Per l’amante della buona cucina, ogni giorno può essere il Carbonara Day. Uova, guanciale, pecorino e pepe: pochi semplici ingredienti, una bomba di gusto. Per il purista della carbonara, d’altro canto, ogni carbonara è sbagliata, tranne la propria – e manco sempre. Ma purista de che, poi? I difensori della tradizione, della storia presunta, delle ricette “come si sono sempre fatte” sono come si dice a Napoli ciucci e presuntuosi. Arroganti, ma soprattutto ignoranti. Sempre con la bava alla bocca – ma per rabbia, non per gola – sempre pronti a farsi triggerare dal primo Gordon Ramsay che passa.
Ma soprattutto sbagliano: sono loro a sbagliare perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, la storia di ogni piatto dimostra che la ricetta “vera” non esiste, la ricetta “originale” è spesso molto diversa da quella cristallizzata in tempi moderni. La tradizione, insomma, è una continua evoluzione.
La carbonara, in questo senso, è un esempio magnifico. Innanzitutto perché un piatto spesso contrabbandato come storico, nato nella notte dei tempi (i carbonai, la carboneria e altre leggende) in realtà ha un’origine molto recente, a metà degli anni ’40 del Novecento. Un piatto considerato come “puro”, italiano anzi romano al 100%, in verità nasce da un’ibridazione sia di ingredienti che di gusti: le uova nostrane, il bacon americano.
Ma poi, perché la carbonara nella sua pur brevissima storia – parliamo di circa 70 anni, se fosse una persona oggi non avrebbe ancora diritto al vaccino – ha avuto così tante versioni, così tante vesti, quasi nessuna corrispondente al canone attuale, e anzi ognuna delle quali sarebbe in grado di far venire una sincope al purista. Preparatevi allora, perché ne vediamo qualcuna: sotto la guida del fondamentale libro di Luca Cesari, Storia della pasta in dieci piatti, che viene sempre in aiuto quando si parla di pasta e convinzioni infondate.
Tagliarini e parmigiano (1952)
Per la prima ricetta scritta della carbonara, rileva con sconcerto Cesari, non solo bisogna aspettare fino agli anni ’50, ma bisogna andare fino in America: in una guida dei ristoranti di Chicago viene citato l’italiano Armando’s e la sua “pasta carbonara”. Le particolarità sono negli ingredienti: si parla di tagliarini, quindi probabilmente pasta all’uovo, di “mezzina (italian bacon)”, di parmigiano. Per il resto non ci sono grandi stranezze, anzi il procedimento pare quello di oggi, con la pancetta soffritta a parte, solo che poi, mescolati gli ingredienti alla pasta, si fa saltare tutto in padella.
Maccheroni prosciutto e uova (1954)
In pochi anni iniziano ad apparire numerose ricette, ma sempre all’estero. Quella del ricettario Italian food, stampato a Londra, prevede una grande libertà negli ingredienti. Pasta: “qualsiasi tipologia di maccheroni, spaghetti o tagliolini” ma anche rigatoni. E poi: “ham, bacon, or coppa (italian bacon)” tagliati a fiammifero. Eresie varie anche nel procedimento: il salume è soffritto nel burro; le uova sono prima addensate in padella, fino ad avere un aspetto granuloso, e poi aggiunte alla pasta. Solo a questo punto, una spolverata di formaggio: parmigiano of course.
Vongole e zafferano (1954)
La carbonara di pesce? Orrore. E invece, antica quasi come l’originale, risale agli anni 50 anche questa carbonara del magazine Harper’s bazaar. Oltre all’uovo sbattuto e al parmigiano, si aggiungono burro (un panetto!), vongole tritate (sic) e zafferano. Attenzione però, perché tra tante stranezze, compare il pepe.
Aglio e gruviera (1954)
La prima ricetta stampata in Italia si trova sulla rivista La cucina italiana. Tutt’altro che ortodossa, con gli occhi di oggi: pancetta, ma soprattutto uno spicchio d’aglio, e come formaggio, gruviera a dadini! Pazzesco, ve’? Inoltre, il tutto va rimescolato in padella finché le uova non si rapprendano. Che vi piaccia o no, questa è la prima ricetta ufficiale della carbonara comparsa in Italia.
