Hai voglia a dire che Massimo Bottura è un idealista con il sorriso di plastica stampato in faccia: forse sarà vero, ma intanto che i borbottoni snocciolano lamentele, lo chef modenese macina progetti, mette insieme gente e crea cose vere, di quelle che si possono toccare.
Oltre a cucinare, e soprattutto a parlare e teorizzare l’etica del cibo, il no allo spreco alimentare, il food sharing e tutte quelle belle parole che sembrano molto slogan e poca ciccia, lui fa.
Food for Soul è il nuovo gioiello, la naturale evoluzione del Refettorio Ambrosiano aperto a Milano lo scorso anno.
Nuova collaborazione con la Mensa dell’Antoniano di Bologna, un refettorio a Rio de Janeiro dove si mangerà, ma si imparerà anche a non sprecare il cibo e far tesoro di quello che oggi è spreco. Forse altri refettori sul modello milanese apriranno anche a Modena, Bologna, Torino, Palermo.
Tutto annunciato in un prodigioso video-intervento in inglese (nel sito di Identità Golose c’è la traduzione) a MAD, la parola danese per cibo, il simposio incentrato sul cibo fortemente voluto da Rene Redzepi, chef e proprietario del Noma, andato in scena sul palco del Sydney Opera House, in Australia, il 2 e 3 aprile.
Per le malelingue il Mad Symposium è il Terzo Stato della gastrofighetteria.
Chi lo ama dice che è tipo ascoltare una mix tape sui temi del mangiare.
Si potrebbe descrivere come un festival delle idee con un pubblico di 600 tra chef, scrittori e gastrofissati che ascolta presentazioni di cucina, ristoranti, storia del cibo e attivismo.
A amazing day of talks and ideas about the future of food. Thank you to everyone for making it a reality. #MADSYD pic.twitter.com/Vn0HkwQgLr
— Ben Liebmann (@benliebmann) 3 aprile 2016
Conference organisers, take note: gender and cultural diversity. This is what it looks like, it's not hard. #MADSYD pic.twitter.com/yJThQVd7lq
— Bri | eatmeetswest (@eatmeetswest) 3 aprile 2016
Tornando a Bottura, c’era chi nel Refettorio Ambrosiano vedeva solo una grande operazione di marketing nata nei tempi sospetti di Expo 2015, quando l’esposizione mediatica era oltre ogni misura.
C’erano anche quelli che in un posto che per sei mesi ha riciclato gli avanzi dell’Esposizione Universale e dato da mangiare a tanta gente, non ci credevano, e anzi immaginavano che sarebbe tutto naufragato nel dimenticatoio.
“Non c’è progettualità”, “dopo Expo nessuno se ne ricorderà”: uomini di poca fede oggi rimangiatevi la lingua.
E poi, per non farsi mancare nulla, ci sono anche quelli che prendono in giro Bottura perché sorride troppo spesso, perché è quello che si dice un “preso bene“, perché quelli che credono davvero in quello che fanno sono un po’ indigesti ai criticoni a tutti i costi.
Insomma, oltre alla folta schiera di sostenitori ciechi ed entusiasti, l’idea dell’etica applicata alla cucina che Bottura porta avanti già da un po’ conta anche un sacco di scettici cronici, che però oggi hanno avuto una cattiva giornata con annesso smacco al sapor di tortellino riciclato.
Io no, questa volta me ne vanto: anche se guardo con sospetto a chi ostenta sorrisi a 56 denti, nel progetto di Massimo Bottura ci ho creduto da subito, e senza sentirmi un omino di pan di zenzero.
Il mio incontro molto ravvicinato con il Refettorio Ambrosiano è durato solo un giorno, ma è stato intenso ed è bastato a farmelo amare.
Prima di tutti, con anticipo dissaporiano, ho fatto da volontaria per il servizio ai tavoli, con Bottura che mi infilava in bocca ogni genere alimentare, compresa frutta ossidata e un po’ “in là” con la maturazione. Sarò anche un’Alice nel Paese delle Meraviglie, ma ci ho creduto da subito.
Più che la potenza dello chef al vertice dei vertici, più che la sua rete di grandi nomi stellati prestati alla causa, più degli articoli sui giornali, sono state quelle ore al Refettorio ad avermi convinto. Il progetto può anche farvi cariare i denti, poco importa, ma dal primo istante è stato portavoce di cose belle e buone.
Magari non patinate come caviale e wagyu, ma importanti come la fame, sensazione troppo spesso trascurata e trascurabile quando starnazziamo senza logica di piatti e cucina.
The lecture hall for #MADSYD this afternoon, a little more 'stable' than the #MadFood tents and a lot less rainy. pic.twitter.com/H4z3L1ZJlN
— Matt Allison (@mattallison) 3 aprile 2016
See you tomorrow! #MADSYD @ReneRedzepiNoma @RebeccaHuntley2 @massimobottura @davidchang @chygovera @TheMADFeed pic.twitter.com/IrIoJQxMam
— Kylie Kwong (@kwongkylie) 2 aprile 2016
E per quelli che ancora pensano che la cucina è cucina, che fare il cuoco non vuol dire essere investiti dall’aura mistica da salvatore del mondo, e che chi cucina dovrebbe solo pensare a cucinare, ecco per loro è tempo di aprire gli occhi.
Gli chef star potranno anche avervi scartavetrato le parti basse, ma possono portare anche gran belle cose, ben diverse dalla lasagna. Jamie Oliver ci prova da anni. Bottura, nel frattempo, è diventato il capo indiscusso di questa tendenza moralizzatrice.
Tutti in coro: viva Bottura moralizzatore. E, attenzione, non c’è ironia, almeno per una volta.
[Crediti | Link: Food for Soul, Dissapore, Identità Golose]