Da giorni ho un gomitolo nello stomaco, e fino a ieri non capivo perché. Poi, ieri sera, ascoltando Alex Britti alla radio che parlava del Piccione di Vitello e dei vini veri – tu quoque? – sono stato folgorato. Corbezzoli, Bottura e la cucina molecolare, ecco il nodo! Perché noi italiani siamo così, ci innamoriamo delle parole. In periodo di alluvioni basta che i piccoli giocando alle guerre puniche nel lavello sgocciolino un po’ in giro e parliamo di *esondazioni*. Troviamo 27 euri nella tasca di dietro dei Levi’s e diciamo Amore, *il tesoretto*! Dunque ora tutta la cucina creativa è diventata *molecolare*, a partire dal cuoco Massimo Bottura che, come ognuno sa, è invece un grande alfiere della tradizione.
Lo stomaco si attorciglia e mi chiedo, ma cos’è la cucina molecolare? La prima idea che mi viene è: “La cucina molecolare sfrutta la trasformazione degli ingredienti grazie ad alterazioni fisico-cimiche”. E immediatamente penso a due alimenti tipicamente molecolari: il pane, dove la fermentazione dei lieviti trasforma la farina e l’acqua in quella roba lì. E il filetto alla griglia, in cui la famosissima reazione di Maillard ci regala la crosticina che tutti amiamo. Dunque questa definizione è incompleta, inesatta o insufficiente. Allora mi dico, vogliamo provare a costruire la prima voce del Glossario Molecolare 2.0? In palio una virile stretta di mano all’autore della definizione più azzeccata, che sarà ricordata su queste pagine ad eterna memoria.
Altrimenti ci resterà solo quella – epigrammatica – di Bigazzi: “La cucina molecolare è quella dei furboni per i coglioni con i soldi”…
[Dissapore, Trashfood, La grande abbuffata]