Puntuali ogni anno, già a maggio, iniziamo a pregustare i tranquilli giorni di pace e dolce far niente che –potendo– ci concederemo.
Va da sé che molte volte, in questi periodi di sollazzo, ci ritroviamo per le stradine di antichi borghi o ridenti cittadine turistiche a cercare qualcosa da mettere sotto i denti per l’ora di pranzo, qualcosa che non comporti il classico rito di andare in un ristorante, con tanto di gambe sotto il tavolo, camerieri, primo-secondo-contorno e cose così.
Spesso cerchiamo di soddisfare il nostro appetito in modo più informale, veloce, leggero, più …fast, ecco.
Cioè, in pratica alla fine ci infileremo nel solito fast food a satollarci con classici hamburger grondanti maionese e ketchup con contorno di patatine fritte unte e croccanti come piacciono a noi.
Trovando così anche il modo di trascorrere tutto il pomeriggio, in una sorta di sonnolenza invadente indotta dalla digestione delle calorie ingurgitate a vagoni con il nostro pasto “veloce e leggero”.
Ma davvero dobbiamo rassegnarci a cedere a una delle due alternative, ristorante classico o ipercalorico e grasso fast food? Davvero non c’è una via di mezzo che concili le due esigenze?
Con l’aumento della consapevolezza alimentare da parte dei clienti la nuova formula è quella del cibo fast, ma non più di bassa qualità. Le alternative dunque esistono eccome, si potrebbero definire catene di fast food salutista, o esempi di “fast good”, cibo veloce che ha perso la connotazione di junk food.
Sono catene diverse dalla classica McDonald’s perché puntano su cibo migliore, ingredienti freschi, impiego ridotto dei surgelati e massima trasparenza sulle materie prime utilizzate.
Alcuni tra gli chef più blasonati e conosciuti hanno rivelato le loro catene di fast good preferite all’agenzia di stampa americana Bloomberg.
Ecco allora quelle su cui fare riferimento quando in vacanza vogliamo gustare qualcosa di economico e veloce senza rinunciare al gusto: parola di chef!
— Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena)
Allo chef modenese piace molto Shake Shack, piccola catena di hamburgerie inaugurata nel 2000 da uno dei principali ristoratori di New York, Danny Mayer, con il primo punto vendita nel Madison Square Park della città americana.
I motivi secondo il numero 1 della 50 Best Restaurant risiedono nella scelta degli ingredienti: la carne, le salse e il pane. Tra i panini che di tanto in tanto tornano sul menu di Shake Shack c’è anche l’Emilia Burger, ideato proprio da Massimo Bottura.
— Joan Roca (El Celler de Can Roca, Girona, Spagna)
El Celler è stato per due volte sul gradino più alto della 50 Best Restaurant. Ciò non impedisce a Joan, uno dei tre fratelli proprietari del ristorante iberico, di frequentare appena possibile Beefsteak, esempio di “fast good” (fast food ma buono) realizzato da José Andrés, chef nato in Spagna ormai cittadino americano, proprietario di un famoso ristorante di cucina spagnola a Washington.
Proprio dalla capitale americana è partito questo progetto di franchising che a dispetto del nome è un fast food vegetariano, perché le verdure possono essere gustose tanto quanto la carne.
— Heston Blumenthal (Fat Duck, Bray, Inghilterra)
L’austero Blumenthal preferisce Five Guys, catena fondata nel 1986 da cinque ragazzi in Virginia, ora in rapida espansione dai 5 ristoranti del 2002 agli oltre 1.000 di oggi, distribuiti tra America e Canada), che è riuscita a conquistare i palati americani più sofisticati, primo fra tutti quello di Barack Obama che adora i suoi cheeseburger con senape.
Al più celebre cuoco inglese piacciono in particolare hamburger e milkshake così come la preparazione del personale, cortese e sempre informato sia sugli ingredienti che sulle portate del menu.
