Non tutto dell’orribile 2016 è stato in fondo così orribile.
Infatti, i redattori che compongono la tribù di Dissapore (o meglio, quelli che non si sono resi irreperibili con la scusa di un terribile hangover) hanno faticato a limitare il loro entusiasta contributo a questa lista.
Perché andando indietro con la memoria, i bocconi provati nel 2016 che meritano una segnalazione, dalle pizze ai dolci, dai piatti raffinati allo street food, sono proprio parecchi.
Alla fine però, quasi tutti hanno dovuto restringere il campo delle preferenze a poche cose, che sono indiscutibilmente le migliori che hanno mangiato nell’anno vecchio.
Rossella Neiadin
Pizza con burrata – Pizzeria i Masanielli – Caserta
Precisamente pizza con burrata di bufala, olive nere caiazzane, capperi di Salina, ciuffetti di scarola riccia e alici di Cetara.
Anche quella con vellutata di broccoli fatta in acqua di governo di ricotta, mozzarella di bufala proveniente dal Mini Caseificio Costanzo a Lusciano e salsiccia di maialino nero. Le pizze migliori mangiate quest’anno.
Mara Pettignano
Pasta con le sarde – Trattoria Don Ciccio – Bagheria, Palermo
Tassativamente bucatini, conditi così tanto che sul fondo del piatto resta un sughino delizioso: bello prenderlo a cucchiaiate quando la pasta è finita. Variante: la scarpetta gourmet fatta col pane.
Bastano pochi euro, e un uovo sodo di benvenuto, imbavagliato come ai tempi dello svezzamento, per essere felici.
Andrea Soban
Salmone affumicato – Jolanda de Colò
Comprato per rimpinguare gli antipasti di una cena della vigilia di Natale votata al pesce, mi ha obbligato a riconsiderare l’idea di salmone affumicato che avevo impressa nella memoria. Un autentico game-chancer.
Salmone selvaggio Red King pescato ad amo, taglia, colore e consistenza che ricorderò a lungo (anche per quanto mi è costato).
Rossella Neiadin
La parte croccante della lasagna – Osteria Francescana, Modena
Le lasagne di Bottura, mangiate dalle sue manine, durante un pranzo leggendario col Boss di Dissapore. Proprio quelle del famoso video del NYT, How does it feel? La perfezione.
“E se le foto fanno schifo, ti faccio un c***o così”, mi ha detto lo chef con tanto di gestualità evocativa.
Cinzia Alfè
Torta Festivo – Pfatisch – Torino
il “Festivo” di Pfatisch, una pasticceria storica di Torino aperta ne 1915 dove ci andavano, per dire, i Savoia, il Duca d’Aosta, Pavese, e poi Mario Soldati, tutta gente così.
Il “Festivo” non è una semplice meringata al cioccolato: è una nuvola di cioccolato, è leggerissima meringa al cacao inframezzata da una ganache al cioccolato soffice e squisita. Tutto sormontato da ciuffi di cioccolato buonissimo. Non si può descrivere.
Dagli anni ’50 è sempre lo stesso dolce, e la pasticceria è ancora condotta dal nipote di uno dei proprietari originali.
Caterina Vianello
Formaggio “Capra al Traminer” – Latteria Perenzin
Prodotto nella Valle del Piave, viene lasciato nel mosto di vino per 10 giorni, e poi messo a stagionare per almeno sei mesi. Ha crosta scura con evidenti residui di uva, pasta semidura leggermente friabile, di un colore bianco avorio.
Note alcoliche, pasta leggermente piccante con una morbidezza data dal vino che domina interamente il retrogusto. Lungo l’elenco di medaglie appuntate al petto nei vari concorsi internazionali.
Nunzia Clemente
‘Mpustarella – O Sfizio d’a Notizia, Napoli
Un gioiellino di Eduardo Ore, napoletano, classe 1985, pizzaiolo, tecnico di laboratorio e nerd del pane. Circa 140 grammi, pane di una leggerezza imbarazzante, farcito con ingredienti da raffinati intenditori. Nel cuore, quella con mortadella, fiordilatte e crema di pistacchi.
