Era la vigilia di Natale e, poco prima di sedermi a tavola per il cenone, ho sentito lo chef del 2011, Carlo Cracco, pronunciare queste parole durante lo speciale Masterchef di Cielo TV: “Nella cottura di una bistecca il segreto è la reazione di Maillard. La carne va cotta prima ad alte temperature per chiudere i pori e non preservare i succhi, poi a temperature più basse”.
I carnivori attenti avranno notato che qualcosa non torna, una leggenda metropolitana, diciamo l’equivalente gastronomico della signora che asciuga il gatto nel forno a microonde. Esporre la superficie di una bistecca ad alte temperature, prima di completare la cottura, la sigilla e la mantiene più succosa. Anche Carlo Cracco ha abbracciato questo mito.
Andiamo con ordine.
Il termine inglese “searing” (più o meno “cauterizzazione”) indica la cottura della superficie del cibo ad alte temperature e per tempi brevi. Oggi lo userei, se non urta troppo i puristi della lingua italiana, perché più diffuso internazionalmente. Il primo a mettere in dubbio la capacità di sigillare del searing è Harold McGee, scienziato, e autore di libri sull’approccio scientifico alla cucina, che hanno avuto grande influenza su chef tipo Heston Blumenthal del celebre ristorante britannico The Fat Duck. McGee fa risalire questa connvinzione al 1850 e a Justus von Liebig, il padre del famosissimo dado. Intuitivamente, e senza per forza aver letto McGee, qualche domanda possiamo farcela. La bistecca non ha pori, la pelle li ha. Allora, esattamente, cosa dovrei chiudere?
Sono molti i blog e siti specializzati che segnalano questa leggenda. Lo ha fatto anche bbq4all.it, sito italiano di riferimento per gli amanti del barbecue. Molte di queste fonti citano il suddetto McGee oppure, non spaventatevi, i Myth Smashers di Good Eats, un programma della Tv americana Food Network, che hanno smantellato il mito (posso dire debunkato?) cucinando due bistecche, una seared e l’altra no. Non sono riuscito a vedere il programma ma un fan ha trascritto l’episodio (che bello, in rete esiste sempre qualcuno più nerd di te). Dopo la cottura, la bistecca cauterizzata ha perso il 19% del suo peso, quella non il 13%. Una differenza abissale ma… il mito è infranto.
Ora però chiediamoci: se la cauterizzazione non sigilla la bistecca, cosa cambia nel modo di cucinarla? E per i comuni mortali, quanto incide quel 6% di differenza?
Non c’è che un modo per scoprirlo: ripetere l’esperimento.
Inizio con un doveroso ringraziamento a Carlo Cracco che per un giorno mi ha permesso di vestire i panni di Adam Savage, il conduttore di Mythbusters, altro celeberrimo programma, questa volta di Discovery Channel. Vediamo quindi se in una normale cucina (normale per un geek o nerd o chiamatemi come volete) si riesce a frantumare una legenda leggenda metropolitana.
Segue il paragrafo che spiega le condizioni dell’esperimento, orgoglio di qualsivoglia ricercatore perché dimostra che abbiamo pensato a tutto, almeno fino a quando qualcuno nota che ops, ci è sfuggito un particolare.
Scelgo due tagli diversi di manzo, per ognuno prendo due campioni. Un totale di 4 bistecche comprate in una nota catena di supermercati inglesi; due bistecche di filetto e due di lombo (“sirloin”, notate che i tagli sono quelli inglesi). La differenza tra i due sta nella percentuale di tessuto connettivo e di grasso, quindi potrei avere diverse perdite d’acqua. Quando ho comprato le bistecche avevano un peso simile, intorno ai 200 gr., poi le ho rifilate perché avessero lo stesso peso e uno spessore analogo.
Ecco le foto delle bistecche A, B (filetto), C e D (lombata) sulla bilancia.
Ciò che voglio misurare è solo il calo ponderale dovuto alla cottura, la bilancia usata ha l’approssimazione di un grammo.
Ho sottoposto la coppia di bistecche a un processo di due fasi. Prima il searing (circa 2 minuti), che avviene in padella con olio resistente alle alte temperature, senza aggiungere sale o pepe.
