Se dico carbonara vegana, quanto mi volete bene da uno a dieci? Domanda retorica lo so: di questi tempi anche soltanto a menzionare la parola “carbonara” si rischia di pestare il merdone. In Italia la questione è sempre più controversa, polarizzante, addirittura politicizzata, come se il futuro della nazione dipendesse dall’esecuzione di un piatto. La cui ricetta peraltro è molto meno “tradizionale” di quanto ci piaccia pensare. E dunque ben vengano le varianti, a partire dalla carbonara vegana. Ma come si prepara? Nello specifico, come sostituire gli ingredienti?
Una bella sfida: a parte la pasta e il pepe, tutte le altre componenti sono di origine animale. Eppure si può, con risultati molto soddisfacenti se non tali e quali. Oggi vi spiego come sostituire guanciale, formaggio, crema e uova (colore e sapore). Infine, vi porto a Roma per consigliarvi tre indirizzi in cui assaggiarne una fatta bene. Perché se la carbonara originale non esiste, quella vegana è viva e vegeta: tocca farsene una ragione.
Guanciale
Seitan: non è l’appellativo del signore oscuro ma l’alimento proteico derivato dal glutine. Senza dubbio è la soluzione più semplice e immediata per sostituire la carne, non solo nella carbonara. Per texture e gusto infatti il seitan interpreta un assai convincente guanciale (o pancetta). In assenza del classico grasso e succo che caratterizza l’originale, l’accortezza è quella di marinarlo bene. Olio, salsa di soia (per il sale), spezie affumicate tipo paprika.
Un’alternativa è il tofu, coagulato di soia a più consistenze e gusto neutro. Per la carbonara consiglio tofu firm (più duro) croccante e saltato in padella, possibilmente già affumicato. Un trucco da avere sempre in dispensa è il liquid smoke o fumo liquido, poche gocce per un sapore intensissimo.
Il jackfruit è meno diffuso sul mercato ma altrettanto funzionale. Da cotto questo frutto esotico ha una consistenza carnosa e sfilacciata che, se marinata nel modo giusto, è tale e quale alla carne di maiale.
Chi invece proprio non vuole fare a meno della “carne”, può optare per le sempre più tecnologicamente avanzate proteine vegetali. Sebbene tendano a essere più costose e monopolizzate, riescono a riprodurne egregiamente aspetto, sapore e consistenza.
Formaggio
Che carbonara sarebbe senza una generosa spolverata di pecorino (o parmigiano o grana)? La soluzione più semplice per ovviare alla sua assenza arriva sotto forma di lievito alimentare. Da non confondere con il lievito secco o di birra, questo alimento è fra i più ricchi di proteine e un ormai sdoganato proxy del formaggio grattugiato.
Un’alternativa a livello proteico è certamente il germe di grano. Meno gustoso e di consistenza più granulosa (leggi: si scioglie con minore facilità) può incontrare il palato di chi preferisce un sapore più neutro.
Ovviamente resta la grande categoria dei formaggi vegetali. Li trovate già pronti sotto forma di grattini, grattì, vegratì anche se a mio parere vale la pena sostenere progetti artigianali e di qualità. Meglio una forma stagionata fatta bene da grattugiare e degustare, piuttosto di una busta del supermercato piena zeppa di olio di cocco e conservanti che di “verde” ha solo il greenwashing.
Crema
Qui entriamo nella questione “carbocrema”, termine raccapricciante che spero continuerà a non esistere nel vocabolario, but here we are. Parlo della sostanza della carbonara – odierna si intende, perché quella dell’altro ieri era molto più asciutta con l’uovo praticamente in frittata. Come riprodurla?
Innanzitutto con latte o panna vegetale, preferibilmente di soia visto il gusto neutro che ben si sposa al salato. Per addensarli si possono utilizzare farina di ceci o altri legumi. Un altro metodo è il silken tofu morbidissimo, che da cotto e mescolato a lungo assume la consistenza cremosa che stiamo cercando.
Oppure possiamo affidarci alla cara vecchia frutta secca, in particolare gli anacardi. Ammollati e frullati diventano una crema che ben si presta al ripieno di tortelli, condimento per verdure, strato del tiramisù o appunto sugo per la pasta.
Uova (colore)
Fra tutti i prodotti animali l’uovo è senza dubbio il più difficile da riprodurre. Si può imitarne l’aspetto ad esempio, ma gusto e consistenza sono ben altra faccenda. Iniziamo dalla parte facile, ovvero dal colore. E qui tocca rifornire la dispensa delle spezie.
Il risultato migliore secondo me si ottiene con lo zafferano: sapore distinto ma delicato, carezzevole e facile da amalgamare, colore giallo pastello. In alternativa si può usare la curcuma, a patto però di rischiare di stravolgere la ricetta. Il suo sapore infatti è particolarmente intenso e fa più fatica a “nascondersi” tra gli altri ingredienti, specie se l’obiettivo è solo il colore. C’è da dire che in entrambi i casi si tratta di un aggiunta assolutamente superflua ma si sa, anche l’occhio vuole la sua parte.
Uova (sapore)
Faccio un piccolo inciso: non c’è bisogno che la carbonara “sappia” di uovo. Anzi, c’è chi preferisce di gran lunga il fattore consistenza, la cremosità, la parte grassa. Siamo lontani dall’uovo fritto piazzato sugli spaghetti, i gusti cambiano ed è giusto assecondarli. Quindi liberi di aggiungere o meno questo sapore.
L’unica è il kala namak, sale nero dell’Himalaya cui abbiamo dedicato un intero articolo. Una micro spolverata a fine cottura dona un inconfondibile, sulfureo, intenso sapore di uova. Fate attenzione: la differenza fra equilibrio e sopraffazione totale del kala namak sull’intero piatto si conta davvero su pochissimi granelli.
Carbonara vegana a Roma: 3 indirizzi per provarla
Cucinarla a casa è un conto, ma vuoi mettere la soddisfazione di uno spaghetto succulento ordinato al ristorante? Vi consiglio 3 indirizzi romani per assaggiare una carbonara vegana coi fiocchi. Partiamo da Nativa in zona Valle Aurelia. Qui la carbonara arriva su spaghettoni Benedetto Cavalieri, e si prepara con seitan affumicato, crema a base di silken tofu e lievito alimentare. Assente il kala namak per scelta (qui il team è “la carbonara non deve sapere di uovo”). La pasta attualmente non è in menu (torna ciclicamente a grande richiesta), ma potete assaggiarla sotto forma di arancino.
Passiamo a Rifugio Romano in zona Castro Pretorio. In questo caso la dichiarazione di intenti è quella di proporre i piatti della tradizione in chiave cento per cento vegetale. Così troviamo tutto il repertorio di amatriciana, gricia, cacio e pepe, pasta al forno, supplì, arancini, scaloppine e molto altro. Oltre ovviamente alla sempreverde e sempre in menu carbonara vegana. In questo caso vengono utilizzate proteine vegetali e crema a base di frutta secca.
Chiudiamo con Ma Va’? in zona Prati. Cucina casereccia che segue la stagione, e la carbonara si adegua. Di base servita con tofu croccante affumicato, la troviamo in primavera con le zucchine e a fine inverno con carciofi. Un piatto che non si fa troppe remore ad apparire in spaghetto quadrato (menu attuale) o in strozzapreti come la foto sopra. Ma fa niente perché ormai lo sappiamo che carbonara si inventa mentre la si fa e l’importante è che sia buona. Che je voi dì?