Indovinello: è un fiore, ha le spine, si vende a mazzi e ha un profumo inconfondibile. La maggioranza direbbe subito “rosa”. Voi invece, fedeli lettori di Dissapore, avete capito subito che stiamo parlando del carciofo. Il singolare però stavolta non basta: di tipi di carciofi infatti ne esistono a decine, distribuiti in tutta l’area del Mediterraneo. Meglio mettersi comodi perché l’elenco è lungo.
La pianta del Cynara scolymus appartiene alla famiglia delle Asteraceae – la stessa di lattuga, tarassaco, camomilla e cardo per citarne alcuni – ed è originaria del Medioriente, in particolare dell’Egitto dove veniva usata a scopo alimentare e fitoterapico. La parte edule è costituita dalle brattee, le foglie carnose che proteggono l’infiorescenza, e dal ricettacolo florale che tutti conosciamo come cuore.
Il carciofo in cucina presenta un doppio grado di difficoltà: oltre al fatto di doverlo pulire (niente paura, vi sveliamo come farlo senza errori), c’è prima di tutto il rompicapo di scegliere la varietà più adatta alle nostre esigenze. I tipi di carciofi variano in base al colore (verde o violetto), alla quantità di spine (spinosi o inermi) e alla stagionalità (autunnali o primaverili). Andando più nello specifico, in Italia troviamo una DOP, tre IGP e una miriade di produzioni ultra-locali, molte delle quali protette dai marchi Slow Food.
Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta e lo stesso vale per le ricette: il carciofo è molto versatile e sta bene praticamente con tutto. Ecco 22 varietà di carciofi da conoscere per sapere come gustarlo e abbinarlo al meglio.
Carciofo spinoso di Sardegna Dop
Dal 2011 la DOP del carciofo italiano è sarda. Questo esemplare dalla cima violetta ha forma tipicamente allungata, e una silhouette disegnata dalle foglie carnose di consistenza croccante. Molto profumato, il sapore è insieme dolciastro e amarognolo. Il modo migliore per gustarlo? Brasato oppure crudo in insalata.
Carciofo romanesco del Lazio Igp
L’imponente testa del carciofo romanesco (aka “mammola” o “cimarolo”) detiene un record: è infatti il primo prodotto agricolo italiano a marchio IGP, certificazione ottenuta nel 2002. Grosso, tondo e senza spine, si tratta di una varietà tipicamente primaverile da gustare (quasi) tassativamente in due classiche variazioni sul tema: alla romana e alla giudia. Voi quale preferite?
Carciofo di Paestum Igp
La seconda IGP del carciofo risale al 2004. Il tondo di Paestum ha forma sferica, compatta e senza spine: un carciofo rassicurante insomma, talmente tenero che sulle foglie più esterne si tinge addirittura di rosa. La consistenza e il sapore delicato lo rendono il candidato ideale per la parmigiana di carciofi, succulenta variante primaverile del classico estivo a base di melanzane
Carciofo brindisino Igp
Il carciofo brindisino completa il terzetto delle IGP, ottenuta nel 2011. Si tratta di una varietà invernale dalla caratteristica forma cilindrica con sfumature violacee all’esterno. Dimenticatevi i bocconi duri e “masticosi”: le foglie, dato lo scarso contenuto di fibra, sono particolarmente tenere e dolci. Da assaggiare nell’insalata di carciofi crudi: leggera, stuzzicante e, udite udite, altamente diuretica.
Carciofo violetto di Castellammare
Simile al romanesco, il carciofo di Castellammare è Presidio Slow Food. È conosciuto fin dai tempi dei Romani e da allora viene coltivato sulle pendici del Vesuvio. Nell’antichità si usava coprire la prima infiorescenza con vasetti di terracotta: così facendo il carciofo si manteneva chiaro e tenero. Ancora oggi si tratta di una preziosa primizia primaverile (perdonate l’allitterazione) da gustare preferibilmente (aridaje) alla brace.
