Siete a Palermo, il caldo arabo è soffocante e si riflette nei toni dorati di tufo della Cattedrale emanando rifrazioni distorte d’aria. Vi smuovete come anguille nella calca e nei rumori del centro storico fino a sgusciare nel magma ribollente di colori e profumi del Mercato del Capo… Odori inebrianti vi scorrono addosso come acqua di sorgente, con loro visioni evocative di miraggi gastronomici, fugaci, veloci pesci argentei in quel mare. Fissate bene lo sguardo, mettete a fuoco: è lo street food palermitano, essenza del luogo e della sua gente, senso autentico dell’antropologia di una città ove, come dice Wim Wenders, come in nessun’altra si percepisce forte il senso della vita.
Ma accantonando le poesie, questo benedetto street food di Palermo bisogna sapere in cosa consista e dove provarlo: in questa guida ai 12 cibi di strada imprescindibili, vi suggeriamo una ventina di indirizzi certi.
Arancine
Un elenco sui cibi di strada palermitani non potrebbe che cominciare con loro, le regine di quel regno incantato che è la rosticceria del capoluogo siciliano.
Mi raccomando, chiamatele sempre al femminile se vi trovate in città, pena suscitare indignazione nella popolazione autoctona (che tradurrà presto il sentimento d’onta in pesanti ingiurie).
Pur rientrando in effetti a pieno titolo nel paragrafo successivo, le abbiamo proposte in una sezione dedicata sia per l’indiscutibile importanza che rivestono nel panorama gastronomico cittadino, sia perché i posti in cui vi suggeriremo di provarle sono specializzati in quest’unica preparazione; mentre quelli indicati successivamente valgono più per provare il mondo della rosticceria nel suo complesso.
Sceglietele nelle classiche versioni abburro (besciamella, prosciutto, piselli) e accarne (col ragù); o in qualsiasi variante creativa proposta da quelle che spesso sono ormai vere e proprie boutique della palla di riso farcita e fritta.
Dove provarle
Touring Cafè Beach – Viale Regina Elena 17, Mondello (PA)
Friggitoria Arianna – Via Porta Carini 51, Palermo
Sfrigola – Corso Calatafimi 11, Palermo
Rosticceria
Degni accoliti delle arancine, pronti a occhieggiare maliziosamente dalle vetrine nel tentativo di accattivarsi le attenzioni del malcapitato passante, sono i “pezzi” di rosticceria tipici della città; che per quanto abbiano casa più in bar e pasticcerie che tra i banchi dei mercati storici sono naturalmente vocati al consumo in piedi, o itinerante.
La variegata corte dei “pezzi” passa per rollò (involtini di pan brioche farciti con un würstel e ricoperti di sesamo), spitini e crostini (sorta di tramezzini fritti, i primi con ragù di carne e besciamella, i secondi con besciamella e prosciutto), pizzotti (calzoni prosciutto e formaggio conditi in cima come fossero pizzette), rizzuole e ravazzate (“brioche” farcite di ragù di carne e piselli, fritte le prime, al forno e cosparse di cimino – cioè sesamo – le seconde).
Dove provarla
Bar Massaro – via Ernesto Basile 24, Palermo
La Romanella – via Giacomo Leopardi 12, Palermo
Savoca – Via Sammartino 103, Palermo
Pane e Panelle
Entriamo in piena “quota araba” con questo prodotto da souk: golose frittelle di farina di ceci, croccanti fuori, tenere dentro. La panella perfetta è rigida e “sfoglia”, croccando leggermente al morso e mostrando solo allora, al distacco del friabile guscio esterno, la polpa cremosa. Se le panelle che vi danno sono mosce, livati manu.
Vengono generalmente servite in panini morbidi al sesamo con una spruzzata di limone, da sole o accompagnate da crocché (o cazzilli) ricchi di prezzemolo e aglio, e per i perfezionisti con una guarnitura finale di melanzane fritte (“panino triplo”).
Dove provarlo
‘Nni Francu u’ Vastiddaru – Via Vittorio Emanuele 102, Palermo
Friggitoria Chiluzzo – Piazza della Kalsa 11, Palermo
Focacceria Testagrossa – Corso Calatafimi 91, Palermo
Pani ca Meusa
Una delle preparazioni più riconoscibili e “di strada”, una delle tante legate al recupero del quinto quarto e degli scarti di macellazione che da una storia di povertà e forte dell’arte di arrangiarsi si è fatta strada fino a divenire emblema di un intero modo di intendere la vita: la palermitano way.
