Massimo Bottura. Ma anche Robert De Niro oppure Miley Cirus. E poi ancora Cher, Barbra Streisand, Stephen King e Whoopy Goldberg.
Tutti vip, tutte celebrità accomunate non soltanto dal livello di fama e popolarità di cui godono in tutto il mondo, ma anche dall’aver espresso pubblicamente –e categoricamente– una posizione politica, accompagnata dalla precisa volontà di fare le valigie e lasciare senza indugio le patrie sponde nel caso si fosse concretizzato un determinato avvenimento.
Per le star d’oltremare si trattava, come è noto, dell’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti.
Per Massimo Bottura, invece, si trattava dell’eventuale vittoria del “no” al recente referendum sulle riforme costituzionali voluto dall’ex premier Matteo Renzi.
Bene, ora i due eventi si sono conclusi, e a oggi non risultano star di Hollywood che abbiano abbandonato la propria rassicurante dimora, né che Massimo Bottura abbia chiuso la sua Osteria Francescana a Modena per trasferirsi a New York, come aveva prospettato.
Tutti sono rimasti al loro posto facendo spallucce, bevendo l’amaro calice della sconfitta ma senza curarsi troppo di quanto prima avevano annunciato.
Ma se questo comportamento da parte di personaggi come Miley Cyrus non stupisce più di tanto, e la cosa è stata presa come una comune boutade per ottenere facili consensi, al cerebrale Massimo nazionale orde di intransigenti e manichei stanno rimproverando da giorni la mancanza di coerenza tra quanto pubblicamente annunciato e la realtà dei fatti.
In altre parole, in questi giorni i commenti sui social quando compare il termine “Bottura” spaziano dalla becera presa per i fondelli al più sottile sarcasmo, ma la sostanza non cambia: la presunta mancanza di coerenza, il non aver mantenuto quanto prima annunciato urbi et orbi.
Non si perdona cioè a Bottura, evidentemente in quanto personaggio di successo, di talento e oggi anche molto popolare, quella che è stata soltanto l’esternazione su un evento politico, condita in uno slancio retorico con una frase a effetto che suonava più o meno così: se vincesse il no, potrei chiudere l’Osteria Francescana e trasferirla a New York.
Esternazione che si è poi rivelata per quello che era: un pensiero che passava di lì per caso durante un’intervista data al Corriere della Sera, un modo come un altro per sottolineare la sua convinzione in tema di referendum.
Cosa d’altronde perfettamente lecita e consentita a tutti: Bottura infatti non è certo un personaggio politico per il quale fosse finita la campagna elettorale e quindi con l’obbligo di tacere.
Ciò nonostante, l’opportunità di prendere posizioni tanto nette su delicati temi politici da parte di personaggi pubblici è da vagliare con attenzione.
Almeno argomentando la presa di posizione con elementi obiettivi e circostanziati, fornendo cioè un minimo di spiegazione per un atteggiamento così categorico verso una certa fazione, non importa quale.
Bottura, queste argomentazioni non le ha fornite, non è stato lì a sottilizzare, ha detto come la pensava senza riflettere troppo sulle conseguenze, poi è tornato alla sua attività.
Quella che lo fa essere di un’altra specie rispetto alla gran parte dei cuochi, per bravura, visione e generosità verso i più bisognosi.
Ecco, ma se Bottura decidesse davvero di andarsene a New York, di chiudere i battenti del suo ristorante numero 1 al mondo e lasciarci orfani dei suoi piatti, cosa succederebbe, cosa potrebbe accadere, cosa avrebbe irrimediabilmente perso l’Italia e cosa avrebbe guadagnato, invece, la Grande Mela?
Certo, non ci sarebbe un altro lunedì nero della borsa, la bilancia dei pagamenti resterebbe più o meno invariata e la torre di Pisa continuerebbe a pendere nella stessa, identica maniera di sempre senza piombare rovinosamente al suolo.
Eppure, l’Italia, ne siamo convinti, ci perderebbe. E molto.
Il nostro è infatti un Paese la cui ricchezza si basa anche sul turismo e sul richiamo internazionale che secoli di storia e di cultura hanno lasciato impresso nella nostra civiltà. Le migliaia di turisti e viaggiatori che ogni anno si mettono in moto per ammirare le bellezze del nostro territorio, per respirare l’arte presente ovunque ma anche per godere della nostra rinomata cucina, sono una risorsa importante.
