Alla fine, la Guida Michelin riesce sempre a far parlare di sé, pure nell’anno della pandemia, in cui le valutazioni ai ristoranti sono state per forza di cose particolarmente difficoltose, in senso pratico. Dunque: le polemiche non mancheranno. E ci mettiamo anche la nostra. Perché La Madernassa di Michelangelo Mammoliti non ha vinto la “stella verde”, novità della Guida Michelin 2021?
Uno dei premi più attesi, in un anno in cui immaginavamo che le novità su chi perde e chi vince le stelle sarebbero state meno del previsto. E pure uno dei premi più discussi e discutibili: ha davvero senso parlare di sostenibilità in un settore come quello del fine dining, dove gli sprechi sono più o meno all’ordine del giorno, sia in tema ecologico (immaginatevi quanti piatti e bicchieri bisogna lavare per servire un degustazione di dieci o quindici portate con abbinamento vini), ma anche – spesso – in termini di materia prima (quante carotine vengono scartate perché non perfette e non degne di stare in un piatto gourmet?).
Di questo, e di altro, avevamo parlato con Michelangelo Mammoliti, che aveva pure ammesso il problema: “pensa a quanta plastica siamo costretti a sprecare in cucina, anche solo per questioni legate alle normative sulla sicurezza alimentare”, ci dice.
Eppure nel frattempo, grazie al suo orticello, coltivato e cresciuto anno dopo anno, Mammoliti ha cercato di costruirsi una strada sempre più green, ed è per questo che ci aspettavamo per il giovane che ha portato due stelle Michelin nel resort delle Langhe il premio verde della Michelin (e per la stessa ragione, in realtà, ce lo saremmo aspettati anche ad Enrico Crippa).
Il suo percorso sempre più volto alla natura, è testimoniato, oltre che dal suo orto, dal suo menu M@D 100% Nature, meravigliosa galleria di quadri realizzati con ortaggi e erbe di produzione propria, di cui a suo tempo vi avevamo parlato con entusiasmo. Una formula convincente, fatta di una cucina attenta ma non rigida, emozionale ma misurata, e un lavoro maniacale sulla materia prima, al punto da scegliere di prodursela da solo, per essere sicuro di rispettare tutti gli standard: una scelta intelligente, certo, ma anche sostenibile, che probabilmente anche lui sperava che la Michelin notasse.
In più, con quel suo accento inspiegabilmente francese, siamo sempre stati convinti che Mammoliti avesse partecipato a una sorta di scuola segreta per aspiranti stellati Michelin (lo dicemmo già tre anni fa, in tempi non sospetti, e lo ribadiamo oggi), con la lodevole capacità di anticipare le scelte della Guida Rossa.
Anche in questo caso, la sua scelta di auto produrre gran parte delle materie prime usate nei suoi piatti (con un orto che cura e incrementa ormai da cinque anni), sembrava andare proprio parallelamente alla nuova passione per la sostenibilità della Michelin (che, vale la pena di ricordarlo, di mestiere non si occupa di ristoranti ma produce pneumatici in gomma per trasporto su strada, il top in fatto di sostenibilità).
Mammoliti stesso, parlando delle sue scelte filocontadine, aveva escluso che fossero state fatte per compiacere la Rossa. “Io non ho mai fatto qualcosa in funzione di un risultato”, ci ha detto. “Certo, mi sono detto che prima o poi si sarebbe capito il lavoro che c’è dietro ad alcune scelte: non è solo cucinare; è svegliarsi al mattino, spronare i ragazzi ad andare nell’orto, ogni anno aggiungere piantine nuove. Una fatica che speravo venisse riconosciuta”. Eppure, per quest’anno, lo chef rimane a bocca asciutta. “Avere un orto è un doppio lavoro per uno chef, e ti assicuro che è un lavoro faticoso: quindi mi fa piacere che la Michelin abbia voluto riconoscere questo tipo di scelte con un premio speciale. In generale, mi sembra che per la prima volta si premi il lavoro fatto al di fuori del ristorante, anche se chiaramente è connesso con ciò che succede all’interno: io, personalmente, non avrei fatto l’orto se non avessi voluto i MIEI prodotti in cucina”.
Insomma, per Mammoliti, stella verde o no, la scelta sostenibile del suo orto rimane, anche perché è prima di tutto una decisione pratica: “Era difficile avere determinate materie prime: avevano costi eccessivi, o in alternativa bisognava accontentarsi di prodotti importati”, spiega. “A me andava di fare qualcosa di locale, con prodotti come dicevo io. È partito da questo: mi ero stufato di discutere mi sono detto: ora faccio da solo. Poi c’è stata un’evoluzione, sia in me – che ho capito quanto questa scelta potesse avere un impatto sulla sostenibilità del mio ristorante – sia nei produttori intorno a me, che hanno capito quanto mercato ci può essere dietro a prodotti di un certo livello. Ma io non tornerei più indietro: se si ha la possibilità è un’esperienza straordinaria farsi il proprio orto”.
Quella che Michelin chiama “sostenibilità”, dunque, è per molti chef una scelta pratica: più immediato e pure più economico (perché la sostenibilità è anche sostenibilità economica) coltivarsi le proprie materie prime o addirittura, come punta a fare a breve Mammoliti, autoprodurre i semi per coltivarle: “Una scelta che mi permette di risparmiare”, dice lo chef de La Madernassa, “ma anche un lavoro di impegno e di ricerca che va verso un’unica direzione, quella dell’eccellenza. Se io non avessi i prodotti che mi faccio nell’orto i miei piatti non sarebbero così, non avrebbero determinati sapori. Sono scelte che hanno moltissime implicazioni: se ho il mio orto non faccio muovere il camion che porta le verdure la mattina, non uso le cassette di plastica per contenerle, e ho un prodotto di cui conosco ogni passaggio nel piatto”.
In ogni caso, le stelle verdi oggi sono state assegnate ad altri, vedete voi se più o meno meritevoli di un premio alla sostenibilità.