C’è qualcosa di antico nei gesti di Toni, il frittularu, mentre fa scivolare il braccio sotto il panno a fiori adagiato sulla cesta in vimini e ne estrae una precisa dose di prelibatezze calde e croccanti, cospargendo poi il tutto con una spolverata di pepe e succo di liomne.
Ed è con orgoglio che ti porge il pacchetto fumante, formato da un semplice foglio di carta oleata da cui attingere quelle calde bontà, mentre passeggi tranquillo per le vie di Palermo.
A Palermo, la prima colazione è anche questo, o meglio, è soprattutto questo, più degli ordinari cappuccino e croissant, forse anche più della granita con la brioscia.
E’ la frittola, una specialità che si trova solo qui, in Sicilia, uno degli “street food” più antichi e apprezzati. Si tratta in pratica della carne che resta attaccata alle carcasse dei vitelli, di frattaglie che prima vengono bollite e poi abilmente fritte dal frittularo, fino a prendere consistenza e sapore simili a quelli della pelle del pollo arrosto.
Le frittole, a Palermo, sono proteine, vitamine e gusto amorevolmente cucinati in mezzo al traffico, che si possono gustare al prezzo di pochi euro.
Ma sono anche altre le calde squisitezze da far leccare i i baffi (oltre che le dita) che si mangiano in Sicilia, e che costringono a camminare quasi chini sul proprio pasto per non sporcarsi con quello squisito grasso gocciolante.
Quali ad esempio il pani câ meusa, il panino con milza di vitello e ricotta, poi ovviamente le arancine, le classiche palline di riso ripiene di ragù e piselli, o anche lo sfincione, una sorta di pizza ricca e soffice, alta e variamente condita.
Bocconi di conforto, serviti caldi caldi dalle sapiente mani dei frittulari come Toni.