Anche quest’anno si festeggia il Carbonara Day in onore del piatto più amato di pasta più amato, replicato, strapazzato (soprattutto se lo cuocete troppo) e copiato d’Italia, più intriso di falsi miti che di tuorlo d’uovo.
Ormai la ricetta la conoscono tutti e l’impressione è che ci sia entrata nel DNA, come quei passerotti che costruiscono il nido sempre nella stessa maniera senza averlo mai imparato da nessuno. Uova, guanciale, pecorino romano e una buona macinata di pepe a condire spaghetti o rigatoni, al massimo mezze maniche. Stop. Cosa ci può essere di più tradizionale di questa manciata di ingredienti per fare un piatto antico, che più antico non si può? Sembra ancora di vedere i pastori operosi che si infilano nel tascapane il guanciale del maiale ammazzato a dicembre, le uova del pollaio e il formaggio delle pecore che portano al pascolo per prepararsi un sostanzioso piatto di pasta a fine giornata.
O forse no… Tra i tanti racconti che circolano su questa ricetta ce ne sono alcuni leggendari, altri mitici e qualcuno addirittura mitologico, ma la realtà è un po’ diversa.
Abbiamo scelto 10 falsi miti sulla carbonara per andare a sbucciarle e vedere cosa c’è sotto: voi quante ne conoscete?
La carbonara è un’antica ricetta romana
Fino al 1950 non esiste traccia nemmeno del nome di questo piatto e la prima ricetta appare nel 1952 in una guida dei ristoranti di Chicago che parla del ristorante Armando’s. Il proprietario Pietro Lencioni non era nemmeno romano, ma originario di Lucca. Mi direte, magari esisteva già prima, ma si chiamava in un altro modo. Nemmeno quello: da una parte esistevano i maccheroni “cacio e ova” che derivavano da una tradizione dell’Ottocento napoletano, dall’altra gli spaghetti conditi con strutto, guanciale e pecorino di metà Novecento, ma le due formulazioni non si erano mai incontrate prima.
Nella carbonara non ci va la pancetta, solo il guanciale
In realtà nei primi dieci anni di vita nella carbonara non è mai entrato il guanciale come ingrediente, che era tipico invece della cugina amatriciana. Probabilmente l’influenza di questa ricetta, apparsa sulla scena romana almeno mezzo secolo prima, ha fatto sì che il guanciale finisse anche dentro alla carbonara. Pancetta e bacon sono stati scalzati negli anni sessanta, ma fino alla metà degli anni ottanta molte ricette li ammettono come sostituti del guanciale.
La panna? Assolutamente no!
La prima ricetta del 1960 che introduce la panna nella carbonara è la stessa nella quale viene citato il guanciale. Da allora è stato un tripudio di carbonare con la panna e, considerato che fino alla metà degli anni novanta in molte ricette viene ancora consigliata, è certo che il tanto vituperato ingrediente sia stato utilizzato per almeno un quarto di secolo, pari a un terzo della vita totale della ricetta. Il picco è stato toccato negli ottanta, come sa bene chi li ha vissuti e il più grande chef italiano Gualtiero Marchesi ci ha lasciato una ricetta del 1989 in cui utilizza 250 grammi di panna su 320 di spaghetti, battuto solo da una ricetta francese del 1981 in cui il peso della panna è pari a quello della pasta.
Ah, ma le ricette di una volta…
«400 gr. di spaghetti, 150 gr. di pancetta, 100 gr. di gruviera, uno spicchio d’aglio, 2 uova, sale e pepe. Tritare la pancetta e tagliare il gruviera a dadolini.
Quando l’acqua alzerà il bollore versarvi gli spaghetti, rimescolare e lasciare cuocere per circa 15 minuti (a seconda della grossezza degli spaghetti) e scolarli bene; ricordare che gli spaghetti sono migliori se serviti piuttosto al dente. Versare in una scodella le uova intere, con una forchetta sbatterle come se si trattasse di una frittata. Porre a fuoco in un largo tegame la pancetta e l’aglio schiacciato (che andrà poi tolto) e lasciarla soffriggere, aggiungervi gli spaghetti, le uova, il gruviera e abbondante pepe. Rimescolare bene, continuando sino a che le uova si saranno un poco rapprese. Versare allora gli spaghetti sul piatto di portata e servire subito» Questa è ricetta degli spaghetti alla carbonara pubblicata per la prima volta in Italia su La Cucina Italiana nell’agosto del 1954. Se cercate una ricetta originale, questa è la cosa che le va più vicino. Buona fortuna.