Il prosciutto della Merlini (1955)
Marisa Merlini, nota attrice di Pane amore e fantasia, era famosa anche per la sua carbonara: vari articoli nella seconda metà degli anni ’50, come riporta Cesari, raccontano della sua ricetta. Che aveva un protagonista indiscusso: il prosciutto (o, secondo il Corriere della sera, “giambone”).
Funghi (1958)
Di nuovo in una pubblicazione americana, ma di ricette raccolte qui (Italian bouquet, di Samuel e Narcissa Chamberlain), compaiono quelli che sono i protagonisti di una variante ormai classica worldwide: i funghi. Tagliati a fettine sottili, e fatti andare velocemente in padella con due tipi di grasso (olio e burro) e due tipi di salume (pancetta stesa e prosciutto). Almeno nuovo sbattuto è aggiunto fuori dal fuoco, ma soprattutto anche nella più eretica delle ricette si trova un barlume di Verità: per la prima volta appare, in luogo del parmigiano, il “tradizionale” formaggio pecorino.
Il cognac di Tognazzi (1964)
Mitologica, e per più di un verso, la carbonara di Ugo Tognazzi. Gran gourmet e mancato chef professionista, alla presentazione del film Marcia nuziale preparò una pastasciutta per 350 invitati all’Hilton di New York: la scelta ricadde sulla carbonara per esclusione, come racconterà nel libro L’abbuffone lo stesso attore. Ovviamente Tognazzi usò il bacon, ma non si fece mancare il prosciutto; un po’ di burro, e sopratutto tanta panna. Mescolò parmigiano con una parte di pecorino, e insaporì il tutto con peperoncino invece del pepe, e una spruzzata di cognac a crudo.
Cipolla e prezzemolo (1964)
Nel ’64 Ada Boni pubblica Il piccolo talismano della felicità, versione aggiornata del famoso ricettario. Giustamente Luca Cesari fa notare che nelle prime edizioni del libro, datate ’49 e ’50, la carbonara non compare neanche sotto un altro nome: eppure l’autrice conosceva bene e per esperienza diretta la cucina romana; se ne deduce che a quell’altezza non era ancora un piatto né tipico né diffuso. In ogni caso, la sua ricetta prevede pancetta, parmigiano, burro – e fin qui niente di inedito. Ma poi: la cipolla! Da soffriggere con la pancetta, e poi sfumare con vino bianco! Dall’altro lato, nell’uovo sbattuto oltre al formaggio e al pepe, un bel po’ di prezzemolo.
La panna di Gualtiero Marchesi (1989)
Ma non pensate che si tratti solo di curiosità storiche, di ricette ormai datate mezzo secolo addietro. Per chiudere ecco una versione ben più recente, e per di più firmata da un incontestabilmente grande chef: Gualtiero Marchesi. Sul finire degli anni ’80, guanciale e pecorino sembrano ormai entrati nel canone, e anche sui tuorli ci siamo. In compenso però, Marchesi mette il burro, e soprattutto una quantità spropositata di panna: 250 ml per 4 persone, più di 60 grammi a testa, e soprattutto una quantità quasi pari ai 320 grammi di spaghetti previsti.
Che dire? La notizia più triste, per il purista, mi sembra riguardare non tanto il passato ma il futuro. Se è vero che le carbonare dei decenni scorsi si discostano molto dal canone attuale, uno potrebbe sempre dire vabbè, sbagliavano loro: la ricetta odierna della carbonara non sarà “antica” ma sicuramente è “giusta”. Però se tanto mi dà tanto, il piatto continuerà a subire evoluzioni e varianti, che al momento non possiamo prevedere ma che sicuramente ci saranno. Possiamo solo proiettarci nella mente del gastrofissato del 2050, che riguardando vecchi blog e foto salvate dagli archeologi di Instagram, esclamerà: ma che schifezza di carbonara facevano sti trogloditi degli anni ’20?