Quando muore una persona nota, le parole corrono via su un sentiero impervio. Tante volte le scrivono persone che hanno poco o niente a che fare con la persona di cui si parla, restituendo un’immagine distorta o superficiale di quello che è stata. Se dovessi scrivere io alcune cose su Gregorio Rotolo, le mie conoscenze si limiterebbero a quel fine settimana nella Valle Scannese, alle chiacchiere sull’Abruzzo, al suo berretto arancione, alla cortesia di sua sorella Rosaria che per telefono mi diede la ricetta delle mandorle ratterrate. Tutti ricordi bellissimi, conditi da questa passione insana per un formaggio buonissimo che sono bastati a riempire la mia vita anche se per poco. Tuttavia non abbastanza, da sapere chi era veramente Gregorio.
Michael Di Genova invece Gregorio lo conosceva eccome. “Prima di cominciare con lui ho lavorato per quasi 9 anni nel settore della musica come direttore di produzione e tour manager. Ma ero un po’ stufo di quel mondo, era tutto legato all’apparenza. Decido di lasciare tutto, mi mancavano le montagne, torno a casa e comincio a fare consulenze per piccole aziende. Fino a che un giorno non mi trovo una foto di Gregorio su Instagram”.
Michael, per tutti Mike, come Gregorio era Greg, sa chi è Gregorio fin da quando è piccolo. Originario di Anversa degli Abruzzi, a una ventina di minuti da Scanno, conosce bene Nunzio Marcelli, altro pastore che con Gregorio condivide le battaglie per far conoscere il territorio abruzzese e i formaggi a latte crudo. “Conoscendo quanto fosse poco tecnologico quando l’ho visto su Instagram ho sorriso. Gli ho mandato un messaggio dicendogli: guarda che se sistemi due cose, secondo me farai il botto sui social. Lui mi ha risposto: sì ma io non le so fare queste cose. Un giorno c’era una mia cara amica che stava scrivendo un diario sull’Abruzzo e aveva bisogno di una storia, e siamo andati in azienda, siamo stati con lui tutto il giorno, ci ha fatto vedere le stalle e come si facevano i formaggi. È stato l’inizio di tutto”.
Gregorio da vero boomer aveva diversi profili Facebook e una grande confusione. Dunque Mike gli propone di ripartire da zero, di fare una prova. “Nel giro di 24 ore su Facebook il suo nuovo profilo ha ricevuto più di 3000 richieste. La gente era incuriosita dal vedere Gregorio comunicare in un modo nuovo, in quel modo. Anche se io, ci tengo a dirlo, non facevo che riportare le cose che mi diceva in un linguaggio più comunicativo. C’erano cose sue che non ho mai cambiato. Per esempio diceva spesso questa frase: “Bisogna manutentere il territorio”. A me faceva crepare dal ridere ma era così come doveva essere”.
Da lì comincia una collaborazione che, per espressa volontà di Mike, non si limita alla comunicazione. Lavora due mesi in caseificio per capire come sono fatti i formaggi, insieme al nipote Dino che continuerà a farli anche dopo la sua scomparsa, va con lui in fiera, riceve in gestione il punto vendita a Scanno, fa le visite in azienda. Tutto questo per 3 anni. Gregorio diceva per tante cose “Senti Michael”. Il lavoro a un certo punto si interrompe o meglio si allenta, perché Mike scopre l’intelligenza artificiale e comincia a lavorare per una nuova azienda. “Nei nostri discorsi con Gregorio paradossalmente parlavamo tantissimo di tecnologia, lui era molto a favore ma rimaneva convinto che l’ultima decisione fosse dell’essere umano. Come sempre mi ha lasciato la libertà di scegliere. Mi ha detto così: “vai, lavora, fai cose belle”
In uno dei nostri scambi, Mike mi aveva scritto una cosa divertente su Gregorio, che su di lui circolavano sempre voci fantasiose. Che combatteva gli orsi, che viveva in un eremo raggiungibile solo a piedi. Insomma intorno a lui si era costruito un immaginario quasi mitico, benché Gregorio fosse a tutti gli effetti una persona molto speciale. “Credo si sia alimentata negli anni questa necessità di dover creare un personaggio finto intorno alla figura del pastore. È difficile far capire che quello del pastore è un lavoro come tutti gli altri, anche se cambiano modalità e luoghi di lavoro. Gregorio è una persona reale, è un essere umano come tutti quanti, aveva i suoi punti di forza e di debolezza. Così come tutti quanti vedevate Gregorio così era nella vita di tutti i giorni. Era una persona talmente vera, che mi meravigliavo ogni giorno di quanto fosse persistente in quella verità”.