Ecco, Bottura è riuscito a riunire attorno al suo personaggio tutte queste caratteristiche. Come poche altre personalità, è riuscito a concentrare nella sua cucina la storia, la tradizione e le radici della nostra cultura, reinterpretandola alla luce delle varie influenze che raccoglie in giro per il mondo e di cui fa tesoro, per poi condensare tutto, rivisitato e modernizzato, all’interno di un piatto.
Una cucina cerebrale, artistica, colta e raffinata, così come è lo stesso Bottura.
Proprio quelle stesse caratteristiche che, probabilmente, hanno contribuito a far percepire lo chef modenese come un personaggio distante dalla gente comune e più vicino ai poveri turisti in Maserati che devoti si recano in pellegrinaggio nella sua Osteria.
Eppure, il Bottura che serve il Parmigiano in cinque consistenze a centinaia di euro nel suo ristorante, è lo stesso che sgobba senza risparmiarsi e che cuoce e le bucce di banana nel refettorio di Rio de Janeiro per offrire una particolarissima versione di carbonara a migliaia di senza tetto brasiliani.
Il Bottura che ha omaggiato il potente di turno, vale a dire Matteo Renzi, con il suo “Bollito non bollito” è lo stesso che sta radunando i suoi colleghi, ogni lunedì, cucinando gratuitamente per i bisognosi di Modena; è lo stesso che si è reso parte attiva in una recente iniziativa, sempre a Modena, volta a dare ai ragazzi autistici la speranza di riuscire, un giorno, a inserirsi nel mondo del lavoro, confezionando tortellini.
E queste sono iniziative, sono idee, sono progetti che vanno oltre la gestione di un ristorante, per quanto di alto livello.
Sono idee che si inseriscono in un discorso globale, in un progetto strutturato che si estende oltre il semplice tornaconto personale per abbracciare le grandi sfide del pianeta, in primo luogo quella dell’alimentazione accessibile a tutti e dello spreco alimentare.
Bottura cioè pensa in grande, e non soltanto in relazione a Modena, Rio o New York: il mondo è la sua casa, e la presenza nel suolo italico è una di quelle cose che non solo ci rende orgogliosi, ma serve da richiamo e da attrattiva, contribuendo a mantenere l’Italia sempre ai primi posti nell’attenzione dei media internazionali.
Tutto questo perderebbe l’Italia, e non soltanto uno dei tanti cuochi capaci e talentuosi di cui, oltretutto, certamente non difetta.
Ma lui, Mr. Bottura, cosa ci guadagnerebbe, invece, se decidesse davvero di andare nella Grande Mela, nel centro del mondo, là dove tutto è possibile?
Sappiamo ormai che lo chef modenese ha una sorta di predilezione per la città americana: lì si recò per fare esperienza da giovane cuoco e lì incontrò Lara, l’attuale moglie, che lo introdusse nei fitti meandri dell’arte moderna.
Difficile quindi immaginare un Bottura disadattato e nostalgico perso nella grande metropoli statunitense, mentre punta sospirando lo sguardo in direzione dell’amata Modena.
Anzi, certamente la sua inventiva, la sua energia e le sue iniziative troverebbero nuovi e più ampi spazi, occasioni e possibilità, perché non è certamente il luogo che fa la persona, ma quello che si porta dietro ovunque vada. E Bottura, via con sé, si porterebbe parecchio.
Non è nemmeno difficile immaginare che, per lo chef migliore del mondo, restando nel semplice ambito della ristorazione, la fatica di emergere tra i pur validi colleghi newyorkesi sarebbe poca.
La Grande Mela acquisirebbe quindi in un colpo solo uno chef dal talento smisurato, ma anche una mente poliedrica e innovativa che, ne siamo certi, non tarderebbe a lasciare la sua impronta anche nella grande metropoli.
Meglio quindi che Bottura lasci qui, nella nostra Italia, il suo talento e la sua inventiva.
La campagna di sarcasmo e livore che inevitabilmente accompagna i personaggi più noti e di successo ben presto si placherà, offuscata dal talento e, ne siamo certi, da altre meritevoli iniziative che la mente instancabile di Bottura riuscirà a concepire.
E non importa se anche a lui, come a tutti noi umani, capiterà a volte di condire le parole con quella stessa leggerezza che mette nei suoi insuperabili piatti.
Però, si tenga alla larga dalle interviste di Aldo Cazzullo e del Corriere, almeno per un po’.