Questa volta l’accusa per Jamie Oliver, cuoco inglese ancora one-man holding nonostante i 260 milioni di fatturato del 2013 tra ristoranti –soprattutto italiani– libri e programmi tivù, siano ormai un lontano ricordo, è di “appropriazione culturale”.
Cos’altro ha combinato il “terrorista culinario” (definizione del quotidiano spagnolo El Pais dopo una paella inguardabile di Oliver) che riesce a catapultare decine di ingredienti senza nesso logico nella stessa padella per poi definire la ricetta “semplice e gustosa”?
Ha messo firma e faccione su un piatto pronto per i supermercati inglesi, una versione da scaldare al microonde del Jamaican Jerk, piatto giamaicano dalla particolare marinatura (jerk, appunto), ribattezzato per l’occasione “Punchy jerk rice”.
[Jamie Oliver cucina l’Italia, ma è Italia quella nel piatto? Il buonappetito]
[Cos’ha messo nella paella quel “terrorista culinario” di Jamie Oliver?]
La ricetta era così scombiccherata da provocare la reazione disgustata non del solito talebano del piatto tipico, ma di una parlamentare britannica di origine giamaicana, che su Twitter ha commentato così:
“Jamie Oliver, mi stavo chiedendo, tu sai che cosa sia davvero un Jamaican Jerk? Non è solo un nome da usare per vendere i tuoi prodotti […] Il tuo riso non va bene. Questa appropriazione culturale della Giamaica deve finire”.
#jamieoliver @jamieoliver #jerk I’m just wondering do you know what #Jamaican #jerk actually is? It’s not just a word you put before stuff to sell products. @levirootsmusic should do a masterclass. Your jerk Rice is not ok. This appropriation from Jamaica needs to stop.
— (((Dawn Butler MP))) (@DawnButlerBrent) 18 agosto 2018
In effetti, l’originale marinatura Jerk non prevede aglio, zenzero o peperoncini jalapenos, come invece quella dello chef inglese, bensì cipolla, timo, paprika, spezie varie e peperoncino jamaicano Scoth Bonnet.
Soprattutto, si usa solo per pollo, costine di maiale e pesce, mai per riso o fagioli. Dello stesso avviso anche lo chef televisivo britannico Rusty Lee, nato in Giamaica, che ha dichiarato al Guardian come nei Caraibi non esista alcun riso marinato con salsa jerk:
“Jerk è sinonimo di barbecue, non puoi arrostire il riso su una griglia, perché cadrebbe giù. È semplicemente ridicolo”, ha concluso il cuoco.
Ma il commento più curioso è stato quello di un altro membro del Parlamento britannico, Neil O’ Brien, che sempre su Twitter, e riferendosi alla parlamentare scandalizzata dall’uso del nome jerk, ha commentato “Se Jamie Oliver non è autorizzato a fare il pollo jerk (in realtà era il riso, n.d.r.) perché è una appropriazione culturale, chissà cosa farà (la parlamentare Dawn Butler, n.d.r.) quando scoprirà la “cucina italiana” di Jamie”?
If Jamie Oliver isn’t allowed to make Jerk chicken because it’s cultural “appropriation” she’s going to go mad when she finds out about “Jamie’s Italy” https://t.co/uY7YzWZ5Vr
— Neil O’Brien MP (@NeilDotObrien) 18 agosto 2018
A meno di non voler considerare quello di Jamie Oliver soltanto un “omaggio culinario” alla Giamaica. Sì, nello stesso modo riuscito e disinteressato in cui la pizza di Domino, per esempio, è un omaggio culinario a Napoli.
P.S. Se volete un paio di esempi sull’appropriazione culturale della cucina italiana da parte di Jamie Oliver, leggete qui:
Carbonara: Jamie Oliver se te pio te cavo l’occhi!
Jamie Oliver: difendiamo la cucina italiana da quel cuocastro.
Rage alert: leggete con cautela potreste stupirvi, sbalordire, allibire, strabiliarvi, inveire e bestemmiare, uomo avvisato eccetera.
[Crediti: The Guardian]