Prepararsi da soli il Pisco Sour e altre cose che ho imparato nelle ultime 36 ore: dai tallarin alle cucine meticce, un estratto di curiosità sulla cucina del Perù.
La cosa più rilevante che ho imparato nelle ultime 36 ore in Perù è stata il prepararmi da solo il Pisco sour. Per questo devo ringraziare il suo inventore Victor Morris ma soprattutto la gentile Akemi, barista all’elegante Hotel B di Lima, quartiere di Barranco. In una meravigliosa casa coloniale ora c’è una boutique hotel affacciato sul mare tutto colmo d’opere d’arte. Immagino le camere siano costosette, ma il bar super chic è accessibilissimo e fanno anche delle veloci sessioni assai istruttive.
Fare un pisco sour (mediocre)
Nella fattispecie Akemi mi ha insegnato a fare il Pisco Sour, il Pisco Punch e il Capitàn. Visto che tutti vogliono bere il Pisco Sour – e a ragione, perché è buono, dissetante e dà velocemente ebbrezza -, riferisco ciò che mi ha fatto fare Akemi:
- mi ha fatto mettere in uno shaker tre once di pisco (con l’apposito misurino da due o una dose), una di spremuta di limone, una di sciroppo, 3/4 di albume, me l’ha fatto chiudere e mi ha fatto energicamente shakerare;
- mi ha fatto aprire lo shaker, aggiungere qualche cubetto di ghiaccio, me l’ha fatto chiudere ed energicamente shakerare nuovamente;
- me l’ha fatto aprire, mi ha fatto versare in una coppa filtrando il tutto con quella sorta di colino con la molla che usano i barman, e mi ha fatto aggiungere tre gocce di angostura sulla schiuma prodotta dall’emulsione dell’albume.
Cioè: avrebbero dovuto esserci tre millimetri circa di schiuma. La mia invece era sottile sottile, sarà che sono debolino. Tuttavia non mi sono rassegnato a un Pisco sour mediocre: mi son bevuto quello fatto da Akemi che era perfetto. E lei certo non può bere in servizio!
Le cucine meticce peruviane
La seconda cosa che ho imparato è che le cucine peruviane sono tantissime (come del resto quelle italiane). Ci sono quelle regionali – andina, limena, amazzonica, di Arequipa … – ma anche quelle meticce, cioè nate nei secoli dall’incontro tra la cultura peruviana e le altre che hanno traversato il paese.
La cucina nikkei
Tipo la cucina nikkei, avete presente? Quella che mette assieme Perù e Giappone e ha inventato, per dire, i maki di ceviche. Proprio ieri è cominciato qui a Lima il Festival gastronomico y cultural Nikkei Goshiso. Vi farò sapere. (PS: vorrei significare che anche una delle più grandi invenzioni della cucina peruviana – il polpo con la salsa di olive – si deve a una signora di origini giapponesi, Rosita Yimura).
La cucina criolla
La cucina criolla, quella invece nata dall’incontro tra nativi, europei e africani, me l’ha raccontata Elena Santos, figlia della mitica fondatrice del ristorante Ricon que no conosces Teresa Izquierdo. La gran parte dei piatti che stanno spopolando anche nei ristoranti peruviani in Italia sono criolli:
- la causa (il tortino di patate ripieno di pollo, o tonno, o altro, con maionese);
- il cau cau (uno spezzatino di pancia di vacca con aji amarillo, il peperoncino);
- il carapulca de chancho (maiale con aji amarillo);
- frejoles con seco (una sorta di fagiolata…).
Tutto quello che mi ha spiegato me l’ha fatto mangiare e non era poca cosa, ma per digerire mi ha offerto un picaron, un anello di pastella dolce fritto e condito con melassa: perfetto per agevolare la digestione.
La cucina chifa
La cucina chifa invece è quella nata dall’incontro tra quella peruviana e quella cinese. Di ristoranti chifa è pieno, di fatto sono ristoranti cinesi che in un secolo hanno intrecciato la propria tradizione con quella locale. Questa me l’ha raccontata Felix Loo, lo chef del famoso Madame Tusan: Madame Tusan è il ristorante chifa di Gaston Acurio, il padre della cucina peruviana contemporanea proprietario di locali a decine oltre al mitologico Astrid & Gaston. La chifa al mio palato ignorante pare cucina cinese con un non-so-che di diverso. Quello che posso dire è che è buona assai: in questi giorni mi sono sfondato di ristoranti chifa. Adoro questa capacità della cucina peruviana di incrociarsi, fossimo disponibili anche noi agli intrecci: chissà cosa potrebbe nascere tra un piatto cinese e uno italiano!
I tallarin, le tagliatelle peruviane
Una cosa che ho imparato è che qui spopolano i tallarin che si legge “tajarin” e sono… tagliatelle! Le ho assaggiate all’Antigua Pasteleria y panaderia Huerfanos che è un forno-trattoria dall’aria antica al cui centro stanno tagliatelle stese ovunque (allego immagine). Sembra di essere in Emilia, mancano solo le sfogline.
Un’altra cosa che ho imparato è che il cuy, il porcellino d’India, può essere cucinato anche in versione gourmet: sempre all’Hotel B – B come Barranco ma anche come Boheme, che qui la vita da poeti piace a tanti – mi hanno preparato delle bellissime tapas di maialino e altre con cannolicchi, ricci di mare, polpo: a Lima i molluschi molto buoni non mancano certo.
Ho imparato che nei baracchini che vendono succhi e dolci – ah, che budini! – e spiedini e panini con il maiale si mangiano cose buonissime a prezzi bassissimi e si sta benone anche senza HACCP.
Non c’entra con il cibo ma ho imparato che Mario Testino, il famoso fotografo di moda, è di Lima e il museo a lui dedicato è molto piacevole.
Ho scoperto che al Central di Virgilio Martinez il menù dedicato alle diverse altitudini del Perù – da – 10 a quasi 4350 – è incredibilmente squisito. Ma questa sarà un’altra storia.