In questi giorni i messaggi arrivati sono tantissimi, migliaia. Ma ce n’è uno che descrive bene Gregorio e la sua figura, secondo Mike. L’ha scritto Elettra Rinaldi, moglie di Nunzio Marcelli, pastore di cui abbiamo parlato prima: “La speranza è poter prendere in mano il proprio destino, e farne non solo la realizzazione di sé stessi ma anche il modello di un modo diverso di guardare al territorio, all’economia, all’ambiente. Oggi parlare di Greg significa riconoscere in lui il pecoraio che pretendeva di essere, un pecoraio di successo; parlare di Greg significa riconoscere, come lui ha dimostrato, che la salvaguardia della montagna passa per l’esercizio etico di questa professione, e non per le distorsioni delle politiche europee, nazionali e regionali“.
In effetti spesso si parla di Gregorio come formaggiaio, mentre lui si definiva pecoraio e tra le due attività preferiva stare in stalla che nel caseificio. “Te ne rendevi conto da come riusciva a capire lo stato d’animo delle pecore. Mi ricordo una cosa che penso mi porterò in eterno. Un giorno portai due ragazze di Scanno a fare un tour in azienda. Nella stalla le pecore erano sedute tutte da un lato. Gregorio arrivò tutto incazzato e disse: “Che state a fa’? Non ti sei reso conto che le pecore dormono?”. Poi sì è calmato ma mi ha spiegato che quando le pecore sono sedute così vuol dire che hanno mangiato e sono in fase di riposo. “Hai rischiato che alzandosi le più grandi schiacciassero le più piccole” mi disse”.
Considerato chi era Gregorio e i suoi insegnamenti, a questo punto si pone il tema dell’eredità del suo lavoro. “L’eredità è un’eredità grande che fa sempre capo alla verità. In azienda qualcosa potrebbe cambiare ma la famiglia è forte, è gente di montagna, sapranno come adattarsi alla sua assenza. Certamente continueranno a lavorare sul benessere animale, sull’animale libero che mangia l’erba dei campi, altrimenti non può esserci pecorino buono e gregoriano buono. L’agriturismo continuerà a lavorare sulle sensazioni”.
Dall’altra parte c’è l’insieme di messaggi che Gregorio nel tempo ha lanciato e che hanno un grande valore. “Ora tocca a noi” mi dicono tutti. Gregorio ero uno che ci diceva sempre di fare le cose con la testa, con un obiettivo, di non vendersi al mercato, di non fare le cose markettose ma capire bene l’identità di ognuno. Aveva uno sguardo lungo e infatti gli obiettivi che si era posto 30 anni fa li raccogliamo adesso. Abbiamo incontrato fornitori, distributori, persone alle fiere, io gli ho sentito dire più no che sì. Voleva portare i suoi prodotti solo in contesti dove venivano capiti. Diceva sempre: sotto la neve c’è il pane”.
Dopo la morte di Gregorio verranno attivate almeno due iniziative: una raccolta fondi che verrà destinata a ragazze e ragazzi bisognosi per far scoprire loro come si produce il formaggio, come si crea il pane aiutandoli a creare un percorso di vita su questo tipo di attività; e poi si continuerà a lavorare su un progetto di Gregorio, pensato per le comunità dell’Appennino che coinvolge suo cugino Enzo Gentile, Luca Farina (tra i fondatori di Veterinari senza Frontiere) ed Alessandro Di Tizio, oggi nel team dello Chef Mauro Colagreco.
Infine c’è qualcosa di meno poetico, meno romantico che Mike ci tiene a sottolineare. Ed è il motivo per cui Gregorio l’abbiamo perso, a 62 anni. “Come sai di recente ho perso mia madre per lo stesso motivo per cui ho perso Gregorio. Vorrei prendere il coraggio di dire questa cosa, perché con lui è stata una lotta. Vorrei mandare un messaggio per riflettere sul fumo e sulle sigarette. Perché è per colpa loro che perdiamo persone come Gregorio”.