La seconda fase è comune a tutte le bistecche del test. Il calore è somministrato in forma più gentile e controllata, in forno, alla temperatura di 120°C. Vale a dire, il limite massimo entro il quale la reazione di Maillard non è significativa (ci torniamo dopo). Perché ho fatto così? Per evidenziare le differenze superficiali delle due bistecche.
La cottura si ferma quando la temperatura al cuore raggiunge i 60°C. Per la misurazione ho usato un termometro commerciale a sonda. La sonda buca la carne e facilita l’uscita dei liquidi ma è lecito assumere che l’effetto sia lo stesso per tutti i “campioni”.
Ho pesato la carne 3 minuti dopo la fine della cottura in forno. Specificarlo è importante perché la carne può perdere acqua dopo la cottura per poi riacquistarla, almeno in parte. Good Eats, il programma di Food Network, parla vagamente di alcuni minuti.
Guardiamo le foto del filetto (A e B)
Risultati piuttosto simili per la bistecca di lombo (C e D)
Ed ecco la tabella riassuntiva. Per filetto e lombata le differenze sono pari all’approssimazione dello strumento.
Cos’é successo? La bistecca A, ad esempio, appena cauterizzata, aveva gia’ una temperatura di 30°C al cuore, mentre la B partiva da 10°C. La bistecca A ha impiegato circa 7 minuti per raggiungere la temperatura di fine cottura, la B piu’ di 12 minuti. Temperatura e tempo sono le due variabili fisiche in gioco. La bistecca A è stata esposta a temperature molto piu’ alte ma per un tempo minore della B, ne risulta che la perdita di liquidi è mediamente la stessa. In percentuale sul peso iniziale, il risultato è molto simile a quello ottenuto da Good Eats, se non fosse che in quel caso, la bistecca cauterizzata aveva perso più liquidi. 5 minuti dopo ho ripesato la bistecca A che aveva rilasciato molti liquidi, risultato: 168 gr. (circa il 16% del peso perso). Il tempo è decisamente un fattore importante.
Insomma, non ci sono vantaggi nel fare searing per preservare i succhi. Sono convinto anch’io, è proprio una leggenda metropolitana. Chi, nella prova apposita di Masterchef Italia, non è andato bene, può sentirsi sollevato. Ma se non ha ragione, Carlo Cracco non ha neanche torto. Finora infatti, abbiamo parlato solo di pesi e non di aspetto e sapore.
Siamo tutti d’accordo, credo, che l’aspetto del filetto A è più appetitoso del B. E voi, servireste un pezzo di muscolo disidratato come la lombata D? E ora passiamo al sapore.
Non abbiamo ancora parlato della prima affermazione di Cracco, che non é una leggenda metropolitana ma pura verità. La chiave del sapore della bistecca è la famosissima reazione di Maillard, una reazione tra aminoacidi e zuccheri dei tessuti per cui questi si ricombinano in composti dal nome esotico e piuttosto soporifero, creando sapori nuovi oltre che un bel colore brunito. Il problema di questa reazione è che necessita di molta energia per essere attivata, e avviene in quantità percettibili ad almeno 120°C.
Il searing non sigilla ma è la chiave per migliorare il sapore. Infatti, per poter finalmente mangiare i campioni B e D, ho scelto di applicare quello che si chiama “reverse searing” , ovvero, cauterizzare dopo la cottura in forno. Tecnica che ci consegna una crostina più croccante rispetto alla cottura diretta, se non altro perché viene meno il rammollimento del vapore nella succesiva cottura a bassa temperatura.
Ok, appurato che Cracco ha diffuso una leggenda metropolitana (ma aveva ragione sulla cosa che più conta, cioè il sapore) e avendo dato libero sfogo alla mia passione per il geeky cooking, cos’ho capito? Cosa cambia nel modo in cui, da ora in poi, cucinerò la carne?
Con un po’ di curiosità e pazienza (e invitati che finiscono i “campioni” cucinati) i miti che circolano sulla preparazione dei cibi possono essere messi in discussione da tutti, senza avere un laboratorio. Chissà quante leggende metropolitane avranno sciorinato Parodi & Clerici in anni di ricette in TV?
Cambierò il modo di cucinare una bistecca? A parte l’interesse per il reverse searing direi poco, ma potrò sempre bullarmi di aver debunkato (ecco, l’ho detto) Carlo Cracco.
[Crediti | Link: Wikipedia, The Fat Duck, Bbq4all, Good Eats, Discovery]