Carciofo spinoso di Menfi
Un altro Presidio Slow Food, stavolta siciliano. Il carciofo spinoso di Menfi è un esemplare storico presente sul territorio fin dal Diciannovesimo secolo. Viene raccolto in autunno e, come si intuisce dal nome, è caratterizzato da un equipaggiamento di tutto rispetto di lunghe spine dorate. Dire che in cucina “dà un po’ di lavoro” è un eufemismo: tuttavia, la fatica è ripagata dal gusto aromatico e delicato e dalla consistenza deliziosamente croccante. Provatelo alla brace.
Carciofo bianco di Pertosa
Petrosa è un paesino in provincia di Salerno, seicento anime con un tesoro nell’orto. L’ecotipo bianco locale è un carciofo a Presidio Slow Food, varietà dalla chiarissima tintarella di luna capace di resistere alle basse temperature. Il gusto è dolce e delicato, talmente buono che si accontenta soltanto di un filo d’olio.
Carciofo di Montelupone
Un’altra chicca a Presidio Slow Food, il Montelupone è uno dei prodotti tipici della provincia di Macerata ove risponde al nome di “scarciofeno”. Difficile, anzi impossibile trovargli un difetto: non ha peli né spine, è molto saporito ed è perfetto per i sughi. Buttate la pasta, anzi i paccheri!
Carciofo violetto di Sant’Erasmo
Sull’Arca del Gusto sale un carciofo veneziano dal colore cupo e dalla forma unica, tanto che si fa fatica a distinguerlo da una rosa. Il violetto di Sant’Erasmo proviene dall’omonima isoletta lagunare, caratterizzata da terreni argillosi e salini che un tempo venivano concimati a conchiglie e gusci di granchio. Il risultato? Uno splendido esemplare viola scuro di forma allungata con foglie tenere e carnose che aspettano soltanto di essere fritte in pastella. Come dirgli di no?
Carciofo di Perinaldo
Il carciofo di Perinaldo, piccolo comune ligure in provincia di Imperia, è Presidio Slow Food. Le sue origini, secondo alcuni, sarebbero nobili, addirittura imperiali: si dice che la cultivar infatti sia stata introdotta nientemeno che da Napoleone Bonaparte. Oggi invece, leggenda vuole che si abbini alla perfezione con l’altra eccellenza locale, l’olio extravergine di olive taggiasche. Secondo il ricettario locale infine, il Perinaldo dà il meglio di sé al gratin o pastellato insieme a frittelle e frittate.
Carciofo di Macau
Si va in Francia, precisamente nella regione dell’Aquitania. Sempre a bordo dell’Arca del Gusto scopriamo il carciofo di Macau, primizia coltivata in un fazzoletto di 6 ettari. Il gusto è spiccatamente dolce: un connubio perfetto, secondo noi, per i ravioli con gli scampi, primo piatto delicato e leggero.
Carciofo astigiano del sorì
La varietà astigiana annoverata tra i Presìdi Slow Food è letteralmente baciata dal sole: il termine “sorì” infatti indica il versante collinare esposto a sud, sud-est, sud-ovest, dunque il più illuminato. Le testimonianze della sua coltivazione risalgono al dodicesimo secolo, il che ne fa un ortaggio tipico e storico che completa il terzetto insieme a cardi e asparagi. Mettetelo nel risotto o nelle lasagne e annaffiate, senza troppe remore, con un bicchiere di rosso.
Carciofo di Pietrelcina
A Pietrelcina, borgo medievale del beneventano, un carciofo fa primavera. L’ecotipo locale è una prelibatezza che si coglie fra aprile e maggio nelle caratteristiche “cimarole”, mazzetti di quattro mammarelle tenute insieme dai “vinchi”, i giunchi del vicino fiume Tammaro. Tenero, carnoso e decisamente colorato, il carciofo di Pietrelcina è un Presidio Slow Food da gustare ripieno: pane, patate, uova, cicoria e una bella spolverata di formaggio!