Milza e polmone di vitello, talvolta anche la trachea, lessati e poi rosolati nello strutto, vengono prelevati con le pinze dal calderone stagnato dove rosolano pacificamente e serviti in panini al sesamo – in versione schetta (cioè per i più europei, “single”, senza alcun accompagnamento se non una spruzzata di limone); o “maritata”, con abbondante caciocavallo grattugiato. È usanza antica e ormai per lo più relegata ad alcune realtà di paese condire il panino anche con ricotta di pecora fresca: se trovate questa versione, non lasciatevela sfuggire.
Dove provarlo:
‘Nni Nino u’ Ballerino – Corso Finocchiaro Aprile 76, Palermo
Pani ca Meusa Porta Carbone – Via Cala 62, Palermo
Rocky Basile, “Il Re della Vucciria” – Via Vittorio Emanuele 2111, Palermo
Sfincione
Una focaccia alta e soffice, condita generosamente con un topping umido e ricco che idrata e fa deflagrare ogni morso.
Non è il Paradiso ma quasi: è lo sfincione, cosparso di salsa di pomodoro, cipolle stufate, origano, caciocavallo, acciughe e pangrattato; talvolta capperi o olive.
Colazione dei campioni, merenda degli eroi o anche pranzo improvvisato mentre scarpinate tra le meraviglie normanne e barocche di Palermo, ne potrete intuire la vicinanza quando sarà preannunciato dalla tradizionale abbanniata degli ambulanti: “Io u’ pitittu ci fazzu grapiri! Cchi cyavuru! Uora u’ sfuinnavu, uora! Scassu r’uagghiu e chinu i’ pruvulazzu!” (Vi faccio aprire l’appetito! Che profumo! L’ho sfornato ora ora! È asciutto d’olio e pieno di polvere!, dice, riferendosi all’abbondanza di formaggio e pane grattugiato).
Dove provarlo:
Panificio Graziano – Via del Granatiere 11, Palermo
Panificio Tusa – Via Circonvallazione 58, Monreale, Palermo
In giro per mercati, direttamente dalle caratteristiche lape (Api Piaggio, per i non addetti) rosse
Purpu vugghiutu
È sera. Piazza Caracciolo alla Vucciria è un fiume di persone che si riversano dentro e fuori dalle taverne, al centro un banditore armeggia con pentole fumanti di stagno, di tanto in tanto estrae con un forchettone un polpo che deposita su un piatto di carta, lo taglia a grossi pezzi, ci spruzza su mezzo limone, e ve lo dà in mano. Non è un sogno distorto ma la realtà – almeno quella di qualche anno fa, quando la Vucciria era epicentro della vita notturna della città, prima che questa si spostasse dopo i vari decreti di inagibilità, i crolli e le chiusure nelle aree limitrofe del Centro.
I purpari sono una categoria speciale di venditori di cibo di strada, di quelli capaci di rendere portatile e pret à manger ciò che di norma non lo è. Nel loro lavoro, nei loro gesti, c’è tutta l’energia di Palermo.
Dove provarlo:
Tra i banchetti delle pescherie di Ballarò e del Mercato del Capo durante il giorno o, se siete fortunati, la sera in Vucciria
Da Piero – Piazza Mondello 13, Mondello (PA)
Mussu e carcagnuolu
Muso e garretto: due parti del manzo diametralmente opposte, accomunate dal solo destino di essere scarti. Analogamente allo o’ pere e o’ musso napoletano, vengono recuperati (nelle città a vocazione più spiccatamente popolare) da esperti di tagli talmente poveri che superano addirittura la classificazione di “quinto quarto”; e riarrangiati in snack o pietanze che un tempo costituivano una frazione sostanziale della dieta dei ceti più poveri.
Assaggiatelo scegliendo voi stessi i tagli, bolliti ed esposti su giganteschi blocchi di ghiaccio, poi cubettati e riarrangiati in una “cartata” con sale e limone – oltre a muso e nervetti troverete ovaie, orecchie, mascella, matrice e il famigerato “nieibbo” di manzo – oppure sistemati in insalata, già conditi con carote, sedano, olive.