Come stare a dieta e aver mangiato in realtà quasi 300 grammi di cose buonissime. Tassativa la bolla d’accompagnamento (non quella, sciocchini).
Rossella di Bidino
Vermouth Canasta Rosso
Sicuramente il Vermut Canasta Rosso provato al mercato di Madrid. Canasta, apprezzato vino dolce di Jerez, invecchia sei anni in botti di rovere. Viene poi aromatizzato con una selezione raffinata di note erbacee: fiori, frutti, radici, legno, corteccia. Delicato e eccezionalmente buono.
E se ne avete la possibilità, andate presto a La Cuite a Torino, e da Brylla a Roma.
Elena Mancioppi
Cicciolo d’oro – Campagnola, Reggio Emilia
Associazione no profit di simpatici e eunicondi signori (e anche signore) orgogliosamente emiliani che ci tengono ai prodotti del posto, quindi in pratica: al maiale e al suo grasso, poi certo anche ai tortellini e al lambrusco. In un ospitale clima di festa fanno appunto i ciccioli, sono pezzi di carne di maiale fritti nel grasso del maiale stesso, poi “spremuti”. Una sorta di chips maialosa croccante. Fantastica.
Qui sono soliti friggere anche la lonza di maiale (sempre nel grasso dello stesso) che dentro rimane tenera e fuori croccante, e non venendo spremuta conserva il grasso che fa sì che si sciolga in bocca.
Andrea Soban
Vecchio Samperi – Marco De Bartoli – Marsala
Un articolo di Dissapore che vi consiglio di leggere, mi aveva acceso la curiosità su una delle etichette imprescindibili di questa parte della Sicilia. Sopratutto sul suo fondatore, che ho poi scoperto essere l’uomo a cui si deve la rinascita del Marsala.
Una visita all’azienda agricola, con degustazione e conoscenza diretta dei figli di Marco de Bartoli mi hanno fatto innamorare perdutamente dei loro vini. Vecchio Samperi in testa
Stefania Pompele
Pizza Brontese – Lievità, Milano
Pizza Brontese integrale della pizzeria Lievità di Milano, la nuova sede in via Sottocorno 17. L’impasto è rimasto fragrante fino all’ultimo morso, il profumo del cereale non si è lasciato intimidire dalla ricca guarnizione.
La scorza del limone di Sorrento è il contrappunto fresco al boccone avvolgente, grasso/sapido.
Valentina Dirindin
Fassona al camino – Combal.Zero – Rivoli, Torino
La fassona di Davide Scabin rimane una delle cose più buone che assaggio anno dopo anno, pur non essendo una carnivora. Cubi di carne fassona, la classica panatura alla torinese con grissini e pangrattato, in questo caso aromatizzata dai fiori di camomilla.
Cottura ultimata nel forno insieme alle erbe aromatiche bruciacchiate con il cannello da cucina. Spengono l’incendio profumato i cubi di fassona poggiati sopra.
Chiara Cavalleris
Gorgonzola Formaggeria Carozzi – Pasturo, Lecco
Il fatto che il più famoso erborinato italiano occhieggi dalle vaschette di plastica di qualunque supermercato non significa che sia esente da micro-produzioni formidabili. Come quello che Achille Brusati (PV) realizza per la Formaggeria Carozzi (Pasturo, LC), vincitore del Supergold al Word Cheese Awards 2014.
Mara Pettignano
Poperings Hommel Bier – Top Beer – Catania
E’ la mia birra del 2016. Se la cava in tutte le occasioni e sempre mantenendo un fondo di eleganza. Bevuta al Top Beer è il massimo. Improbabile, spesso vuoto, è il genere di posto dove si sta bene con se stessi e gli altri.
