Il mondo di noi cuochetti si divide in due categorie: Bimby sì, Bimby manco morto (poi c’è anche quella del Kenwood, ma è un altro capitolo). Io sono stata confusa fin dall’inizio. Ammetto che le recensioni di qualche amico e alcune cene realizzate con la macchina infernale mi hanno fatto perdere il senso dell’orientamento. Comunque, della serie se non vedo non credo, un giorno chiamo la Vorwerk e chiedo la dimostrazione.
Un po’ perché finalmente avrei scoperto come accidenti si pronuncia il nome della rinomata casa produttrice, un po’ perché volevo vedere il fantomatico oggetto in azione.
Mi chiama qualche giorno dopo la signora Ornella e con tono sicuro mi ordina la lista della spesa. Faccio la brava, tiro a lucido la casa (se poi tira fuori anche il Folletto mica mi faccio trovare con i batuffoli di acari, mia madre ancora ha i traumi) faccio la spesa e con un nucleo di ospiti miscredenti invitati, l’attendo.
Ornella, cinquantenne contabile pentita riconvertita rappresentante, arriva, anche lei confusa sulla pronuncia forverk, uoruech, vorverch che alterna disinvolta.
Si mette all’opera, tira fuori l’oggetto, i cataloghi, pela una carota al secondo guardandomi negli occhi e mi parla del risparmio mensile sulla spesa. Eh sì la strategia di marketing è chiara: risparmi tempo e fatica, ti fai la doccia e il tuo risotto è già pronto, telefoni alla tua amica e lui impasta il necessario per la pizza, ti fai la ceretta e c’è il succo ace che ti aspetta.
Io la osservo come si guarda il prestigiatore che ti importuna al gioco aperitivo dei villaggi turistici. Nascondo i calli da mattarello per non mostrare le mie debolezze e l’ascolto, facendo ogni tanto domande.
Lei in men che non si dica, mi fa vedere come si fa il dado, impasta la pizza, mi fa il succo di frutta, il sugo delle tagliatelle nel quale poi annega la pasta, il gelato alla fragola, la frittata, l’impasto del babà, il brasato. Gira la rotellina, 5 secondi velocità 1, 2 minuti velocità 4 et voilà. La cena è servita. Io faccio la vaga, domando qua e là e cerco di non giudicare.
Un crampo allo stomaco quando la vedo sminuzzare la cipolla e poi via olio, burro, zafferano, riso, un po’ d’acqua nello stesso e unico contenitore. Deglutisco, ho bisogno d’aria. Dopo poco ne viene fuori il risotto.
Allora capisco che il mio senso della realtà è pari a 0 perché io prima del risotto devo decidere se cipolla sì cipolla no, carnaroli o vialone nano, brodo vegetale o leggero di pollo, burro per mantecare sì ma quale, sullo zafferano studi approfonditi.
Ma Ornella è una furia in due ore ci prepara la cena e ci fa un calcolo sul risparmio mensile.
Mentre mi appresto a deludermi, faccio un sofisticato volteggio tra le scuse che potrei avere per comprarlo ugualmente. Penso che è giusto, Ornella DEVE strabiliarmi, però io che non voglio fare il risotto mentre faccio la doccia potrei usarlo per le salse, la besciamella, etc..
Poi torno sui miei passi: buona parte del mio stipendio mensile per la maionese? E lì mi arrendo all’evidenza. Ornella, non siamo fatte l’una per l’altra. Io non voglio risparmiare tempo, io anche se di tempo ne ho poco, voglio fare il sugo di sabato pomeriggio e farlo cuocere 4 ore, io stendo la pasta a mano e come massimo obiettivo, ho quello di ereditare la spianatoia di mia nonna, che più impasti ha visto meglio è. Invecchiata come il chiodo che mettevo al liceo.
Ornella, tu sei brava, non me ne volere. Magari possiamo trattare per l’aspirapolvere?
Voi di che partito siete? Vi mando l’Ornella?
[Crediti | Immagine: Flickr/S_GHarrison]