Per l’amor di Dio, niente aglio, cipolla o prezzemolo!
Basta scorrere un po’ di vecchie ricette per accorgersi che almeno fino agli anni novanta dentro alla carbonara ci è finito un po’ di tutto. Olio e burro sono gli ingredienti più comuni, seguono a ruota aglio e cipolla, ma non mancano nemmeno strutto, vino per sfumare, prezzemolo, peperoncino e noce moscata. Ma questo è il meno perché nel 1954, lo stesso anno in cui compare la prima ricetta italiana, la rivista statunitense Harper’s Bazaar ne propone una versione con uova, parmigiano e vongole. Per ulteriore sfregio le vongole vengono tritate.
Le carbonare di fantasia le fanno solo gli ammericani
Da 1954 al 1956 i coniugi Chamberlain hanno percorso l’Italia a bordo di una Peugeot 203, armati di carta, penna e macchina fotografica, assaggiando le specialità di tutte le regioni per la rivista statunitense Gourmet . Una volta arrivati a Roma non hanno perso l’occasione di provare gli spaghetti alla carbonara del ristorante Tre scalini in piazza Navona. Il proprietario signor Ciampino ha svelato i dettagli della ricetta a base di pancetta stesa, prosciutto, funghi a fettine, pecorino e uova sbattute. Difficile dire che influenza abbia avuto questa versione, ma sta di fatto che all’estero è diventata una sorta di variante ufficiale: la «mushroom carbonara». Nella Città eterna circolava almeno un’altra ricetta, quella della romanissima attrice Marisa Merlini che cucinava i suoi bucatini con tuorli d’uovo, prosciutto San Daniele, pepe e parmigiano. Peccato che questa versione non abbia attecchito perché la troviamo estremamente elegante.
Solo pecorino, per carità!
Come il guanciale, anche il pecorino non si trova in nessuna delle ricette della carbonara per i suoi primi anni di vita, quando l’unico formaggio ammesso era il parmigiano. Ancora oggi molte ricette prevedono che si possa mescolare una parte di parmigiano al pecorino per non rinunciare alla cremosità dovuta al formaggio senza aumentare troppo la sapidità del piatto. Non è un segreto che molti grandi cuochi romani contemporanei facciano lo stesso e nessuno si è mai lamentato, anzi sono considerate tra le carbonare migliori della città.
La carbonara chiama così perché deve essere nera di pepe
Circolano molte ipotesi, ma nessuno sa con certezza quale sia l’origine del nome di questo piatto, di sicuro non esiste una sola ricetta che dica di ricoprire di pepe la carbonara, anzi in molte è appena un pizzico. Avete mai provato a fare una carbonara anche vagamente nera? Allora sapete che vi fareste venire una tendinite prima di finire di girare il macinapepe, senza contare il risultato immangiabile. Forse però un tempo i carbonari erano gialli come i Simpsons, chi lo sa.
La carbonara è stata inventata dal cuoco bolognese Renato Gualandi
In più di un’occasione pubblica il grande chef Renato Gualandi si è intestato la paternità della carbonara riferendosi a un banchetto organizzato in onore dell’ottava armata inglese e della quinta armata americana nella Riccione appena liberata. Gualandi sostiene di averla cucinata per la prima volta il 22 settembre 1944, con bacon americano, crema di latte, formaggio e polvere d’uovo. Peccato che nella sua biografia di qualche anno prima riporti il menu della stessa cena in cui compaiono ben altre portate, inoltre i soldati americani non avevano a disposizione polvere d’uovo, ma lattine con uova strapazzate e bacon. Questo è l’unico particolare interessante perché è probabile che il contenuto di quelle scatole sia stato l’ingrediente da cui è nata davvero la carbonara originale.
La carbonara si mescola nella padella fuori dal fuoco
Non proprio, soprattutto se ne state cucinando una piccola porzione e se usate anche una parte di albume, altrimenti finirete per mangiare l’uovo crudo mescolato alla pasta e al guanciale. Durante l’operazione dovete tenere un calore moderato sotto la padella e mescolare continuamente la pasta aiutandovi con poca acqua di cottura, per formare la famigerata cremina. Se avete timore di sbagliare e fare una frittata, allora potete utilizzare solo i tuorli e mescolarli direttamente nella zuppiera un po’ riscaldata. Se non vi riesce nemmeno così vi consiglio di farvi un’amatriciana.