Dove provarlo:
Nei mercati
Frittola
Siete al Mercato del Capo, un signore si aggira con un cesto di vimini coperto da panni, imbracciato all’ingresso del gomito: seguitelo. Quel signore vende la frittola, uno dei più estremi street food palermitani. La frittola nasce dallo scarto degli scarti, ossia dai residui di mussu e carcagnolo: grassetti, piccole cartilagini, frammenti di carne, interiora. Questi vengono raccolti e ripassati nella sugna… Poi conservati nel cestino di vimini di cui sopra. Sono coperti, si dice, proprio per nascondere il colpo d’occhio dell’insieme; non dei più invitanti…. Ma voi fate finta di niente.
Chiedete al signore una porzione: infilerà la mano (rigorosamente nuda, almeno così era prima del Covid) sotto gli stracci estraendone una pinzata unta, che arrotolerà nella classica cartata di carta oleata o spingerà a forza in un panino. Ora potete godere. Ma non prima di aver pagato e preso il resto dal signore, che sì, gestirà la cartamoneta e gli spicci con quelle stesse dita. Il vostro sistema immunitario (forse) ringrazierà.
Dove provarla
Quarume
Avete presente il lampredotto? Ecco: dimenticatelo. Il caldume, o “a’ quarume” è una versione delle trippe bovine se vogliamo super-saiyan; spinta a un livello di hardcore decisamente alto. Nel grande calderone d’alluminio che potrete scorgere, mentre borbotta, al Capo e a Ballarò sobbollono, in un brodo a base di cipolle e altre verdure, le classiche trippe (rumine, abomaso, omaso o centopelli) insieme a una serie di tagli di altra natura; come u’ zzinieru (duodeno bovino), l’uòibba, letteralmente “la cieca”, ossia appunto il primo tratto dell’intestino cieco, ‘u vurieddu ri cura e u’ cularinu, il retto e l’ano dell’animale. Se siete appassionati di questo genere di pietanze, o se per lo meno riuscite a non pensare da quali tagli provengano le carni mentre le mangiate, non perdetevelo.
Dove provarla
Mercato del Capo e Ballarò.
Rascatura
A Palermo il riciclo e il recupero gastronomico, come abbiamo visto, sono spinti alle estreme conseguenze; anche se la materia prima soggetta alle “pratiche antispreco” è già, di per sé, poverissima.
Emblema di questa attitudine è la rascatura, letteralmente “raschiatura” (dei recipienti di friggitoria), cioè una sorta di polpetta realizzata unendo i fondi d’impasto delle panelle e quelli dei crocché e friggendo poi il tutto.
Inutile aggiungere che questo “figlio spurio” dei due fritti più rappresentativi della città sia UNA BOMBA. Buon divertimento.
Dove provarla
Vedi “Pane e panelle”
Pollanca
“Signora Maria? A megghiu pollanca è chidda mia!”. “Signora Rosa? A me’ pollanca è a cchiù gustosa!”. “Signora Giovanna? A me’ pollanca è cchiù duci d’a panna!”. Il venditore di pannocchie lesse, che deliziano da generazioni i bagnanti sulle spiagge di Mondello, vanta un calendario di abbanniate capace di tirare in ballo tutti i nomi di donna presenti sul calendario, trovando una rima per ognuno. Se siete stesi al sole aguzzate le orecchie, e preparatevi a sgranocchiare del mais appena estratto dal calderone.
Dove provarla
Spiagge di Mondello
Stigghiola
Ciò che l’arancina è per il mainstream del cibo da strada palermitano, la stigghiola lo è per l’underground dalle ambizioni più autentiche: un’icona irrinunciabile. Involtino di budellino tenue d’agnello (o più raramente di vitello) lavato in acqua e sale e arrotolato attorno a un cipollotto, poi arrostito sulla griglia all’italiana su un letto di carbonella (da venditori rigorosamente ambulanti, che riconoscerete dalla colonna di fumo che arriva fino a Dio) e servito con sale e limone. Croccante, cremosa, selvatica, smoky, grassa e inevitabilmente soddisfacente; la stigghiola è forse l’epitome di tutto ciò che è palermitano racchiuso in pochi, incredibili bocconi.
Dove provarla
Stigghiolaro dell’Università, che si sistema con la sua apecross d’assalto solitamente sotto il cavalcavia all’incrocio tra Viale Regione Siciliana e Via Cesare Basile, Palermo
Stigghiolaro di via Porta Carini al Mercato del Capo
Antichi Sapori Palermitani, via Messina Marine 683, Palermo