Mentre l’Unione Europea pone il veto sul monouso e Greta Thunberg continua la sua protesta in nome dell’ambiente, la plastica diventa il vero nemico globale e pure l’altolocato fine dining sembra essersene accorto: è il caso di Pellicola, nuovo piatto di Giuliano Baldessari, chef di Aqua Crua, esempio di food design applicato alla stretta attualità. Lo abbiamo provato.
Immaginate: siete al tavolo di un ristorante gourmet d’avanguardia e avete appena optato per affrontare il degustazione più ampio, suscitando la soddisfazione del maitre, che vi allunga un iPad per scegliere nell’ardita carta dei vini digitale, nella quale navigate ostentando sicumera. Arrivano gli amuse-bouche di rito e tutto procede secondo copione, finché non vi viene allungata una piccola vaschetta, in tutto e per tutto simile a una confezione da banco frutta e verdura di un qualsiasi supermercato, il cui contenuto è nascosto da una misteriosa, opaca e decisamente poco invitante pellicola biancastra.
Va detto che qui all’Aqua Crua di Barbarano Vicentino (ristorante stellato al quale abbiamo dedicato un lungo racconto, poco tempo fa) certi colpi di scena non sono certo inaspettati. Avevamo definito lo chef “grande illusionista”, non a caso: se si opta per il menù “Iniziazione” (135 euro, ndr.), lasciando totalmente carta bianca in cucina, l’inizio del percorso tratteggia spesso piccole illusioni, tra il provocatorio e il goliardico, pensate per far uscire anche il goloso più navigato dalla sua zona di comfort. La bresaola non è di carne, il prosciutto è di cozze, il mochi è salato, e quel gel nella capsula di plastica… ma basta spoiler e concentriamoci sulla vaschetta in questione.
Basta plastica: la Pellicola di Giuliano Baldessari
Questa “Pellicola”, naturale sineddoche con cui è stato battezzato il piatto, non è solo un gioco di prestigio, ma un’occasione per chef Giuliano Baldessari di esprimersi, di dire la sua attraverso il medium che più gli si confà, senza necessariamente partire da presupposti esclusivamente gastronomici. E il messaggio è chiarissimo: basta plastica.
Se la cucina è indissolubilmente legata alla natura, in un periodo storico in cui il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva per vietare l’utilizzo di articoli monouso entro il 2021, le microplastiche sono arrivate fino alla fossa delle Marianne e Greta Thunberg ci vede dai meme sull’Internet, anche a tavola bisogna unirsi allo sforzo ambientale globale.
Avventuriamoci quindi nel piatto, opportunamente inserito tra gli amuse-bouche del menù degustazione a fine marzo: la pellicola è commestibile, realizzata attraverso un virtuosistico lavoro sul glutine. Si strappa, si rompe, si mangia e non si butta. Sotto, un germoglio di tarassaco all’aceto, avvolto in un’idea di guanciale e accompagnato da una salsa al pistacchio.
Una vecchia ricetta trentina, terra d’origine di Giuliano, ma soprattutto il simbolo di una natura che si risveglia e resiste anche sotto una coltre di plastica. La vaschetta è di vetro soffiato, non certo monouso, ma basterà girarla per ritornare all’incubo della plastica onnipresente.
Un riassunto della filosofia culinaria di Aqua Crua, tecnica, territorio e design, il tutto impiegato non solo per titillare i recettori sensoriali del commensale ma per scuoterlo dal torpore delle abitudini di consumo, chiamate in causa, in maniera tutt’altro che sottesa, attraverso un codice a barre appiccicato alla vaschetta usa e getta di un germoglio, che rimanda alla mente spicchi d’arancia confezionati a mezze dozzine, monoporzioni di insalata con scatoletta (in plastica!) di semi a parte, vizi da ozio poco sostenibili.