reed d’annata.
E’ una visione nuova del cuoco, che accetta e cavalca la sua formidabile carica mediatica e interpreta finalmente un personaggio: da un lato completando la auspicabile separazione tra il suo ruolo e la sua persona, dall’altra trasferendo su un piano anche intellettuale la sua opera creativa.
Enrico Crippa – su quello stesso palco – stava dipingendo con il cibo, e questo bastava per comunicare un potente ventaglio di sensazioni alle centinaia di persone presenti. Non meno di un trio d’archi o di una performance di Imogen Heap. Che il piatto fosse buono lo si dava per scontato, come si dà per scontato che un pittore informale sappia – volendo – disegnare una copia dal vero iperrealista.
Ora manca solo l’ultimo passo della concettualizzazione gastrofisica: dopo che Basquiat ci ha liberati dalla bellezza nel senso di grazia, e Stockhausen emendati dalla piacevolezza intesa come armonia, ora attendiamo il cuoco che finalmente ci liberi dall’obsoleto concetto di “bontà” inteso come delizia, e ci porti altrove. Magari con una cucina che diventi spettacolo sensoriale e pentadimensionale. Che cucini tra i tavoli interagendo con l’avventore, infine che il cliente stesso diventi parte di una rappresentazione, il vero protagonista della più effimera delle arti.
Siamo pronti per la cucina transumanista in stile Johnny Mnemonic più che Blade Runner: la cucina degli anni dieci…