Chi sa solo di cibo, dice il saggio, non sa niente di cibo. Ed è per questo che accogliamo con rinnovato rispetto e sconfinata ammirazione l’ultima prova creativa di due tra i più fulgidi rappresentanti del genio italico, due talenti trasversali e multidisciplinari, o sarebbe più corretto dire multisensoriali: il critico Edoardo Raspelli e lo chef Gianfranco Vissani.
Raspelli sta per tornare in TV: dal 10 ottobre, dopo due anni di assenza dal piccolo schermo, ci sarà L’Italia che mi piace – In viaggio con Raspelli (dalle 13 alle 14 Canale Italia 83 e su Sky). Per accompagnare e lanciare questo programma, il giornalista gastronomico forse più famoso d’Italia si è dato alla musica: ha scritto una canzone, e l’ha interpretata, duettando con l’amico e collega d’arte Vissani.
Il pezzo è improntato alla più schietta semplicità: Raspelli attacca la prima strofa in maniera diretta, senza timore di cadere nella retorica. “Un suono di campane / in mezzo alla campagna…”, un’assonanza che potrebbe sembrare ingenua solo a chi non ha il coraggio di dire le cose come stanno; e infatti al verso successivo immediatamente viene doppiata dalla vera e propria rima: “… in mezzo alla campagna / l’odore di lasagna…”.
Il video non è da meno, alternando immagini dei due musicisti in studio e riprese di vita rurale, con quel filtro seppia che è sinonimo incontestabile di nostalgia. Una vetta di emozione si tocca quando immagini e note s’intrecciano e si fondono: mentre in sovrimpressione a Vissani che canta “la voce della nonna” appare la nonna che si affaccia alla finestra, anche la musica propone una analoga sovrapposizione, un voice over in cui lo chef e la donna pronunciano quasi all’unisono – quasi, con quella leggera sfasatura che ricorda le interpretazioni dei migliori corner – le parole “Ragazzi, è pronto!”.
Struggente, come dice lo stesso Raspelli su Facebook. Straziante, per chi certi momenti del passato li ha vissuti davvero, e li porta impressi nel cuore. “La forza di un ricordo”, come dice il testo, i bei sapori dell’Italia come una volta, la culla della nostra gastronomia e della nostra identità, le mani contadine sporche di terra.
E ancora si prosegue, con echi di poesia bucolica, che non rinuncia al sorriso: “Ognuno al proprio posto / con la forchetta in mano / rubando di nascosto / scaglie di parmigiano”. Una semplicità consapevole e ricercata, come dimostra poi la capacità di elevarsi subito dopo, di tirare fuori una splendida sinestesia come “sapori colorati”.
E mentre Raspelli placido e solenne sfoglia lo spartito, Vissani si affida alla mimica, a quella faccia che da sola è un’intera compagnia teatrale. Lo chef non è privo di qualità canore, tutt’altro, e le modula secondo necessità: a volte gigioneggia, altre volte, la voce ridotta un filo, tocca le corde più profonde.
“La nonna è andata in cielo / ma non la sua frittata”: il cibo alla fine è questo, continuare una tradizione, tenere vivo un fuoco, donare immortalità al pari della letteratura. Ma non manca, come in tutte le grandi opere capaci di condensare in poche righe lo zeitgeist, lo spirito del tempo, un cenno all’attualità, uno spunto politico, se non polemico: “L’Italia è un’eccellenza / ma è messa in discussione”. La voce di Vissani si fa grave, l’espressione seria, il dito ammonisce, e porta il pensiero ad andare ad antiche e recenti questioni, dal Tocai al Prosek.
Sappiamo che non mancheranno i maligni, tipo quelli che insinueranno una ispirazione stilistica forse troppo vicina a Ivano Fossati, sia nella composizione che nell’interpretazione, fatta di consonanti sospese e vocali trascinate. (D’altra parte, sono solo io che vedo il cantautore e il critico separati alla nascita?)
Sappiamo che ci saranno quelli ancora più cattivi, che non perderanno l’occasione di prendere in giro i due artisti, usando magari parole offensive come “boomer”, “privilegio” e così via: insulti chiaramente dettati dall’invidia di non riuscire a raggiungere tali vette. A noi, nella schiera di chi sfotte non ci troverete mai.