Il nero, in cucina, è un colore legato a gusti decisi. Il pepe più pungente, l’inchiostro salmastro della seppia, la buccia amara di certe melanzane. Una tavolozza sempre affascinante in cui trova posto, e anzi spicca, l’aglio nero: bulbo seducente dagli spicchi scuri, scurissimi, fondenti, zuccherini. Una bomba.
Cos’è e come si produce
La magia dell’aglio nero avviene al termine di una sorta di essicazione lenta e lunghissima: a temperature controllate, la produzione dura almeno due mesi, durante i quali i bulbi subiscono processi di fermentazione, ossidazione e, secondo qualcuno, persino Maillard. Un procedimento complesso, insomma, dal quale le bucce esterne escono asciutte e fragili e gli spicchi, da candidi, diventano scuri come la pece.
Tutte le caratteristiche organolettiche subiscono una mutazione evidente. La consistenza croccante diventa pastosa, quasi cremosa. Il gusto pungente si perde per strada. In compenso, l’aglio nero acquista le sfaccettature tipiche dei fermentati, un mix di dolcezza e umami con una punta di acidità che ricorda ora la salsa di soia, ora la liquirizia.
Per chi guarda ai valori nutrizionali, poi, la maturazione concentra le sostanze antiossidanti mentre si riduce in maniera significativa il contenuto di allicina: così, il black allium risulta decisamente più digeribile dell’aglio fresco, azzerando – tra l’altro – i noti effetti collaterali sulla freschezza dell’alito.
Da dove arriva, dove si trova (e quanto costa)
Insomma, l’aglio nero è una figata. Lo sanno i coreani, campioni di fermentazioni, che lo hanno inventato e diffuso in Oriente. Gli spagnoli, che per primi lo hanno scoperto e portato in Europa, innamorandosene all’istante. I coltivatori di Voghiera, da dove arriva la produzione DOP del nostro Paese.
Il lungo viaggio dell’aglio nero è approdato ormai anche nella Gdo più attenta, che lo espone a prezzi abbastanza popolari: siamo intorno ai 50 euro al chilo, che detta così sembra una follia ma una testa di aglio nero pesa appena una trentina di grammi per una decina di spicchi, un paio dei quali bastano a dare carattere a una salsa.
Certo, nelle gastronomie chic e negli store online le produzioni più pregiate (come il già citato Dop o le versioni bio) costano anche ben più del doppio. Ma, IMHO, sono soldi spesi bene per custodire in dispensa questa che è, a tutti gli effetti, una spezia capace di “ribaltare il risultato” (cit.) di un piatto. Tra l’altro, ha una shelf life invidiabile e se lo tieni lontano dall’umidità (mai in frigo!) dura un anno o anche più.
Vero: c’è chi, per risparmiare qualche euro, suggerisce di farselo in casa. Ma sul serio vuoi aspettare otto, dodici settimane con qualche testa d’aglio chiusa nell’essiccatore (hai l’essiccatore???) a 60° e il rischio che nel frattempo, mentre sparge i suoi olezzi tra cucina e tinello, la suddetta testa finisca per ammuffire, marcire o, nella migliore delle ipotesi, sviluppare sentori amari?
Come usarlo
Meglio, molto meglio, se perdi (meno) tempo a fare una bella pagnotta casalinga da affettare, bruschettare, oliare e cospargere di lamelle sottili, o spalmare con uno spicchio schiacciato e ridotto in purea. Più veloce ancora è saltare un paio di spicchi tritati in padella con ottimo olio e peperoncino (magari, fermentato anche questo o affumicato, come l’isot turco), per una spaghettata di mezzanotte da urlo. Attenzione solo a non bruciarlo: come anche il fresco, l’aglio nero sottoposto a temperature eccessive diventa acre.
I due esempi che ti ho fatto sono indicativi: ricorda sempre che meno lo manipoli più lo apprezzi. Così, evita di abbinarlo a sapori coprenti e usalo di preferenza a crudo come guarnizione o come aroma principale di salse ispirate all’aïoli-allioli (a seconda che tu preferisca la cucina francese o la catalana). Non “sprecarlo” in esperimenti come pesto o bagna cauda: personalmente, ci ho provato e, fatalmente, ha finito col perdersi sommerso da basilico, pecorino, acciughe.
È invece strepitoso l’abbinamento con il burro: sia freddo, “maneggiato” con prezzemolo e scorza di limone, sia fuso (magari nocciola), per mantecare un risotto semplice alla parmigiana, per irrorare un altrimenti banale filetto di pesce bianco, per rifinire col botto un’ospedaliera sogliola alla munière. Assaggialo, sperimentalo, inventalo. Fidati del nero: ti darà grandi soddisfazioni.