Si chiama Rafa, è spagnolo, tiene spesso in mano un manico ed è un (mio) idolo. Ma non è Nadal: è Rafael Zafra, il cuoco del ristorante Estimar di Barcellona (che ha appena raddoppiato a Madrid). Trentasette anni, da Siviglia, Rafa ha traversato la storia della gastronomia spagnola a fianco dei big ones: è stato con Ferran Adrià negli anni super caldi di El Bulli, poi da Arzak, è tornato con la famiglia Adrià da Heart a Ibizia quindi ha deciso di aprirsi un posto tutto suo (che, per inciso, è uno dei ristoranti che più amo al mondo). Da Estimar fa una cucina di pesce semplicissima, mai più di quattro ingredienti nel piatto, spesso anche solo uno con un poco di dressing. E ciononostante raggiunge la perfezione (che gli ha fatto meritare per due volte il primo posto della classifica OAD-Opinionated About Dining nella categoria Casual). Merito suo, merito di sua moglie: Anna di cognome fa Gotanegra, lo stesso sull’insegna della storica pescheria di Roses – aprì nel 1895! – che serviva El Blulli.
Qualche settimana fa Rafa ha tenuto la lezione “Love for the sea” (Amore per il mare) al congresso spagnolo Madrid Fusion, ma io l’ho intervisto in Italia, dove ha raggiunto Torino per cucinare al compleanno di Eataly (assieme a tanti altri grandi, da Tim Butler a Rob Roy Cameron, da Assenza a Baronetto, da Gorini a Zanasi).
Rafa, perché dopo aver inseguito l’avanguardia per tanti anni è tornato a fare una cucina di puro prodotto?
Avanguardia e cucina creativa sono due cose diverse. Per anni è stato avanguardia fare cucina creativa. Ora la cucina creativa sta passando, come una moda. Fare avanguardia oggi significa invece concentrarsi sul prodotto. Se il Bulli fosse ancora aperto, sicuramente farebbe una cucina essenziale, incentrata sulla materia prima: pochi ingredienti, massimo rispetto. Enigma (uno dei ristoranti di Albert Adrià a Barcellona, nda) ha fatto questo percorso: prodotto, prodotto, prodotto e qualche sorpresa.
Allora qual è il suo prodotto preferito?
Il mio ingrediente preferito è senza dubbio l’olio d’oliva, non può mai mancare nella mia cucina, è l’essenza del Mediterraneo. Il mio prodotto feticcio invece è il gambero di Roses, dove stava il Bulli, e dove abbiamo barche nostre che li pescano. E’ un prodotto perfetto, non bisogna toccarlo, si mangia così. Prodotti che invece mi piace elaborare sono il riccio, il caviale, le angulas (le tipiche anguillette, nda).
Sull’innovazione in cucina la Spagna sembra da anni essere più dinamica dell’Italia
Ci somigliamo: in entrambi i paesi siamo appassionati di cucina e di prodotti, abbiamo quelli del mare, le meravigliose verdure. In Spagna abbiamo spinto molto sulla cucina creativa ma ora l’avanguardia, come dicevo, è il prodotto; l’Italia è un po’ in ritardo, ha scoperto la creatività in questi anni, arriverà al prodotto.
Sui prodotti chi vince tra i due Paesi?
Impossibile dire. Faccio un esempio: secondo me il miglior prodotto spagnolo è lo jamon iberico, è un patrimonio dell’umanità. Ma quanto stavo a Roma mangiavo delle mortadelle che mi piacevano più dell’iberico! (ride, nda). La verità è che desideriamo sempre quello che non abbiamo.
Quali ristoranti le piacciono in Italia?
Condividere a Torino. Di Trippa a Milano mi piace molto i concetto. Quando lavoravo a Colle di Val D’Elsa frequentavo Arnolfo e L’antica Trattoria: cucina di prodotto, ottimi. A Roma mi piace la cucina moderna di Pipero e due locali molto classici: il Bolognese – molto corretto, molto giusto – e Pierluigi che ha una cucina simile a quella di Estimar, pesce e semplicità. Anche Assunta Madre mi è piaciuta molto. Mi piace l’Italia, tutta la Toscana mi incanta. Al Bulli Ferran traeva spunti dai suoi viaggi – Giappone, Cina, Messico – ma la sua prima ispirazione era l’Italia, facevamo tantissimi piatti di impronta italiana, gli spaghetti di due metri di parmigiano, la zuppa di mozzarella, gli “involtini”, i “ravioli”. Parmigiano, pistacchio, tartufo e la forma della pasta: erano cose che ispiravano molto Ferran.
[Foto: Ristorante Estimar; Oscar Romero]