— Daniel Boulud (Daniel, New York)
Francese, a New York dal 1980, proprietario di Daniel, uno dei ristoranti di lusso più amati della Big Apple, Boulud frequenta spesso Le Pain Quotidien, catena di panetterie inaugurata nel 1990 a Bruxelles da Alain Coumont, suo ex collaboratore, che oggi ha punti vendita in una ventina di città del mondo, Parigi, Tokyo, New York (nessuno in Italia, purtroppo).
Sono botteghe aperte da colazione a cena spesso dominate da un grande tavolo sociale in legno chiaro: dolci, pane, cibo tutto è biologico e delizioso come l’atmosfera rilassata e intima che vi si respira.
— Hélène Darroze (Londra, Parigi, Mosca)
Francese anche lei, con tre ristoranti stellati in altrettante città del mondo (Hélène Darroze at the Connaught, Londra, Hélène Darroze a Parigi e Mosca, sceglie Shake Shackcome Massimo Bottura.
Oltre alla bontà degli ingredienti, la chef apprezza la clientela internazionale e gourmet della mini catena americana.
— Danny Meyer (Gramercy Tavern, New York)
A Danny Meyer, forse il ristoratore più famoso degli Stati Uniti, re del più volte citato Shake Shack, piace molto Popeyes, catena sudista nata nel 1972 a Baton Rouge, in Louisiana, specializzata in pollo, fritto, arrosto, o grigliato. Il piatto che preferisce, di tradizione creola, si chiama Dirty rice.
Si dichiara anche un fan di Chipotle, catena americana di ristoranti specializzati in cibo messicano, che ha conquistato New York e buona parte degli Stati Uniti prima delle critiche ricevute sulla sicurezza dei prodotti, polemiche che hanno sensibilmente penalizzato le vendite. Da Chipotle Meyer ama la ricca insalata di pollo, con fagioli, formaggio, coriandolo e salsa piccante.
— Clare Smyth (ex Gordon Ramsay, Londra)
Sta per aprire il suo nuovo ristorante a Notting Hill, quello per cui nel 2015 ha lasciato dopo 8 anni il più famoso e blasonato ristorante di Gordon Ramsay.
Le preferenze della prima chef donna inglese a conquistare tre stelle Michelin vanno alla catena PizzaExpress, fondata nel 1965 e presente con oltre 400 ristoranti nel solo Regno Unito, e almeno 40 sparsi nel resto del mondo.
— Gastón Acurio (Astrid y Gastón, Lima)
Sono in molti a individuare in Gaston Acurio lil motivo principlae del successo incontrato nel mondo dalla cucina peruviana.
E ovviamente peruviano è il fast food preferito da Gastón, ovvero La Lucha Sanguchería, catena di locali nata a Lima, specializzata in panini imbottiti con carni cucinate alla maniera tipica peruviana, e conditi con marinature e salse particolari.
— José Andrés (Minibar, Washington D.C.)
Pans & Co è il fast- food preferito da Josè Andrés, che vi abbiamo già presentato, una franchising di paninoteche popolare in Spagna ma presente anche in Italia, che punta forte sulle proposte vegetariane.
Il gruppo di cui fa parte, Eat Out, ha aperto oltre 550 punti vendita di altri franchising in tutto il mondo.
— Wolfgang Puck (Spago, Beverly Hills)
Puck, chef austriaco diventato una vera celebrità negli Stati Uniti grazie ai tanti programmi televisivi e a ristoranti famosi come Spago, nonché cuoco ufficiale per la cena di gala che segue l’assegnazione dei premi Oscar, preferisce In-N-Out Burger, probabilmente la più famosa catena di hamburgerie sulla costa occidentale americana.
Il cuoco decanta in particolare le infinite combinazioni offerte dal menu.
Ecco, questi sono i fast-food fast good frequentai dall’élite della ristorazione planetaria, i locali dove gli stessi chef si recano quando in vacanza decidono di gustare un pasto veloce ma senza rinunciare alla qualità, al sapore e anche ad un po’ di leggerezza: perché i “fast- food” non sono tutti uguali.
E i consigli degli chef sono lì per dimostrarlo!
[Crediti | Link: Dissapore, Bloomberg]