I re del pettegolezzo gastronomico che impazza sono proprio Ciccio e Fabio, i due gestori, uno catanese l’altro romano. Stravaganti più dello stesso locale, sono in realtà dei gran sapientoni in fatto di birre artigianali.
Massimo Bernardi
Panettone artigianale – Tiri 1957 – Acerenza, Potenza
Da che parte iniziare a dirvi la meraviglia? Dalla mollica giallissima, soffice in modo vertiginoso, profumata di lievito naturale? O dalla frutta candita grossa e succosa, segno evidente che non conosce l’anidride solforosa (additivo impiegato per il mantenimento del colore)? O ancora dai colori della crosta, che attraversano tutta la scala cromatica del giallo?
E non vi ho ancora detto della lievitazione, con il panettone di Vincenzo Tiri che riempie interamente il pirottino e gli alveoli, i buchi dovuti alla fermentazione, che sono appunto buchi. Non caverne.
In senso assoluto comprarselo significa ignorare le suppliche delle nostre carte di credito, ma il numero di panettoni venduti in questi giorni dalla pasticceria della remota Acerenza –verificato di persona– rende il rapporto qualità/prezzo un concetto relativo e molto personale.
Non se la prendano i mastri pasticceri italiani ma fare di meglio sembra difficile. Sebbene Alfonso Pepe, con il panettone alle albicocche (attenzione crea dipendenza assoluta, attaccamento, vincolo affettivo), si sia avvicinato molto.
Stefania Pompele
Benvenuti al mare – Uliassi – Senigallia (AN)
Come quando un’onda ti coglie di sorpresa per la prima volta, e tu, bambino, non sai bene se piangere o aspettare la prossima. Di certo hai ridisegnato il tuo rapporto con il mare.
Del menu Lab 2016 di Mauro Uliassi ricordo soprattutto questo piatto. Non ci sono consistenze croccanti o profumi rassicuranti con cui consolarsi. C’è tutta l’intensità del mare, la sapidità, e la nota ferrosa di alcune frattaglie.
Benvenuti al mare, ragazzi, che non è sempre calmo e rassicurante.
Caterina Vianello
Kaiserschmarren – Rifugio Antelao – Sella Pradonego, Pieve di Cadore (BL)
Il miglior kaiserschmarren mai mangiato. E ne ho assaggiati diversi! E’ un tipico dolce austriaco, già noto come la frittata dell’imperatore, ha stesso impegno di un soufflé, con la chiara d’uovo montata a neve, e viene servito con le prugne brasate.
Quello del Rifugio Antelao non è troppo dolce e non ha quantità di uvetta non sconsiderata, come accade spesso (troppe non vanno bene, diventano invadenti). In compenso è spumoso e consistente al palato. Una delizia.
Nunzia Clemente
Pizza Frezzella – Concettina ai Tre Santi – Napoli
La ‘fresella’ è il pane biscottato alla napoletana, in forma di ciambella – con tanto di buco in mezzo. Giovane, entusiasta e bravo, Ciro Oliva la fa con l’impasto della pizza, cotto appena un minuto, poi adornato a fresco di ingredienti stagionali.
In genere sono pomodorini, bocconcini di bufala della Tenuta Barlotti, olive caiazzane, olio cilentano e tonno rosso di Carloforte. La madeleine delle domeniche in spiaggia con fresella e pummarole per merenda è inevitabile.
Rossella Neiadin
Gelato – Gelateria Di Matteo – Torchiara (SA)
Il gelato al cioccolato della Gelateria Di Matteo a Torchiara, quello fatto con cacao Tanzania Morogoro. C’era tutto, aroma, consistenza, persistenza e amore.
Elena Mancioppi
Cioccolato al latte – Donna Elvira – Modica
Una delle scoperte migliori del 2016. Non solo per aver sdoganato il latte nel cioccolato d’eccellenza e aver scalfito l’aura di sacralità del cioccolato serio che deve essere per forza fondente.
Ma poi il gusto, la granulosità. Ed è anche estremamente bello.