Carciofo della Val Stirone
Nei pressi di Salsomaggiore si staglia altissimo il carciofo della Val Stirone, varietà dell’Arca del Gusto in grado di raggiungere i 200 cm di altezza. Di forma conica e di colore verde con sfumature violacee, questo fiore dà il meglio di sé con una bella dose di olio extravergine: friggetelo, brasatelo o, ancora meglio, conservatelo in vista di un aperitivo da leccarsi i baffi.
Carciofo di Orte
Un’altra varietà di romanesco, anche il carciofo di Orte sale sull’Arca del Gusto e sbarca sulle nostre tavole, fritto, brasato oppure saltato in padella. A Viterbo gli hanno pure dedicato una torta, la cui forma ne ricorda in tutto e per tutto la testa globosa. Voi provatelo nella vignarola, la ricetta tipica laziale con fave, piselli e guanciale.
Carciofo violetto di San Luca
Questa varietà a Presidio Slow Food viene coltivata sui colli bolognesi, sì proprio loro, quelli della Vespa sfiorando i novanta. Il sapore è molto particolare: erbaceo, fresco e con retrogusto di liquirizia. Come gustarlo al meglio dunque? Noi lo vediamo bene in crema, magari abbinato al suo parente topinambur, oppure sott’olio.
Carciofo della palude Audomarois
Torniamo in Francia e spostiamoci a nord, su su al confine con il Belgio. In viaggio sull’Arca del Gusto scopriamo un carciofo rustico e resistente al freddo – ci mancherebbe con l’aria che tira sullo stretto della Manica! Secondo noi si abbina bene con le uova ripiene al salmone, proprio come nelle tipiche colazioni nordiche.
Carciofo violetto di Plainpalais
Nella Svizzera al confine con la Francia si sviluppa Plainpalais, piana fertile colonizzata a suo tempo dagli ugonotti in fuga dalle regioni francesi del sud. Qui si coltiva il carciofo violetto locale, prodotto registrato nell’Arca del Gusto che oggi rappresenta un mercato estremamente di nicchia.
Carciofo Masedu
L’Arca del Gusto salpa verso la Sardegna e ci porta nel Campidano, pianura in provincia di Cagliari. Il carciofo Masedu è la varietà senza spine facilissima da cucinare e da abbinare, letteralmente in tutte le salse. In questo caso puntiamo su quelle marine: provatelo con vongole e tagliolini, un classico rivisitato in chiave erbacea e aromatica.
Carciofo di Procida
Direttamente dalla Capitale italiana della cultura 2022, il carciofo di Procida è pronto a fare la sua parte per promuovere la cucina tipica della splendida isola al largo di Napoli. L’ecotipo è una variante del romanesco, forma tonda e dimensioni medie. La morte sua, come si dice da queste parti, è in conserva sott’olio: abbinatelo a un bianco dei Campi Flegrei per un aperitivo coi fiocchi.
Carciofo violetto di Toscana
Anche detto carciofo della Val di Cornia, il violetto di Toscana cresce sui territori costieri del litorale livornese. È caratterizzato da una “corazza” di brattee coriacee viola scuro che, andando verso l’interno, si fanno via via molto più tenere e biancastre. Anche per questa varietà tirrenica è consigliato il consumo sott’olio, stavolta con pane sciocco (sciapo) e un Maremma Doc bianco.
Carciofo violetto siciliano
Catanese, Ramacchese, Gagliardo, Niscemese, Siracusano, di Lentini, della Val di Noto: provincia (siciliana) che vai, varietà di carciofo violetto che trovi! L’isola della Trinacria è un tesoro di colori e sapori a tema carciofo. Non per niente, la Sicilia è stata il punto nevralgico della diffusione di questo ortaggio da quando gli Arabi, nel I secolo, lo reintrodussero nella penisola rendendolo più che mai popolare. Il violetto è la varietà autoctona che si ritrova un po’ dappertutto con qualche differenza ma con caratteri costanti, quali la sfumatura violacea e la forma cilindrica.