Scrive “Le Monde” che Sèbastien Bras –figlio di Michel, Mostro Sacro della cucina francese, quello che ha inventato il coulant au chocolat– ha mandato una lettera alla Michelin chiedendo di non inserire il ristorante di famiglia, Le Suquet a Laguiole, nella guida 2018.
La cosa fa notizia: Le Suquet ha tre stelle, mica cotica.
Il motivo? Quello che si può intuire: ridurre la pressione, il peso delle aspettative dei clienti.
Perché un ristoratore decide di restituire la stella alla Guida Michelin? Il caso Donatella
Questa cosa del “rifiutar la stella” o chiedere di non essere inseriti in guida capita di tanto in tanto, con gradi diversi di buona fede, da quella massima dei Bras fino a chef che giustificano così una imminente retrocessione:
“non sono loro che me l’hanno tolta, sono io che non l’ho voluta” (che suona come “non è lei che m’ha lasciato, l’ho lasciata prima io!” e giù lacrime).
Michelin ha risposto che ci penserà.
Io, per quanto valga meno di un fico secco, ho un’opinione piuttosto chiara: la richiesta è irricevibile.
Ma vi pare che un regista possa scrivere ai giornali “non recensite il mio film che se no mi viene l’ansia?”, che un romanziere possa mandare un messaggio a un critico dicendo “non parlare del mio ultimo libro?”
Le guide non sono fatte –non dovrebbero– per i cuochi, ma per i lettori. Per indicare ai golosoni i posti migliori dove mangiare.
Ci sono solo due modi legittimi per non sentire la pressione delle tre stelle Michelin:
— smettere di avere un locale da tre stelle Michelin
— smettere di andare in sbatto per le tre stelle Michelin (ci sono diversi metodi: parlarne con l’analista, darsi alla meditazione, fumarsi qualche buon cannone).
Quello che invece un cuoco può certamente, legittimamente fare –in stile Bob Dylan vs. Accademici di Svezia– è non andare a ritirarle, non affiggere la placca rossa sulla porta del locale, passeggiare sui Pirenei e, serenamente, fregarsene.
[Crediti | Le Monde]