Annuale rottamazione del lessico gastronomico nelle sue parole più respingenti, partecipate numerosi

La più caricaturale è gastrofanatico. Google addebita a Dissapore l’invenzione del vocabolo che Valerio Visintin, critico del Corriere e lessicologo virtuoso, ci chiede di buttare “in pattumiera” (“in”?) perché, più che l’intenditore con sfumature talebane evoca “una tribù di maniaci degli stomaci”. Stessa sorte per gastrofighetto, accezione griffata di gastrofanatico. Like (sta bene insomma), ma di facenti funzioni che non rendano chi le usa costantemente frustrato, scettico, genio incompreso e altri diffusi caratteri italiani ce n’è pochine. A meno di voler considerare all’altezza del compito: buongustaio, buona forchetta, mangione, o le trasposizioni internazionali foodie e gourmet.

Oggi Repubblica mette in una mappa le parole in e out secondo gli italiani. Nemmeno il lessico scampa alla fresca decimazione dei successi filoberlusconiani, infatti declinano: veline, apparire, federalismo, Padania e ops! Berlusconi. Vola invece Internet, insieme a merito (non è un caso che la rete sia il media più meritocratico), energia pulita, bene comune, partecipazione e ri-ops! Napolitano.

Ci sono parole che, tipo l’ultima legione vascorossista nel trionfante regno di Ligabue, hanno saputo ritagliarsi un’isola di sopravvivenza. Possiamo finalmente rottamarle sbarazzandocene per sempre, tanto ormai lo facciamo ogni anno. A patto di trovare valide alternative. Vediamo.

PAROLE INDIGESTE.

  • Goloso. Usato per definire un oggetto anziché l’attitudine di una persona: menu goloso, luogo goloso… Alternativa?
  • Sostenibile. Francamente insostenibile. Alternativa?
  • Materia prima. Roba che si mangia? Alternativa?
  • Coccole. Che possa marcire nell’inferno delle traduzioni ad minchiam insieme a tutti i parafernalia del connubio cibo-sfera affettiva. Alternativa?
  • Territorio/Terroir. L’equivalente di “fare sistema” nella politica: falso, banale, viscido. Alternativa?
  • Cuochini. Dispregiativo di chef oppure giovane cuoco di belle speranze, coniato dalla giornalista Ilaria Bellantoni nel libro Lo chef è un Dio. Suggerito da Valerio Visintin. Alternativa?
  • Sentore. Ancora oggi utilizzato con insostenibile frequenza dagli enomaniaci. Alternativa?
  • Stellato/Monostellato/Bistellato/Tristellato. Riconoscimenti anacronistici all’autorevolezza perduta della Guida  Michelin. Alternativa?
  • Happy hour. Non se ne può più, e si fatica a capire perché a New York significhi “paghi 1 e prendi 2” mentre a Milano “prendi 1 (con le Pringles ammuffite) e paghi 2”. Alternative?
  • Destrutturato/Scomposto. Più adatto al reparto ortopedia che a pentole e cucine. Alternative?
  • Consistenza/Gioco di consistenze. Lo ripetiamo come automi ormai, chi ascolta non lo sente più, ha smesso di comunicare. Alternativa?
  • Definitivo/di riferimento. Capito, Massimo Bernardi? Suggerito da Valerio Visintin. Alternative?

Allora, quali parole iscriviamo all’annuale rottamazione del lessico gastronomico? E come le rimpiazziamo?

[Crediti | Link: Google, Mangiare a Milano, Repubblica.it, Demos, Dissapore. Immagine Repubblica.it]